Archiviata la difficile campagna elettorale sul referendum e sulle regionali, archiviato il risultato che non premia l’opposizione ma che vede il rafforzamento del PD che torna ad essere primo partito in Italia, ora si pensa al domani.

Un domani che non si presenta tutto rose e fiori, ma che ancora continua a vedere emergere divergenze e differenziazioni all’interno della maggioranza. I 5S, che tradendo la decisione della piattaforma Rousseau hanno deciso di correre da soli alle regionali, hanno dovuto registrare un ulteriore arretramento che acuisce le spaccature interne al movimento, che ora riprende a sollecitare “gli stati generali”. Risultato deludente anche in Liguria, dove la maggioranza si presentava unita attorno alla candidatura del giornalista Ferruccio Sansa ad eccezione di Italia Viva che si è presentata da sola non superando nemmeno la soglia di accesso. Un accordo di collaborazione tra le forze del governo ed una maggiore unità della diaspora di sinistra, avrebbe potuto impedire che le Marche andassero al centro destra che vede l’ascesa di FdI. Evidentemente, nella maggioranza di governo esistono ancora parecchie ombre, che aumentano la litigiosità tra le varie componenti. Mentre nel PD l’affermazione in Toscana, in Campania ed in Puglia, dove determinante è stata la personalità e l’indice di gradimento dei candidati ha in qualche modo compattato il partito consentendogli di rilanciare all’interno della maggioranza, diversa è la ripercussione all’interno del M5S. La nuova sconfitta elettorale dovuta alla spasmodica ricerca di differenziazione all’interno della maggioranza, ha riportato nel dibattito interno la necessità di un cambio di passo, che mette in discussione la direzione del movimento al momento affidata ad un solo uomo: Vito Crimi. L’uomo che non riuscì a prendere la laurea e che trasferitosi al nord andò a lavorare alla Corte d’Appello di Brescia. Nella sua vita politica, prima di approdare al M5S alla ricerca di “persone nuove alla politica”, per sua ammissione, aveva votato per Rifondazione Comunista, per passare al PDS e quindi ad Italia dei Valori con Di Pietro, approdando quindi ad Alleanza Nazionale. Nel 2007, convertitosi sulla via di damasco, approda tra gli amici di Peppe Grillo. Candidato per il Movimento alla carica di governatore della Lombardia, raccogliendo il 3% dei voti. Eletto al Senato nel 2013, fu tra i partecipanti al penoso incontro con Bersani che cercava un’alleanza con i 5S, che non arrivò per niente. Oggi, nella sua veste di capo del movimento, tradendo la decisione degli iscritti che sulla piattaforma avevano espresso la volontà di una alleanza con il centro sinistra per le passate regionali, sfodera la sua vecchia posizione condivisa dalla fazione oltranzista del Movimento che è contro l’alleanza come lo è Casaleggio. In queste occasione rispunta sempre il famoso Di Battista noto arrabbiato del Movimento. Con queste contraddizioni Zingaretti ed il PD debbono necessariamente scontrarsi e confrontarsi. Non è uno scontro facile. Alla luce della recente affermazione del PD però, un cambio di passo del governo è più a portata di mano oltre ad essere necessario se non si vuole perdere l’occasione che ci viene dall’Europa, di cambiare l’Italia rilanciando l’economia e cambiando modello di sviluppo. Questo comporta il fatto che le due compenenti maggiori della maggioranza, non possono continuare ad agire come se una fosse all’opposizione dell’altra. Occorre cambiare i rapporti tra le due compagini della maggioranza, finendola di fare l’opposizione interna. Già basta l’opposizione del centro destra con i soliti slogan di Salvini e della Meloni, che a turno continuano a chiedere le dimissioni di qualcuno, continua a definire inadeguato il governo, continuano a svicolare sui problemi veri del paese, per continuare la oro campagna elettorale che certamente non fa bene a nessuno, tanto meno al popolo italiano. Il M5S, non può continuare a dire NO al MES, favorendo in questo modo la sanità privata che si è fatta trovare impreparata davanti alla pandemia ancora in corso. Abbiamo bisogno di recuperare i molti ritardi dello Stato sulla sanità da troppo tempo privata di investimenti. Occorre che in tema di sanità si parli tutti la stessa lingua e si abbia tutti le stesse possibilità. La sanità deve tornare allo stato. I 5S non possono continuare a muoversi senza sapere dove vanno e senza distinguere la grande differenza che c’è tra il fare l’opposizione e gestire il governo. Tutte queste divergenze, queste prese di posizione ideologiche, ma mancanza di una vera leadership nel movimento, rallenta il lavoro del governo e non contrasta la destra con la necessaria energia. Infine, il M5S deve decidere cosa fare e con chi stare puntando ad una alleanza non casuale, non strumentale, ma effettiva se vuole recuperare terreno e se vuole fare l’interesse della collettività. In una parola, deve capire che la maggioranza che oggi ha in parlamento non corrisponde più al movimento che l’ha espressa poiché quello di ora è un altro movimento nel paese, che invece di fare le bizze deve decidere se vuole recuperare spazio per se e per la maggioranza. Salvatore Augello 28 settembre 2020