MOBILITA' TRANSNAZIONALE, MIGRAZIONI E INTERDIPENDENZA PRODUTTIVA ALLA BASE NECESSITA' GOVERNANCE MULTILATERALE TUTELA LAVORATORI

"Il 2019 è stato un anno denso di anniversari: il 25esimo anniversario dell’EU-OSHA,

i 30 anni dalla direttiva 89/391/CEE (direttiva-quadro sulla SSL) e il centenario dell’OIL, che ha recentemente istituito una commissione di studio artefice del rapporto ‘Work for a brighter future’ in cui vengono scandagliate le questioni più attuali che interessano il mondo del lavoro. È proprio sui suoi risultati che si innesta la nuova “Dichiarazione sul futuro del lavoro”, anche denominata “Dichiarazione del Centenario”. Ad intervenire sull'argomento è il III Rapporto Anmil/INAIL, presentato oggi a Roma, che fa il punto sul piano internazionale circa la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori. L’Organizzazione, poi, ha recentemente adottato la nuova “Convenzione sulla eliminazione della violenza e delle molestie sul lavoro” che identifica questi comportamenti, pratiche o minacce sul lavoro come una violazione dei diritti umani. In generale, le più recenti analisi sul mondo del lavoro evidenziano come si siano imposte alcune questioni globali che meritano soluzioni altrettanto globali: si tratta di quelle pratiche distorsive della concorrenza basate sull’abbassamento delle tutele dei lavoratori (c.d. dumping sociale e race to the bottom delle tutele), sottese le notevoli dimensioni assunte dalla mobilità transnazionale dei lavoratori e dai fenomeni migratori, nonché dalla sempre più stretta interdipendenza produttiva e commerciale tra i Paesi del mondo. La risposta non può che essere una governance multilaterale per uno “sviluppo sostenibile”, in senso sociale (e ambientale), che veda altresì coinvolte le principali istituzioni internazionali preposte sia alla regolazione del mercato globale sia alla tutela dei lavoratori. Invero, ad oggi esistono strumenti internazionali – pubblicistici e privatistici – sorti con l’intento di tutelare i c.d. “valori non economici”, in particolar modo i diritti dei lavoratori. Si tratta, nel primo caso, delle clausole sociali contenute negli accordi di libero scambio che negli anni più recenti, nonostante l’esigenza di rafforzamento in termini di enforcement, hanno subito un certo sviluppo contenutistico, specie quelli negoziati dall’UE (il CETA con il Canada, l’APE con il Giappone e il prospettato TTIP con gli USA). In secondo luogo, gli strumenti privatistici annoverano le iniziative della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), ovvero quelle pratiche volontarie – tra cui spiccano i codici di condotta - con cui un’impresa riconosce di avere una propria “responsabilità sociale” nei confronti di diversi soggetti, tra cui i lavoratori; ma anche gli accordi-quadro internazionali ed europei, tra le federazioni indacali internazionali ed europee e le imprese multinazionali, che hanno l’obiettivo di garantire l’applicazione degli standard di tutela dei lavoratori. Tali strumenti, in effetti, mirano a coinvolgere le imprese, vere fautrici della globalizzazione economica, nel percorso di orientamento sociale del commercio internazionale. Digitalizzazione e trans-nazionalizzazione del lavoro, lavori atipici, conciliazione vita-lavoro Le stesse sfide che dominano il versante internazionale sono altresì sotto i riflettori presso le istituzioni europee. Si tratta soprattutto della impellente necessità di intervenire in ambiti quali la digitalizzazione del lavoro, i cambiamenti demografici, lo sviluppo sostenibile e le nuove modalità di organizzazione del lavoro, riguardo cui l’Agenzia europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), in occasione del suo 25esimo anniversario, ha deciso di fare il punto. Ad emergere sono soprattutto i rischi emergenti di salute e sicurezza in relazione all’uso dei nuovi strumenti digitali, ai cambiamenti climatici e alle nuove modalità di organizzazione del lavoro basate su un elevato grado di flessibilità. Al riguardo, si impone l’urgenza di intervenire nell’ambito di quei lavori atipici spesso carenti di regolamentazione quale, tra tutti, il lavoro su piattaforma. Nei confronti dei lavoratori della c.d. gig economy (come i riders), infatti, è rivolta l’attenzione della dottrina, del Legislatore e della giurisprudenza, soprattutto in merito alla loro qualificazione giuridica nonché ai rischi di salute e sicurezza cui sono esposti . In questo scenario, l’intervento normativo maggiormente rilevante è stato ad opera del Legislatore europeo, che con la direttiva (UE) 2019/1152 ha accordato “diritti minimi” a lavoratori occasionali o a breve termine - tra cui i lavoratori su piattaforma - nonché ai tirocinanti e agli apprendisti. In Italia, l’intervento normativo più incisivo è stato rappresentato dal decreto legge n. 101/2019 -convertito con modificazioni dalla legge n. 128 del 2 novembre 2019 - con il quale sono stati fissati i livelli minimi di tutela cui hanno diritto i lavoratori impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di veicoli a due ruote o assimilabili, anche attraverso piattaforme digitali (c.d. riders). Tutele minime per i lavoratori digitali sono state anche previste in ambito regionale, in primis con la legge n. 4/2019 della Regione Lazio, nonché a livello territoriale. In tal senso la “Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano” tra il Comune di Bologna, alcune associazioni sindacali e alcune piattaforme digitali, che rappresenta il primo accordo metropolitano in Europa sui temi della gig economy. Anche la contrattazione collettiva è intervenuta attraverso il CCNL “logistica, trasporto merci e spedizione” del 2018 che ha riservato una particolare attenzione verso le nuove figure di lavoratori adibiti alla distribuzione delle merci tramite cicli, ciclomotori, motocicli, natanti e imbarcazioni. Infine, la questione è giunta in Parlamento attraverso la presentazione di due DDL (n. 4283 e n. 2934) che mirano alla tutela dei lavoratori gig attraverso diverse soluzioni normative. Ad ogni modo, in ambito europeo si nota un certo fermento legislativo finalizzato ad appianare queste sfide socio-economiche poste dall’epoca dell’Industria 4.0. Così, sul piano istituzionale, sono stati riformati gli organismi europei competenti in materia di tutela dei lavoratori (EU-OSHA, Eurofound e Cedefop) e, soprattutto, è stata istituita per mezzo del regolamento (UE) 2019/1149 l’Autorità europea del lavoro (European Labour Authority – ELA), dotata di considerevoli poteri di enforcement e di ispezioni in tutti gli Stati membri, anche al fine di tutelare il lavoro transfrontaliero. Tema, quest’ultimo, su cui il Legislatore europeo è intervenuto attraverso la direttiva (UE) 2018/957, che ha rafforzato le c.d. regole anti-dumping sul distacco dei lavoratori, e la direttiva (UE) 2019/2121 sulle trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere, parte del c.d. company law package, finalizzata a contrastare la proliferazione delle società di comodo. E ancora, tra le altre misure a tutela dei lavoratori del mercato unico, è in fase di discussione la proposta di direttiva sulla sicurezza sociale finalizzata al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale per i cittadini mobili dell’UE, mentre, come già anticipato, di recente approvazione è la direttiva (UE) 2019/1152 che ha migliorato l’accesso dei lavoratori alle informazioni sulle loro condizioni di lavoro, includendo le tutele per i lavoratori della gig economy. Ulteriore versante d’intervento ha riguardato la conciliazione vita-lavoro e la lotta alla discriminazione di genere sul lavoro attraverso la direttiva (UE) 2019/1158, che ha stabilito da una parte una serie di standard minimi per i congedi di paternità, parentale e per i prestatori di assistenza, dall’altra, modalità di lavoro flessibili per i lavoratori genitori o prestatori di assistenza. Su tali strumenti si è recentemente espressa la Corte di giustizia UE, attirando numerose critiche: la sentenza in parola infatti ha statuito che i congedi parentali possono non essere considerati come periodo di lavoro effettivo per il calcolo delle ferie. Sul tema della conciliazione vita-lavoro è tornato ad intervenire anche il Legislatore nazionale attraverso la legge n. 145/2018 (legge di Bilancio 2019) che ha previsto un’agevolazione per l’accesso al lavoro agile da parte di due particolari categorie di lavoratori, ovvero le lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità ed i lavoratori con figli in condizioni di disabilità. La legge n. 145/2018 ha altresì riconosciuto alle lavoratrici, in alternativa a quanto disposto dal cd. T.U. maternità, la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso. Chiarimenti operativi in merito sono pervenuti dall’Inps, con il messaggio n. 1738/2019. Sempre nell’ambito del work-life balance, la legge di stabilità per il 2020 (legge n. 160 del 27 dicembre 2019) ha continuato, seppur senza novità normative d’impianto, il percorso di strutturazione della incentivazione alla adozione di misure di welfare aziendale, nella sua più ampia accezione. Le novità sono sostanzialmente due: l’ultima legge di bilancio ha infatti previsto un aumento degli incentivi fiscali per i buoni basto elettronici, a fronte di una diminuzione degli stessi accordati ai buoni pasto cartacei, nonché una ridefinizione delle percentuali relative alle tasse sulle auto aziendali, sulla base delle emissioni delle stesse. Di primario interesse, infine, sono i chiarimenti della Agenzia delle Entrate (Risposta n. 456/2019) in materia di detassazione dei premi di risultato, nonché la rappresentazione fenomenologica sull’impiego delle misure di welfare aziendale inserita nel XXI Rapporto CNEL sul mercato del lavoro e sulla contrattazione collettiva . Tornando sul percorso di riforma sociale avviato dall’Unione europea, è stata approvata la direttiva (UE) 2019/1937 a tutela dei whistleblowers, cioè di quei lavoratori che segnalano violazioni sul luogo di lavoro. Infine, di notevole impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori è il regolamento (UE) 2019/1020 che ha come obiettivo primario il rafforzamento della vigilanza del mercato sui prodotti oggetto della normativa di armonizzazione dell’Unione; normativa che garantisce che nel mercato UE siano disponibili soltanto prodotti conformi per un livello elevato di protezione degli interessi pubblici, tra cui la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Da citare, infine, l'impegno della presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel discorso sullo Stato dell'Unione sulla particolare attenzione che porrà a vantaggio dei lavoratori. (16/09/2020-ITL/ITNET)