(Angelo Lauricella) - Come molti aderenti al PD (saremo iscritti quando il tesseramento sarà promosso e realizzato) sento in questo periodo un forte senso “di smarrimento politico”, sebbene sia uno dei 2500 costituenti non riesco più a trovare una sintonia con quanto dichiarano e fanno i gruppi dirigenti del PD. Mi rendo conto che si sta sfaldando il collante che dovrebbe tenere assieme le componenti che hanno deciso di dare vita a questa forza politica e da parte dei gruppi dirigenti si fa poco per porre riparo al crollo di quanto finora realizzato, anzi qualcuno è lì con il piccone in mano a insistere sulle crepe vistosamente aperte per accelerarne il crollo. D'altra parte da coloro che si dicono convinti che il processo di costruzione del PD debba andare avanti, perché convinti dell'importanza strategica di questa nuova forza politica, non viene molto per superare contraddizioni e difficoltà e sopratutto per costruire una solida identità politico programmatica su cui prima i militanti e poi la maggioranza degli italiani si possa riconoscere. Le schermaglie di vertice i piazzamenti opportunistici, e sopratutto la reiterata e testarda insistenza del segretario a rifiutare una realtà evidente nel partito, cioè il frazionamento in correnti, gruppi organizzati, cordate che l'attraversano dal vertice alla base, impedisce che possano essere compiuti atti riparatori. Gli esiti finora sono disastrosi in quanto il mancato reciproco riconoscimento tra gruppi operanti nel territorio e negli organi di partito a qualsiasi livello impedisce il colloquio e la comunicazione tra le parti mentre si alimenta un clima di separazione anche fra coloro che prima militavano nella stessa forza politica. In questo quadro i proclami del segretario contro le correnti organizzate, contro i “capi bastone” appaiono fuori dalla realtà, in un partito in cui ciascuno va avanti per conto suo perseguendo il proprio disegno politico e di potere senza tenere in alcun conto quanto Veltroni dichiara giorno dopo giorno. Infatti, gli amministratori del Nord si riuniscono con una propria linea politica e pensano ad un partito del nord (dentro il PD) che è cosa molto diversa dal partito federale, organizzato per regione, in cui si parla nei documenti, i consiglieri democratici della Sardegna bocciano il piano paesaggistico del presidente Soru provocandone le dimissione e le conseguenti dimissioni anticipate (si terranno a Febbraio) a cui Soru si ricandida in aperta sfida anche a coloro che hanno bocciato il suo piano, a Pescara il sindaco D'Alfonso si dimette, dopo gli arresti domiciliari ordinati dalla magistratura, e poi a seguito della revoca degli arresti ci ripensa e ritira le dimissioni, però dichiara che non andrà al Comune, anche perché se lo facesse si esporrebbe a un nuovo provvedimento di limitazione della sua libertà, a Napoli Bassolino, prima per bocca di uno dei suoi assessori (Velardi) e poi direttamente, dice a Veltroni che non accetta il giudizio negativo sul suo operato di Presidente della Regione Campania e che, quindi, non intende dimettersi dall'incarico, lo stesso atteggiamento con maggiore forza e determinazione viene espresso dal Sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, che si dice non disposta a subire gli effetti di una inchiesta che ha colpito parte della sua giunta e rifiuta di azzerare la giunta stessa concedendo solo di rinnovare solo la parte investita dalle indagini, in ultimo (si fa per dire perché si potrebbe continuare molto a lungo) in Sicilia, dopo le durissime sconfitte elettorali nell' elezioni politiche e regionali è stato chiesto dalla segreteria nazionale di tenere un congresso anticipato che però non viene ancora convocato dagli organi regionali, mentre infuria la polemica interna. Come si può capire da questi esempi il quadro è devastante e Berlusconi ed il centro-destra hanno buon gioco nel contestare al PD e alle sue indecisioni il mancato avvio di una politica di riforme condivise e di una intesa sui provvedimenti anticrisi. Berlusconi, personalmente, po insiste sul fatto che lui non potrà mai trovare intese con chi è alleato con l'Italia dei Valori di Di Pietro, argomento reiterato anche quando Italia dei Valori e PD hanno posizioni divaricate, in quanto rifiuta accordi sulla riforma della giustizia lontani dalle sue proposte ed in questo modo acuisce i contrasti dentro il PD che su questo tema sono rilevanti. Il PD oggi sta raggiungendo il punto limite e rischia di arrivare, dopo le elezioni Europee, per il divorzio delle componenti che lo hanno promosso con la conseguenza del ritorno al quadro politici precedente (che non potrà mai realizzarsi nella situazione che abbiamo conosciuto). Ciò è causa di diversi errori nella fase precedente la costituente del PD e nella prima fase della sua vita. Cercheremo di esaminare alcuni di questi errori: 1. Il processo di unificazione è stato accelerato, anche per volontà di Romano Prodi che ha insistito per avere un proprio partito di riferimento, ed è stato realizzato senza che fossero sciolti nodi politici fondamentali quali la collocazione internazionale del nuovo partito, la politica sulle unioni civili, sul testamento biologico, che incidono su i rapporti con la chiesa cattolica ed i suoi dettami a cui molti dirigenti della Margherita non si sentono di derogare. 2. Il Ruolo di Romano Prodi fondamentale nella fase di promozione del partito non è stato ben definito nel corso del processo costituente tanto da provocarne le delusioni che lo hanno portato alle dimissioni da Presidente del Partito ed ad estraniarsi dalla vita dello stesso, dopo la campagna elettorale politica in cui il suo Governo (in carica) era totalmente ignorato e di tanto in tanto criticato dal PD. Con le dimissioni di Romano Prodi non cade solamente il Presidente del Partito ma una delle motivazioni costituenti, quella che ne ha accelerato la formazione, mentre viene meno la figura in grado di promuovere un equilibrio fra le componenti che possa essere accettato dalle stesse. Oggi, sembra quasi che Prodi sia passato nel dimenticatoio (anche se non sono in pochi che cominciano a rievocarne il ruolo e a proporne il ritorno ai vertici) e ciò la dice lunga sulla sensibilità dei tanti che non hanno esitato ad accelerare il processo unitario per far contento Prodi Presidente del Consiglio ed hanno lasciato che ne finisse fuori quando non lo era più. 3. Non è stato definito il ruolo del segretario dopo che una elezione plebiscitaria gli affidava pieni poteri. Forse Veltroni doveva comprendere che il risultato delle elezioni primarie per il segretario era frutto di un accordo tra le diversa componenti e che con queste Lui doveva fare i conti e quindi aprire un dialogo sulla costruzione della linea politica e della struttura del partito ad ogni livello, non ha voluto capirlo e piano piano si è trovato il vuoto attorno, un vuoto organizzativo e anche politico in quanto finora la sua non è una politica condivisa per molti settori fondamentali del partito né sul piano politico né sul piano della organizzazione interna. 4. Si è lanciato con forza un processo di rinnovamento mentre il vecchio era ancora forte, anzi era più forte del nuovo. Solo Romano Prodi che era diventato debole veniva travolto ma tutto il personale politico che governa regioni, provincie, comuni è ancora in carica e governa e la sua attività condiziona, nel bene e nel male, il PD (non solo nei casi che abbiamo citato). 5. Non è stato mantenuto né ricercato il rapporto con la società civile e con il popolo delle primarie, né si poteva pensare che tale rapporto potesse realizzarsi attraverso i mass media che mai potranno garantire la partecipazione di una massa ingente al dibattito ed alle decisioni del partito. Dovranno da subito essere individuate forme organizzative in cui raccogliere gli aderenti per dare loro la funzione di reali costituenti e di dirigenti di un processo. Solo in questo modo si potrà metterli assieme nella esperienza di costruzione del nuovo partito (che deve durare a lungo). La linea politica non può essere stabilita solo dal segretario in accordo con i gruppi dirigenti, perché in quella sede i nodi non potranno mai essere sciolti, essa va decisa coinvolgendo la base che votando potrà scioglierli e dare certezze politiche al partito. Oggi, il PD non ha una linea politica unitaria che l'Italia possa riconoscere come identitaria di un partito perché ci si trova spesso di fronte a posizioni contrapposte difficilmente conciliabili con la sola mediazione dei vertici (politica internazionale e collocazione nel parlamento europeo e politiche civile). Da queste considerazioni si comprendono le debolezze del PD che rischiano di portarlo al fallimento. Sarebbe una iattura non solo per il centro- sinistra ma per l'Italia tutta che si troverebbe senza una vera opposizione in grado di far fronte ad una destra arrogante decisa ad andare fino in fondo nel suo disegno di scaricare sulla popolazione il peso di una crisi economica pesante come non mai. Allora bisognerà che il PD rifletta sugli errori commessi durante il processo costituente per trovare le soluzioni per correggerli. Vanno sciolti tutti i nodi politici, se è necessario rivolgendosi al popolo delle primarie, va convocato al più presto il congresso per dare al partito organi dirigenti legittimati ed una organizzazione capillare diffusa su tutta il paese che consenta agli iscritti di organizzarsi territorialmente per riunirsi discutere e decidere democraticamente sulle questioni aperte siano esse do ordine locale, regionale o nazionale. Un grande partito che si propone di raccogliere in sé esperienze ed orientamenti diversi può funzionare solo così, con il rispetto di tutte le opinioni ma anche con capacità di decisione su ogni argomento anche su quelli su cui ci si divide. Racalmuto 16/01/2209