Sono passati 28 anni da quando la mafia alzando ancora il tiro ha eseguito la condanna a morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, della scorta nelle persone di Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.

Una strage che a breve distanza sarebbe stata seguita da quello di Via D’Amelio che portò alla morte del giudice Paolo Borsellino e della scorta composta da Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina. Una scia di sangue che ha visto la morte di uomini dello stato e di politici eccellenti come i giudici Trerranova, Chinnici, Livatino, servitori dello Stato come Boris Giuliano, o come il generale Dalla Chiesa e la giovane moglie, politici come La Torre, Piersanti Mattarella, Insalaco o sacerdoti come Don Pino Puglisi e tanti altri troppi, che entrano in questa lista allungandola tanto che diventa difficile nominare tutti senza correre il rischio di dimenticarne parecchi. Una lista che è il prodotto della guerra che la mafia ha dichiarato allo Stato nel tentativo di ricattarlo, di ottenere trattamenti migliori e pene più leggere. Lo Stato, però, alla fine, dopo la perdita di tante persone, è riuscito a compattarsi attorno alla lotta senza quartiere che ha portato in galere personaggi del calibro diLuciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano, e tanti altri boss come Brusca, ecc. Ma non è stato solo questo il successo riportato dallo Stato contro la malavita organizzata. Il successo maggiore è stato una nuova coscienza nazionale contro tutte le mafie, il coinvolgimento delle scuole per creare una nuova coscienza civica improntata alla legalità, quella vera e non certo quella dei falsi paladini della legalità. Quella nuova consapevolezza e quella nuova coscienza che hanno dato vita alla nave della legalità che ogni anno porta a Palermo mille studenti di tutte le età, che dopo avere sfilato per la città, si danno appuntamento nella sala bunker del carcere borbonico dell’ucciardone dove si intrecciano messaggi e discorsi per ricordare il sacrificio delle vittime della mafia e per rinnovare la promessa di lotta senza quartiere nella lotta contro il malaffare e di allargare, ingigantire il nuovo senso di legalità che deve permeare la società di domani, se vogliamo andare avanti con il progresso e la legalità. Anche nella forma inedita e nuova delle manifestazioni di quest’anno, caratterizzate dal coronavirus che ha cambiato profondamente la nostra vita, tutti questi valori sono in prima linea ne ricordare i tanti morti ammazzati e per la prima volta anche i nuovi eroi che hanno sacrificato la loro vita per difendere quella di tanti altri colpiti dalla pandemia che imperversa in tutto il mondo. Cittadini anonimi ligi al proprio dovere che non hanno abbandonato la trincea del COVID 19 che ha mietuto tante vittime innocenti. Come al solito in questi momenti, nel corso di queste celebrazioni, il popolo italiano riesce a dare il meglio di sé, si stringe attorno allo Stato, alle sue istituzioni, per frenare, debellare, distruggere, il dilagare del malaffare, della corruzione, delle connivenze anche di alto livello, dei falsi difensori della legalità, dalla diffusa cultura della mafiosità che frenano un ordinato sviluppo della società. Una cultura tutta da riscrivere, per educare le nuove generazioni al rispetto delle regole, delle istituzioni, dei valori della nostra democrazia fondata sui diritti e sui doveri previsti dalla costituzione repubblicana. Solo così si costruisce la nuova società, solo così si accendono sicure speranze per un futuro migliore, per una società a misura d’uomo, dove ognuno partecipa secondo le sue possibilità e le sue capacità ad una armoniosa ed egualitario crescita. Ricordiamo e rispettiamo sempre il ricordo dei nostri eroi, guardando avanti ed attingendo al loro esempio di democrazia e dedizione nella difesa dell’ordine e dei valori istituzionali ai quali ci richiamano le celebrazioni di oggi. Salvatore Augello 23 maggio 2020