Gasparri contro Carfagna, Martino contro Frattini, Miccichè contro Tremonti. Che cosa succede nel centro destra? E’ vero, si tratta di una monarchia anarchica. Il PDL creato da Silvio Berlusconi riesce a fare convivere una leadership inattaccabile e assoluta con una consuetiudine alla piccola litigiosità. I portavoce parlano e si muovono come un nastro registrato, rispettando una vecchia tradizione del centrodestra berlusconiano, e i dirigenti si punzecchiano che è un piacere. Il Presidente dei senatori PDL, Gasparri, rimprovera la Ministra Carfagna che apre alle coppie di fatto e l’avverte, attraverso il suo spot quotidiano diffuso dalla tv pubblica, che di questa idea non se ne deve nemmeno parlare. Una reazione irritata. L’ex Ministro della Difesa, Antonio Martino, sostiene in una intervista che il Ministro deglio Esteri Frattini è sì un buon uomo ma anche un terribile fifone e perciò il suo ruolo nella crisi mediorientale è praticamente inesistente. Qualche settimana fa il sottosegretario alla presidenza, Gianfranco Micciché, ha svolto una requisitoria a Messina nei confronti del Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al quale addebita una palese ostilità nei confronti dei meridionali. Secondo Micciché, l’Italia di Tremonti finisce con la Padania, perciò se non si correrà ai ripari saranno guai per il Mezzogiorno. Sulle priorità – federalismo e giustizia – c’è stata una polemica aspra, superata grazie ad una intesa fra Bossi e il Cavaliere. E sulla iniziative e le prese di posizioni del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, cala ogni volta il gelo e in qualche caso le reazioni sono dichiaratamente ostili. Non mancano, insomma, segni di nervosismo. Le tensioni si toccano con mano quando si affrontano temi riconducibili al Ministero dell’Economia. Giulio Tremonti detta la linea al governo, ormai è innegabile, dalla scuola alle infrastrutture, dalla difesa agli interni. E’ lui che stabilisce i tetti di spesa, è lui che decide ciò che è possibile fare e ciò che invece va messo nel cassetto. E’ riuscito svuotare il pacchetto sicurezza di Maroni, i progetti di La Russa nel settore della Difesa, a suggerire il maestro unico alla Ministra Gelmini, ed a sterilizzire i fondi per il Mezzogiorno cambiando destinazione ai finanziamenti. In occasioni importanti, quando c’era da rintuzzare tentativi di allargare le maglie, o far passare provedimenti “impopolari”, ha posto il veto pubblicamente in Parlamento, offrendo le sue dimissioni. Segno questo che si sente sicuro di sé. Il suo asse con Bossi lo rende praticamente inattaccabile, la sobria visibilità lo fa accettare al Cavaliere. Tremonti è un uomo estremamente accorto, ha capito infatti una cosa fondamentale: può fare e strafare a patto che non faccia ombra al Grande Capo, il quale mal sopporta chi sta davanti a lui. I vertici dei gruppi parlamentari masticano amaro a causa delle decisioni del Ministro, affermando apertamente la necessità di usare una maggiore considerazione verso le Camere. Insomma, questa è la protesta unanime, i deputati ed i senatori non possono essere degli esecutori di ordini, hanno il diritto di esercitare il loro mandato. Pareva che la questione, affacciata qualche mese fa, si fosse chiusa, invece è rimasto un clima inquieto, anche se non è sfociato in alcuna aperta protesta. Proprio in queste ore il governo ha deciso di tornare al voto di fiducia sul decreto Gelmini. La cabina di regia invocata dai portavoce dei gruppi parlamentari rimane rimane una questione aperta anche se sotto traccia. Tremonti non rischia, ma è un osservato speciale. Stefania Prestigiacomo pare che non sia affatto contenta del Ministro Tremonti, ma non si ha notizia di sue iniziative. Le durissime accuse rivolte in Sicilia da Miccichè a Tremonti non hano nemmeno sfiorato il Ministro. Micciché, è vero, non ha dato continuità alla sua iniziativa politica, si è limitato a denunciare l’atteggiamento antimeridionalista del Ministro dell’Economia, e basta. E che cosa sarebbe dovuto accadere? Micciché ha la delega per il CIPE, ma la borsa la tiene Tremonti. Se ingaggiasse un corpo a corpo con il Ministro ne uscirebbe con le ossa rotte. Tra l’altro la sua ”vivacità” alla vigilia delle elezioni regionali siciliane – una vivacità che lo mise in contrasto anche con Berlusconi – non è stata messa in soffitta, e costituisce una ferita ancora aperta. Deve perciò essere cauto, molto cauto. Il federalismno fiscale incrementerà ancora i poteri decisionali di Tremonti. Sarà il Ministro dell’Economia il traghettatore, insieme a Umberto Bossi. Se Miccichè ha ragione sul conto di Tremonti, Il Mezzogiorno ne potrebbe uscire male da questa stagione di riforme. (fonte siciliainformazioni)