Nel decreto emanato dal governo Draghi – oltre ai 5 miliardi di euro per potenziare il piano di vaccinazione, l’acquisto e la produzione di “preparati” anti-covid – ci sono:

• 1,5 miliardi di euro per ridurre i contributi previdenziali agli autonomi e garantire una tantum per 3 mesi di 2.400 euro

per gli stagionali, venditori porta a porta, lavoratori dello spettacolo e termali;

• lo stralcio delle cartelle esattoriali risalenti agli anni che vanno dal 2000 al 2010, non per tutti i contribuenti, ma solo per quelli che hanno un reddito inferiore a 30 mila euro;

• la proroga sino alla fine di giugno del blocco dei licenziamenti solo, però, per le imprese che dispongono della cassa integrazione ordinaria. Per le altre imprese sarà selettivo fino alla fine dell’anno. Il provvedimento contiene altresì:

• 700 milioni di euro per la filiera dello sci, destinati per il 70 per cento alle attività dei comuni montani che nel 2019 abbiano registrato presenze turistiche di tre volte superiori al numero dei residenti e, per la parte restante, agli altri comuni, ai maestri e alle scuole di sci;

• 300 milioni di euro per l’agricoltura;

• le risorse per il reddito di cittadinanza e per i cosiddetti navigator

• il reddito d’emergenza fino a 840 euro per tre mesi per le famiglie in difficoltà.

Dei 32 miliardi impegnati con il Decreto (che si aggiungono agli oltre 100 miliardi che si sono susseguiti dal marzo 2020, in larga parte destinate a imprese, famiglie e lavoro ), 11 miliardi sono destinati ai ristori alle imprese e alle partite Iva che hanno perso oltre il 30 per cento del fatturato nel 2020, rispetto al 2019. Nonostante questo ulteriore stanziamento, chi si aspettava un cambio di passo del nuovo esecutivo rispetto al governo precedente è rimasto deluso. Perché? Perché sostiene che i soldi messi sul piatto sono pochi, non solo perché la media dei ristori (3.700 euro) è assolutamente insufficiente, ma anche perché le imprese che ne usufruiranno sono ancora una fetta troppo piccola. La delusione non riguarda solo le imprese con un calo di fatturato inferiore al 30 per cento – che sono rimaste a bocca asciutta, ma anche quelle che hanno avuto cali di fatturato significativi, perché per questa tipologia di imprese le risorse sono molto modeste. Ciò perché il Decreto Sostegni, oltre a non permettere di compensare la perdita di fatturato in modo adeguato, non consente di coprire i costi fissi: bollette, affitti, assicurazioni. Infatti in base alle valutazioni fatte dall’Ufficio studi della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole imprese) di Mestre “solo il 25 per cento delle quasi 4,5 milioni di imprese italiane riceverà qualcosa“. Alcuni esempi chiariscono meglio di tante parole il senso di queste affermazioni. Secondo il centro studi di Fipe- Confcommercio “con il Decreto Sostegni, il ristorante tipo che nel 2019 fatturava 550 mila euro e che nel 2020, a causa degli oltre 160 giorni di chiusure imposte dalle misure di contenimento della pandemia da Covid, ha perso il 30 per cento del proprio fatturato, 165 mila euro, beneficerà di un contributo una tantum di 5 mila e cinquecento euro“. Un bar – ad esempio – che nel 2019 fatturava 150 mila euro e quindi ne ha persi 25 mila, a causa delle restrizioni, percepirà un ristoro di 1.875 euro. La decisione di stabilire la soglia minima di perdita del 30 per cento del fatturato lascia, tra l’altro, l’amaro in bocca anche al comparto della moda perché – a differenza di altri settori – vende prodotti soggetti a una svalutazione veloce. Considerato che durante questo drammatico momento di pandemia le imprese del settore moda, per far fronte ai costi fissi e per contenere le perdite di fatturato, hanno dovuto fare ricorso a più saldi e promozioni, riducendo di conseguenza i margini, ritengono che sarebbe più giusto stabilire una soglia di perdita del fatturato del 20 per cento anziché del 30 per cento. Che le risorse stanziate non sarebbero bastate l’ha detto anche il presidente Draghi, il quale al riguardo ha dichiarato: “ Siamo consapevoli che si tratta di un intervento parziale “ e per questo c’è l’ipotesi di “ un secondo stanziamento in occasione della presentazione del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria “. È certamente importante che di fronte agli oltre 420 miliardi di perdita di fatturato stimata per le piccole e medie imprese nel 2020, cresca la consapevolezza che bisogna fare di più, ma è ancora più importante fare in fretta perché altrimenti, “mentre il …dottore studia il malato se ne va”. E questo non è tollerabile se si vuole evitare, soprattutto al Sud, l’esplosione di una vera e propria bomba sociale e gettare le basi per la ripresa. (Salvatore Bonura)