(S.A.) Walter Veltroni, finalmente avanza una proposta seria, che va in direzione di un giusto diritto per gli immigrati, che vivono e lavorano in Italia. Con una lettera al Presidente della Camera Gianfranco Fini, il segretario del PD, al quale Veltroni ha mandato un a lettera, sollecitandolo a adoperasi al fine di consentire la più ampia discussione da parere della Camera dei Deputati,

 della proposta di legge che prevede il diritto di voto per gli immigrati, garantendone un iter accelerato. Il segretario del PD, si rivolge a fini, perché nel 2003, qua ndo era vice premier, affrontò tale problema e fu ad un passo dal provocare una crisi con la lega. Fini, temporeggia a rispondere sul delicato problema e sta pigliando tempo ij attesa di studiare una risposta. Si tratta di affrontare la discussione su un disegno di legge che modifica la costituzione, introducendo nella stessa il diritto di voto per tanti immigrati, che lavorano e pagano le tasse in un paese, dove però non hanno nessuna voce in capitolo. Questa posizione del PD arriva anche in risposta alla recrudescenza razzista e xenofoba, che da qualche mese sta pigliando piede in Italia, dove si sta scivolando èiù o meno coscientemente nel fare di tutte le erbe un fascio. Immediate le reazioni del mondo politico, che si divide su questo problema. La stessa AN, che nel 2003 aveva presentato un disegno di legge tal senso, firmata da La Russa, oggi ministro, oggi piglia le distanza dall’argomento e per bocca di Ronchi, dice che allora si trattò di una provocazione. Replica Veltroni, che sarà primo firmatario del disegno di legge di modifica costituzionale assieme a Livia Turco, dichiarando che “non è più tempo di discussioni astratte” e da “pregiudizi dettati da ideologie”, ma si tratta di contrastare il “virus pericoloso, fatto di intolleranza, di pulsioni xenofobe, di chiusura, di ostilità fino alla tentazione aberrante di farsi giustizia da se”. La maggioranza, fa quadrato compatta contro la proposta. Il capo gruppo alla Camero della Lega Roberto Cota, ribadisce per conto del suo partito, che il diritto di voto deve essere legato alla cittadinanza., mentre il sottosegretario castello ironizza su Veltroni, definendolo “maitre a oenser delle cause perse”. Il suo no ribadisce Gasparri, mentre Cicchitto definisce strumentale la proposta del PD. Contrario anche Antonio di Pietro, il quale afferma: “Veltroni non si metta a fare annunci fuori tempo. Quelli lasciamoli a Berlusconi. Il leader dell’UDC Pierferdinando Casini, invece, si schiera a favore del provvedimento, come fa anche Ferrero Neosegretario di Rifondazione Comunista. Qualunque siano le reazioni, resta il fatto, che finalmente si affronta un problema che dovrebbe essere congeniale ad un paese di emigranti come è il nostro, che dovrebbe ricordare che la richiesta di diritto di voto all’estero, fu uno dei cavalli di battaglia del movimento associativo italiano all’estero ed in Italia, che a lungo lottò partendo dal principio che chi risiede in un paese e vi lavora e paga le tasse, deve potere dire la sua in fatto di politica comunale. La nostra emigrazione, percorse la lunga strada che alla fine sfociò con l’accordo di Maastricht, a tappe, partendo dai consigli consultativi, fino ad arrivare al diritto di voto attivo e passivo ed oggi elegge tranquillamente i propri rappresentanti nei consigli comunali o nelle giunte che amministrano i comuni. Si può prescindere da questa grande realtà, pretendendo di dimenticare il passato, il nostro vissuto in emigrazione, per rifiutare oggi quello che in tanti anni abbiamo chiesto per la nostra emigrazione. Quale paura o calcolo politico, può fare dimenticare le battaglie fatte per negare ad altri quello che abbiamo sempre voluto per i nostri? L’USEF, ha affiancato la lunga battaglia condotta in favore dei nostri emigrati, rompendo gli indugi e sciogliendo la contraddizione che allora c’era, perchè si chiedeva ai nostri di venire a votare nei paesi d’origine. Sposò subito allora la battaglia del diritto di voto amministrativo all’estero, che alla fine venne concesso, senza tenere conto della cittadinanza, come è giusto, perché essa va certamente collegata al diritto di voto politico, ma non a quello amministrativo che è altra cosa, oggi si schiera dalla parte degli immigrati e condivide la proposta del PD, che altro no fa che concedere agli immigrati quello che ha chiesto ed ottenuto per i nostri.