Uno dei pilastri su cui si fonda la nostra Repubblica è il lavoro; valore fondamentale sempre più sminuito dalla crisi economica e all’assenza di politiche attive e di sostegno adeguate alla protezione e valorizzazione di tutti i lavoratori, specialmente di alcune categorie considerate fragili.

La realtà lavorativa italiana è caratterizzata da diverse nuove figure professionali con vecchie e nuove esigenze che sembrano non rientrare negli interessi delle istituzioni. A dar voce a braccianti, precari, riders e a tutti “gli invisibili” sin dal suo arrivo in Italia nel 1999 è Aboubakar Soumahoro, ex sindacalista del Coordinamento agricolo dell’USB e convinto attivista per i diritti. Con determinazione si è schierato contro lo sfruttamento che contraddistingue la filiera agricola e il caporalato portando il suo sostegno alle “baraccopoli” come quella di Borgo Mezzanone,dove tantissimi migranti sono costretti a “sopravvivere” per pochi euro al giorno di paga, in condizioni che privano loro della dignità dell’essere umano e della possibilità di avere un’esistenza libera e appunto dignitosa. Nemmeno il provvedimento voluto dal ministro dimissionario dell’Agricoltura Teresa Bellanova è servito ad incidere positivamente all’interno di mondi lavorativi sommersi.

Questo infatti, si è finora dimostrato fallimentare soprattutto per ciò che riguarda i lavoratori dei campi, come dimostrano i numeri che parlano di ancora 600/650 mila invisibili irregolari, privati di diritti ed esposti al rischio di infortunio, malattia e contagio da covid-19. La disfunzione è legata in parte alla lentezza e alla complessità della pubblica amministrazione che fa inceppare il meccanismo delle regolarizzazioni di molti richiedenti. Tutto ciò non fa altro che dilatare i tempi e gravare sulla precarietà delle vite di soggetti vulnerabili. Lo stesso attivista ha mostrato tutto il suo disappunto e la sua delusione verso la “sanatoria” e nei confronti di un certo tipo di politica, rimanendo però fuori dai palazzi romani. Soumahoro si è posto anche al fianco degli operai dello stabilimento Whirpool di Napoli dove si è recato a fine Gennaio per lanciare un nuovo progetto politico: “la Comunità Invisibili in movimento”. Si tratta di un’organizzazione politica nata dagli sforzi di uomini e donne che da anni sono impegnati nell’ascolto delle istanze degli ultimi e che sono mossi da un reale interesse verso la promozione dell’uguaglianza della giustizia sociale e ambientale. Il Quarto Stato guidato da Abou è perciò composto da braccianti, lavoratori precari,operai,disoccupati di ogni genere ed età e di tutti coloro che vivono un disagio lavorativo ma anche abitativo; non a caso uno dei provvedimenti che propone in campo edilizio è proprio l’housing sociale. L’obiettivo che il portavoce e tutti gli aderenti si sono posti è quello di rappresentare, anche a livello politico, un’ampia fetta di soggetti dimenticati da tutti i partiti politici e dall’attuale classe dirigente, lontana anni luce dalla drammatica realtà che vede povertà e precarietà dilaganti. Ciò che si intravede è una sfida alle ipocrisie delle scelte e delle dichiarazioni politiche, in contrasto fra loro e incapaci di rispondere adeguatamente alle problematiche del Paese, messo in ginocchio da anni di crisi economica e da ultimo dall’attuale pandemia. La comunità degli invisibili in movimento condanna l’indifferenza e l’assuefazione di tutti ed ha intrapreso un percorso attualmente virtuale che consiste in una serie di incontri in streaming volti al dialogo costruttivo con diverse organizzazioni e personaggi politici. Le occasioni di incontro, che si svolgeranno anche in luoghi simbolo come la” Terra dei Fuochi”, saranno utili a plasmare il programma politico che verrà presentato ufficialmente nel mese di Settembre e con il quale si punterà alle prossime elezioni. La FLAI CGIL e il segretario generale Giovanni Mininni criticano Aboubakar Soumahoro accusandolo di poca concretezza. In questi giorni sono sempre più gli aderenti alla comunità in movimento che sta avendo un’evoluzione interessante da seguire poiché potrebbe, con il suo “progressismo trasformativo”, diventare protagonista del futuro scenario sociopolitico. A cura di Margherita Mantione