DAL RAPPORTO SVIMEZ EMERGE PIL SARDEGNA AL I° POSTO PER RECESSIONE (9,7%) REGIONI A SUD E SICILIA CALO INFERIORE ALLA MEDIA (6,6%). MA IL RESTO D'ITALIA ?...."

La Svimez ha presentato oggi alla Camera le anticipazioni del suo Rapporto 2020.,

con particolare attenzione alle 8 Regioni del Mezzogiorno. L’analisi dei principali indicatori socioeconomici delle regioni italiane per il biennio 2020-2021 conferma le indicazioni già ampiamente rilevate dalla SVIMEZ sul processo in corso di nuova divergenza tra il Mezzogiorno e le aree settentrionali del Paese, in un contesto di sostanziale stagnazione di lungo periodo dell’economia italiana. Le venti regioni italiane mostrano, infatti, andamenti differenziati, spesso - ma non sempre - connessi alla ripartizione territoriale di riferimento. Alla base di questa differenziazione vi è una pluralità di ragioni, legate anche al diverso retroterra con cui ogni area è uscita dalla grande recessione e ha poi intercettato la breve ripresa del 2015-2018 e la sostanziale stagnazione del 2019. Con riferimento alle 8 regioni della circoscrizione Sud, colpisce nel 2020 la caduta del tasso annuale del PIL della Sardegna (-9,7%), il più alto di tutte le regioni del Mezzogiorno, seguito subito dopo dalla Calabria (-9,6%). La Basilicata registra una caduta del 9,0%, interrompendo così le performance positive avviate dal 2015, anche a seguito della scelta di Matera quale capitale europea della cultura. L’Abruzzo registra un -8,6%, accentuando la recessione già avviata nel 2019. Se Molise e Puglia vedono nel 2020 una caduta del PIL esattamente in linea con quella del Mezzogiorno (-8,2%), soltanto la Sicilia conosce un calo inferiore alla media della circoscrizione Sud (-6,5%); un valore da leggere, tuttavia, nel contesto di particolare insistenza della recessione conosciuta dall’isola con la grande crisi e mai davvero recuperata negli anni successivi. La Campania si attesta su un -8,4%, valore fortemente condizionato anche dal calo più alto degli investimenti in tutte le regioni del meridione (-11,5%). Da notare che Campania e Sicilia si confermano nel 2020 come le due regioni d’Italia con il più alto “tasso di inclusione” (valore calcolato considerando la quota di percettori del reddito di cittadinanza ogni mille abitanti). Se nella circoscrizione Centro si registra nel 2020 una caduta del PIL pari a -8,9%; soltanto il Lazio (-7,8%) e parzialmente l’Umbria (-8,5%) sono riuscite ad assestarsi al di sotto delle media territoriale; al contrario di Marche e Toscana (rispettivamente -11,2% e -10,1%). Nel caso del Lazio colpisce il crollo delle costruzioni (-14,5%). Particolarmente rilevante il crollo dell’industria in senso stretto in Toscana (-13,9%) e nelle Marche (-14,1%), così come quello dell’agricoltura (rispettivamente -12,5% e -9,9%). Da notare che nel 2020 il “tasso di inclusione” di Marche, Toscana e Umbria rimane sempre inferiore alla media della circoscrizione; soltanto il Lazio, pure rimanendo anche nel 2020 su livelli inferiori alla media italiana, supera i valori del Centro Italia. Nel Nord-Est, soltanto Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia, pur conoscendo nel 2020 un calo molto significativo (rispettivamente pari a -9,2% e -7,9%) si mantengono su un livello inferiore alla media della circoscrizione (-9,4%). Colpisce la performance negativa del Trentino-Alto Adige (-9,9%) che pure era stata l’unica regione italiana a conoscere una variazione positiva del PIL cumulato negli anni della grande recessione (+3,5% tra il 2008 e il 2014), sfruttando molto bene anche la ripresa del 2015-2018 (+6,7% il tasso cumulato del PIL). Da notare che in queste quattro regioni, sebbene il tasso di inclusione sia sempre molto contenuto (dal 12,5‰ di Trentino-Alto Adige al 27,0‰ dell’Emilia-Romagna), nel 2020 si registrano incrementi annuali significativi. A Nord-Ovest, invece, è la sola Lombardia a conoscere un calo del PIL 2020 inferiore alla media della circoscrizione (-8,8% la regione, -9,0% la ripartizione); il calo maggiore si registra in Liguria (-9,6%). Da notare che anche nel 2020 i tassi di inclusione di Liguria e Piemonte (rispettivamente 43‰ e 42,5‰) sono superiori alla media del Nord-Ovest. Le previsioni regionali per il 2021, realizzate tramite il nuovo modello di analisi SVIMEZ (nmods-regio) evidenziano al Sud una migliore crescita del PIL per Abruzzo e Campania (rispettivamente +4,6% e +4,2%); seguono Puglia (+3,5%) e Sardegna (+3,2%), e quindi Basilicata, Molise e Sicilia con un +2,8%; chiude, infine, la Calabria (+2,1%). Solo le prime tre regioni si attestano su livelli superiori alla media prevista per la circoscrizione (+3,3%). Nel Centro si evidenzia la buona crescita di Toscana (+5,1%), Lazio (+4,6%), Marche (+4,4%) e, in coda, Umbria (+4,0%); da notare che nessuna di queste regioni supera il valore medio del Centro-Nord (+5,1%), ulteriore segnale di quel rischio, già segnalato dalla SVIMEZ, di allontanamento delle regioni centrale dalle aree più avanzate del Paese. Venendo all’Italia settentrionale, le previsioni di crescita del PIL 2021 di Lombardia e Liguria superano la media della circoscrizione Centro-Nord (rispettivamente con +5,8% e +5,2%); Piemonte e Valle d’Aosta si attesterebbero invece su livelli leggermente inferiori (+4,6% e +4,2%). Tra le regioni del Nord-Est si segnala la sensibile crescita del PIL di Emilia-Romagna (+6,7%), Veneto (+6,3%), Friuli-Venezia Giulia (+5,3%) e Trentino-Alto Adige (+4,9%). Quest’ultima è l’unica regione dell’area il cui PIL dovrebbe crescere poco meno della media del Centro-Nord ma è anche la sola in Italia – insieme alla Basilicata – ad aver visto il PIL pro capite superare nel 2019 i livelli del 2007; mentre nell’area del Nord-Est è l’unica, insieme a Emilia-Romagna, Lombardia e Val d’Aosta a registrare un PIL pro capite superiore alla media del Centro-Nord per tutto l’intervallo 2007-2019. Altrettanto articolata la previsione SVIMEZ sulle previsioni regionali del PIL 2022. Se l’incremento annuo del PIL italiano dovrebbe passare dal +4,7% del 2021 al +4,0% del 2022, si evidenziano andamento territoriali differenziati. In un Mezzogiorno che dovrebbe conoscere nel 2022 un valore del PIL (+3,2%) poco inferiore (se non sostanzialmente in linea) con quello del 2021 (+3,3%), le migliori performance sono ancora quelle di Abruzzo e Campania che, pur vedendo una diminuzione della crescita rispetto all’anno precedente, nel 2022 si dovrebbero attestare rispettivamente a +3,9% e +3,6%; anche la Puglia e la Basilicata vedrebbero una crescita del PIL 2022 inferiore rispetto al 2021 (+3,0% la Puglia; + 2,4% la Basilicata); tutte le altre regioni meridionali dovrebbero invece conoscere nel 2022 una crescita maggiore del 2021, nell’ordine: il Molise (+3,4% il PIL 2022), la Sardegna (+3,3%), la Calabria e la Sicilia (+3,0%). Da notare che sono queste quattro regioni del Mezzogiorno le uniche, sulle venti italiane, a evidenziare una maggiore crescita nel 2022 rispetto al 2021. Considerando la circoscrizione Centro, la crescita del 2022, pure significativa, dovrebbe comunque essere per tutte e quatto le regioni inferiore alla media del Centro-Nord (+4,3%). In particolare, le previsioni SVIMEZ indicano per il PIL 2022: +4,1% la Toscana; +3,9% il Lazio; +3,8% le Marche e l’Umbria. Nell’area Nord-Ovest, la sola Lombardia, con una previsione di incremento del PIL 2022 del +5,0%, dovrebbe attestarsi su livelli superiori alla media del Centro-Nord; una crescita sostenuta, ma inferiore alla media della ripartizione territoriale è prevista invece per Liguria (+4,1%), Piemonte (+4,0%) e Valle d’Aosta (+3,6%). Nel Nord-Est, invece, si dovrebbe assistere a una situazione simile a quella del 2021, seppure anche in questo caso con variazioni del PIL 2022 inferiori all’anno precedente. Tutte le regioni, infatti, superano il livello medio del Centro-Nord, con la sola eccezione del Trentino-Alto Adige che comunque mantiene un andamento sostanzialmente in linea con l’insieme della ripartizione. Nello specifico si prevede: +5,3% l’Emilia-Romagna, +4,8% il Veneto, +4,7% il Friuli-Venezia Giulia, +4,2% il Trentino alto Adige. Considerando invece le previsioni sull’occupazione, le analisi SVIMEZ indicano un andamento nella crescita sostanzialmente analogo sia al Sud che al Centro-Nord, attestandosi la variazione del Mezzogiorno all’1,6% nel 2021 e al 2,8% nel 2022 e nel Centro-Nord all’1,7% nel 2021 e al 3,0% nel 2022. In questo quadro, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia dovrebbero conoscere in entrambi gli anni variazioni nella crescita degli occupati superiori alla media del Mezzogiorno; la Basilicata supererebbe tale media nel 2021 ma non nel 2022; Calabria e Sardegna si attesterebbero su livello superiori al Mezzogiorno solo nel 2022. Nella circoscrizione Centro, soltanto la Toscana conoscerebbe una variazione dell’occupazione superiore alla media del Centro-Nord nel 2021 e 2022, mentre il Lazio dovrebbe superarla nel solo 2022. I valori delle regioni settentrionali dovrebbero essere invece quasi sempre superiori alla media del Centro-Nord, con le sole eccezioni, per il 2022, di Liguria, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. (29/07/2021-ITL/ITNET)