(fonte AISE) - "L’Italia è diventato strutturalmente un paese di immigrazione e resterà così per almeno una generazione". Ha esordito così il senatore Massimo Livi Bacci, studioso delle migrazioni, intervenendo al convegno "Integrazione: diritti e doveri. La partecipazione democratica dei migranti, strumento di integrazione", tenutosi a Roma presso la Biblioteca del Senato,

 promosso dalla Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera in collaborazione con la Fiei. (vedi AISE del 7 novembre h. 17.41) "La dimostrazione è semplice, – ha spiegato – se chiudessimo le porte all’immigrazione nei prossimi vent’anni e ci accontentassimo delle forze demografiche del nostro paese, ogni anno la popolazione giovane nata in Italia diminuirebbe di un quarto di milione all’anno. Questo dimostra che nei prossimi 20 anni noi continueremo ad avere estremo bisogno di immigrazione. Un paese che ha strutturalmente bisogno di immigrati deve darsi una politica dell’accoglienza e dell’integrazione in tutta la sua complessità. Qualunque sia il regime migratorio, chi arriva finisce per diventare pezzo della società nella quale si inserisce, gli immigrati che oggi sono considerati dal Governo una protesi, un oggetto, devono diventare un trapianto. Sono un pezzo di società che si integra, che arriva e che resta nel paese che li ospita". "Bisogna dare una politica affinchè questi immigrati possano restare. – ha commentato – L’attuale maggioranza rivolge i segnali peggiori alla comunità immigrata, niente diritti politici, aggravamento delle pene per qualsiasi reato, di un terzo se si è immigrati regolari, reato di immigrazione clandestina, classi separate, tutti segnali che dicono all’immigrato: tu hai uno spazio ridotto, stai attento che la tua presenza in Italia è precaria". "Questo non è il messaggio degno di un paese civile, le forze politiche, non solo quelle che siedono in Parlamento, e tutte le forze della società civile devono capire – ha concluso Livi Bacci – che il destino del nostro paese è di essere di immigrazione, con tanti immigrati a cui bisogna dare il percorso di accesso ai diritti politici e sociali. Se questo non si capisce l’Italia andrà verso una situazione in cui si avranno due Italie, quella maggiore, dei cittadini, e quella subalterna che sarà fatta di immigrati e dei loro figli". La segretaria nazionale di Spi-Cgil, Renata Bagatin, ha ricordato come tra i connazionali all’estero vi sono anche gli anziani e le persone che vivono in modo indigente. "Il sindacato italiano – ha precisato – ha presentato al Governo delle richieste di aiuto per i connazionali che vivono in situazioni di difficoltà". Proprio su questo tema il 10 dicembre Spi – Cgil ha indetto una giornata di mobilitazione mondiale, durante la quale i nostri connazionali consegneranno un documento alle ambasciate, ai consolati, alle sedi Comites e Cgie, da far pervenire al Governo italiano. "Bisogna ricordare sempre la nostra storia – ha aggiunto – ricordare chi eravamo, ricordare per poi essere protagonisti di cambiamento e di integrazione, che vuol dire partecipazione democratica. La forza dei pensionati, lavoratori e cittadini deve essere unica". "Senza gli immigrati l’Italia si ferma", è stato il commento di Kurosh Danesh, coordinatore del comitato nazionale immigrazione della Cgil, "gli immigrati sono trattati come oggetto, c’è una disparità di trattamento. Invece gli amministratori devono capire che gli immigrati sono una grande opportunità per l’Italia". Altra voce che ha chiesto che "l’Italia conceda il diritto di voto agli stranieri che vi abitano" è stata Delia Del Pilar Saravia Alvarez, dell’ufficio immigrazione della Uil di Roma e presidente dell’Associazione No.Di, che ha evidenziato come gli immigrati partecipano alla vita politica del paese tramite le Consulte. "Da immigrata dico che in Italia ci sono ostacoli che limitano l’integrazione", ha sottolineato Hamdi Dahir Warsame, del servizio rifugiati ed immigrati della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, "I limiti sono legati all’immagine che si ha degli immigrati che hanno scelto di vivere qui e considerano l’Italia il proprio paese. Non c’è il riconoscimento come cittadini e questo comporta problemi di ghettizzazione, veniamo considerati extracomunitari che possono svolgere i lavori che gli italiani ormai non fanno più. È grave che non ci sia un riconoscimento a livello del legislatore. Gli immigrati si sentono insicuri per il fatto che non sono tutelati e non appartengono a nessun territorio". Hamdi ha anche spiegato come "molti immigrati che si formano in Italia preferiscono emigrare nei Paesi confinanti, come Francia o Germania, per sperimentare e mettere a frutto le loro qualità". "Per gli immigrati questo è un momento buio", ha osservato Carlo Cartocci del partito della Rifondazione Comunista, "Le parole solidarietà ed uguaglianza sono divenute indicibili". Dei milioni di italiani che lavorano oltre confine ma ogni sera rientrano in Italia, i cosiddetti "frontalieri", ha parlato Claudio Pozzetti, Responsabile nazionale CGIL frontalieri e Consigliere del Cgie, ricordando che i frontalieri italiani "sono 65 mila e la maggior parte lavora in Svizzera". "Risiedono in un paese e lavorano in un altro – ha detto – e quindi devono essere tutelati due volte". "L’Italia da paese di emigrazione è diventato anche paese di immigrazione – ha sostenuto Enrico Pugliese, direttore dell’Istituto ricerche popolazione e politiche sociali del Cnr – C’è una congrua presenza di italiani all’estero e di immigrati in Italia. Esistono delle analogie tra l’emigrazione di ieri e quella di oggi e bisogna capire quali sono queste analogie". "L’immigrazione – ha precisato – è regolata dal Testo Unico Del Turco- Napolitano, poi modificato in alcuni punti da vari emendamenti, come quelli presentati da Bossi e Fini, quindi è errato parlare di una legge Bossi-Fini". "Bisogna proteggere gli individui", è stato il monito di Mohamed Saady, copresidente dell’associazione Anolf-Cisl, che ha poi aggiunto "a giocare un ruolo importante sono i diritti sociali, come essenziale è l’impegno politico. Bisogna che il Governo italiano conceda il diritto di voto amministrativo agli immigrati". "Se si vuole partecipare al dibattito politico e cambiare qualcosa – ha concluso Saady – bisogna far parte della gente". Carlo Palanti, mediatore socio-culturale della Caritas di Roma, ha raccontato la sua esperienza di figlio di un italiano emigrato in Brasile e di una brasiliana emigrante. Tornato in Italia dopo la morte del padre insieme ai tre fratelli e alla madre, è sempre stato considerato un "immigrato", Palanti è sposato con una italiana, ha due figli nati in Italia e quindi considerati "italiani". "Abito in Italia da 25 anni – ha detto – ma sono considerato uno straniero, però penso ai miei figli che tra molti anni avranno la fortuna di poter votare e di candidarsi". (clara salpietro\aise)