Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, dettaglio

È vero, quella che si sta combattendo in questi giorni in Italia e in altri Paesi europei ed extraeuropei è una guerra contro un nemico invisibile, che serpeggia intorno a noi.

Un nemico subdolo e carogna, che può colpire tutti senza distinzione di ceto, età, colore della pelle. Per vincere questa guerra non abbiamo bisogno di cacciabombardieri, né di armi nucleari, chimiche o batteriologiche: è sufficiente che tutti siamo consapevoli dei nostri comportamenti e dei nostri gesti quotidiani, rispettando rigidamente le indicazioni date dal Governo. Se ci comportiamo da cittadini esemplari, potremo arrestare la diffusione dell’infezione. L’Italia in questo momento è l’epicentro di questa tragedia sanitaria. Nessun altro Paese sta pagando un costo così alto in termini di vite umane: a distanza di un mese dalla notizia del “paziente uno” ci troviamo con quasi sessantamila casi e più di seimila morti. Ecco perché siamo chiamati, tutti, a contribuire a ridurre la diffusione. Per farlo efficacemente dobbiamo rispettare alla lettera regole e restrizioni indicate nei Decreti del Governo, compreso l’ultimo, quello esitato ieri. La virulenza del contagio non giustifica più nessun tipo di furbizie o leggerezze di sorta, né giustifica debolezze da parte di chi è chiamato a far rispettare norme e regolamenti. Se di fronte alle violazioni delle restrizioni emanate dalle autorità lo Stato fa sentire la sua forza – perché come ci ha insegnato Niccolò Macchiavelli lo Stato è “forza”, democraticamente intesa – arriveremo quanto prima a vedere la luce alla fine del tunnel. Le notizie che giungono da Wuhan, in Cina, dove tutto è cominciato, oltre a raccontarci che da giorni non ci sono più nuovi contagi, rappresentano una speranza per tutto il mondo. Una speranza a cui tutti dobbiamo aggrapparci, anche gli incoscienti e gli imbecilli che ancora si ostinano a girare per le strade senza una valida motivazione. Certo, è facile star chiusi 24 ore su 24 se si abita in un appartamento dotato di tutti i comfort, in un attico panoramico o in una villa con parco, e il tempo può essere impiegato a leggere un buon libro o a guardare un buon film in televisione. È molto più difficile stare barricati in un monolocale, in una baracca priva di servizi essenziali, in un basso di un quartiere popolare, dove talvolta in una sola stanza vivono tre o quattro persone e il capofamiglia – spesso un lavoratore in nero, o che vive di espedienti, arrangiandosi – non sa a che Santo votarsi per apparecchiare la tavola. E’ addirittura irreale l’invito a restare chiusi nella propria abitazione per chi un’abitazione non ce l’ha. Tanti comuni, anche siciliani – collaborati dalla generosità dei cittadini, dalla Croce Rossa, dalla Caritas, dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Locanda del Samaritano e da altre associazioni di volontariato – si stanno adoperando per alleviare le sofferenze delle persone più fragili e senza fissa dimora, garantendo loro pasti caldi. Nulla di significativo, invece, si sta facendo da parte delle Istituzioni regionali e locali per garantire a tutti di mettere la testa sotto un tetto; e ciò nonostante ci siano tanti immobili liberi di proprietà pubblica e la possibilità di requisire locali sfitti e alberghi. Un problema questo che va affrontato con urgenza, in considerazione del fatto che i senzatetto sono i più esposti al rischio di contagio. Tra la peste del Boccaccio e quella dei Promessi Sposi l’Italia fu in grado di produrre l’Umanesimo e il Rinascimento. Era un mondo, quello di allora, che camminava con l’arrivo del nemico invisibile. Ne subiva gli attacchi che arrivavano spesso a decimare la popolazione. Quel mondo però si era organizzato per contenere la diffusione, ma anche per favorire la ripartenza dopo che la Morte Nera aveva deciso di essersi saziata. Per fortuna non viviamo più in quel periodo, la conoscenza scientifica e la medicina consentono alla grande maggioranza di chi viene al mondo oggi di passare indenne tutte le fasi della vita ed arrivare nel pieno dell’età anziana. La Storia ci insegna che non dobbiamo rassegnarci. La rassegnazione sarebbe terribile, perché il nostro Paese aveva già più difficoltà a crescere rispetto alle altre economie avanzate, con l’aggravante di un elevato debito pubblico e accentuati squilibri territoriali e demografici. Per questo oggi tutti, popolo e classi dirigenti, abbiamo il dovere di non dividerci e di essere uniti, perché un popolo unito non sarà mai sconfitto e può vincere qualsiasi battaglia. Anche quella che stiamo combattendo in questi giorni contro il coronavirus. (by Salvatore Bonura)