Malaga, 17/11/2021 Maestà, Signor Presidente della Repubblica, Signore e Signori Ministri, Signori Presidenti delle Fondazioni Cotec di Spagna, Portogallo e Italia,

Signore e Signori, desidero anzitutto ringraziare Sua Maestà Felipe VI per il suo gentile invito che consente - dopo la forzata interruzione dell’anno passato - di riprendere la tradizione degli incontri annuali.

Lo ringrazio altresì per averci voluto ospitare nella splendida città di Malaga, che ha dato i natali a Pablo Picasso, maestro innovativo, e quindi punto di riferimento anche per il Cotec. Saluto con altrettanta cordialità il Presidente della Repubblica Portoghese, Marcelo Rebelo de Sousa, che poc’anzi, con le sue parole, ha espresso con efficacia l’amicizia tra Spagna, Portogallo e Italia. Questa quattordicesima sessione del Simposio annuale del Cotec Europa rappresenta una nuova, preziosa, occasione di incontro tra istituzioni, industria e mondo della ricerca. Innovazione e capacità di aprire nuovi orizzonti: due concetti che stanno al cuore dell’azione delle Fondazioni Cotec, alle quali rivolgo volentieri un sentito apprezzamento per l’importante lavoro svolto negli ultimi venti anni. Hanno contribuito a promuovere, nel dibattito continentale, una visione derivante dalla sensibilità dei Paesi del Sud Europa su questi temi, attraverso preziose iniziative di collaborazione e dialogo. In occasione del nostro precedente incontro a Napoli, nel 2019, abbiamo discusso su come la digitalizzazione possa migliorare l’efficacia dei servizi che lo Stato assicura ai cittadini. È un tema la cui attualità merita di essere riletta alla luce dell’esperienza della pandemia. A distanza di due anni, infatti, il contesto in cui ci troviamo ad elaborare le nostre riflessioni è radicalmente mutato: la doppia emergenza, sanitaria ed economico-sociale, ha messo in evidenza l’importanza del ruolo dello Stato, e non meramente dal punto di vista regolatorio, nel governare la trasformazione digitale. La tecnologia può giocare un ruolo importante nei processi di innovazione sociale a patto di avere chiaro che è la persona a doverne essere al centro. Un approccio “antropocentrico” al digitale significa che la tecnologia deve essere al servizio dell’essere umano nel suo realizzarsi come persona, nel suo agire come cittadino, nella sua dignità come lavoratore. Sono temi emersi in maniera prepotente nel corso della pandemia, quando un’accelerata spinta verso il digitale ha consentito di evitare che le nostre attività e le nostre interazioni sociali si interrompessero del tutto in tempo di confinamento. La pandemia ha messo in luce quanto le nostre società siano dipendenti da infrastrutture critiche, il cui controllo assume un’importanza centrale. Ha evidenziato quanto incidano carenze e ritardi nei processi di digitalizzazione. Da esse dipendono non soltanto le nostre relazioni, la nostra competitività, ma anche la capacità di garantire ai nostri cittadini una cornice di sicurezza, premessa di uno sviluppo in linea con i nostri valori. La sovranità, la sovranità europea - una “nostra” sovranità - in campo tecnologico e digitale è, a questo riguardo, determinante. Un’esigenza che diventa ogni giorno più pressante. Pensiamo, ad esempio, a quanto incida sulla libertà del cittadino la tutela della privacy rispetto a tecniche sempre più invasive di “profilazione”. Al valore che riveste la certezza della salvaguardia della dignità della persona di fronte a sistemi pubblici e privati di conservazione e impiego dei dati, a partire da quelli in materia sanitaria. In un’economia nella quale una buona fetta di valore aggiunto è fornita dalla quantità di dati che si riescono ad accumulare e scambiare, la modalità di gestione degli stessi diventa espressione diretta di un preciso impianto valoriale e di una nuova stagione di tutela e di difesa dei diritti umani. L’Europa, patria dei diritti e della libertà, deve rimanere all’avanguardia in questi processi. Lo abbiamo fatto - con grande anticipo e lungimiranza nel 2016 – attraverso il Regolamento generale sulla protezione dei dati personali. Lo stiamo facendo ora con l’adozione dei regolamenti sui servizi e i mercati digitali. Dobbiamo dotarci, tuttavia, di una visione più ampia, per rendere effettiva questa azione. Accanto al ruolo di “potenza normativa”, l’Europa deve dotarsi di una strategia digitale efficace anche sul piano industriale, per poter essere davvero garante dell’applicazione dei principi elaborati e introdotti nella normativa comunitaria, perché venga offerta una pluralità di scelte di qualità ai propri cittadini e per restare al passo con le altre grandi piattaforme globali, al momento in grandissima parte non europee. In effetti oggi proviene dall’Unione europea meno del 4% delle principali piattaforme online. In questo, le politiche per l’innovazione svolgono un ruolo centrale e con Next Generation EU, abbiamo compiuto un passo nella giusta direzione. La direzione è quella di fornire a tutti i cittadini europei un orizzonte comune nel quale operare attraverso le “transizioni gemelle”, verde e digitale, trasformazioni profondissime e non più rinviabili, che ci consentano di sviluppare le nostre società nel segno della sostenibilità, senza venire meno ai nostri valori fondanti. Entrambe queste transizioni guardano al 2030 come orizzonte intermedio, giocando sulla positiva interazione fra la dimensione della sostenibilità e quella della digitalizzazione: la Commissione Europea ha calcolato che una piena attuazione degli obiettivi digitali che l’Unione si è prefissata potrà contribuire a ridurre fino al 20% le emissioni di gas serra entro il 2030. Abbiamo bisogno di investire nel nostro futuro. E possiamo farlo soltanto se lo faremo assieme, oltre NextGen, oltre il 2030. Davanti alle sfide del prossimo decennio, Spagna, Portogallo e Italia, uniti da una duratura e fiorente collaborazione, possono essere promotori di una visione condivisa che ambisca a una maggiore incisività dell’azione europea nel campo dell’innovazione, facendo ricorso a strumenti comuni, a beneficio di tutti i cittadini europei. L'impegno congiunto delle Cotec nazionali - e una loro più stretta collaborazione – potrà svolgere, in questo senso, un ruolo fondamentale: a loro vanno gli auguri più sentiti di buon lavoro anche per gli anni futuri. Permettetemi, infine, di rivolgervi un invito che è anche un auspicio. L’invito a non cedere mai alla tentazione di restringere la nostra azione nell’ambito di recinti. Di continuare sempre nella ricerca di prospettive nuove, di nuovi spazi, di nuovi orizzonti che ci facciano avanzare nel segno dell’integrazione, dell’inclusione e quindi di un autentico progresso. È questa l’ambiziosa missione Cotec. Auguri.