di Nicola Bossi -  Nel breve-periodo, con la riapertura degli spostamenti, si rischia una fuga dettata dalla fame e dalla dignità. Serve un piano subito o l’Umbria non avrà braccia e cervelli per programmare il futuro. I dati allarmanti della ricerca di Aur La pandemia da Coronavirus è un killer degli anziani e dei giovani umbri.

Uccide senza pietà nelle terapie intensive – in Umbria oltre 1200 vittime – dopo settimane di agonia i pazienti, spesso con patologie pregresse, dai 65 anni in sù (ma non sono mancati casi, seppur sporadici, di 50ntenni). E fa stragi di posti di lavoro, in maniera silenziosa, tra i giovanissimi che vivono in Umbria, il doppio praticamente di quelli risercati ai loro coetanei a livello nazionale. Se in sanitario si punta su vaccini, cure sperimentale e immunità di gregge; a livello economico una ricetta, magari anche sperimentale, non c’è. Non c’è una strategia. Non c’è neanche il bisogno di un fondamentale dibattito – Gli Stati Generali dell’Umbria – per capire come arginare il disgregarsi del tessuto economico regionale. Ma stavolta la situazione è veramente grave come dimostra un’illuminante ricerca di Aur a firma dell’economista di Elisabetta Tondini che dimostra che mai come oggi l’Umbria non è una regione per giovani. La pandemia ha tagliato, in pratica, i loro lavori e lavoretti (a chiamata o flessibili) più di tutte le altre fasce di età. E questo cosa vuol dire? Che nel breve periodo rischiamo, una volta riaperta la mobilità nazionale ed estere, rischiamo una drammatica fuori-uscita di cervelli e forza lavoro, la più preziosa, in cerca di un lavoro e di una dimensione nuova. Se non si ferma questa potenziale perdità di giovinezza non ci sarà possibilità di rilanciare l’Umbria, sempre più vecchia e improduttiva. Eh già oggi la situazione è al limite visto il bassissimo tasso di natalità. E’ questo il tema caldo dell’Umbria, tutto il resto è contorno. I numeri parlano chiaro: “La pandemia, che da un punto di vista sanitario ha penalizzato segnatamente gli anziani, sul fronte economico-lavorativo si è abbattuta soprattutto sulle giovani generazioni. In Umbria hanno perso lavoro 6 mila e 600 giovani con meno di 35 anni – equamente ripartiti tra maschi e femmine – all’incirca tanti quanti ne sono aumentati nel frattempo tra i Neet (coloro che hanno rinunciato a studiare, formarsi e trovare un lavoro) nella stessa fascia d’età (+25% in Umbria a fronte del 5% dell’Italia). Il dato è allarmante: la diminuzione di occupati under 35 in Umbria ha superato quella degli occupati totali. In particolare, le giovani lavoratrici che hanno perso lavoro hanno superato di un quinto il calo occupazionale registrato tra le donne complessivamente”. Nella ricerca dell’economista Tondelli si evince che l’emorragia tra i 25-34enni ha superato le 5 mila unità, un po’ più donne che uomini, per un tasso di caduta praticamente doppio rispetto a quello nazionale: per ogni 10 occupati in meno, in Umbria 8 sono giovani di questa età (meno di 4 in Italia), con pesanti ripercussioni sui tassi di occupazione, sia maschile che femminile. In questo caso, il calo delle occupate totali eguaglia quello subito dalle 25-34enni. E la situazione potrebbe addirittura peggiorare dato che ancora vige il blocco dei licenziamenti per i contratti a tempo indeterminato; molti dei quali in cassa integrazione con poche ore lavorate e un reddito praticamente dimezzando. Cosa fare? Serve cavalcare il futuro con i suoi cambiamenti: digitalizzazioni, servizi alla persona, sanità ed eccellenza in ambito agricolo e dei prodotti made in Umbria. E capacità di formarsi e accettare nuove sfide: il lavoro per tutta la vita è destinato a scomparire, a meno che si lavori nel pubblico impiego. La domanda di lavoro sta già – più o meno timidamente – cambiando, rispondendo a necessità produttive e ad abitudini di consumo in trasformazione. Il processo (per alcuni forzato) di digitalizzazione si intensificherà, settori – quali la logistica – si potenzieranno, crescerà il fabbisogno di professioni legate alla sanità e all’assistenza sociale come se ne svilupperanno di innovative in altri ambiti, stimolate dalla domanda di nuove competenze. Su tutto, si prevede un aumento della frequenza di cambiamento del posto di lavoro, insomma una maggiore mobilità. La pandemia ha cancellato il lavoro per i giovani: rischio di emigrazione di massa dall’Umbria. Su 10 posti persi 8 sono degli under 35 FONTE: https://www.perugiatoday.it/economia/coronavirus-cancellati-posti-lavoro-umbria-giovani-rischio-emigrazione-massa.html