di Gabriele Giorgi -  Prescindiamo da dove arriva o da dove nasce il virus. Ci troviamo di fronte ad una mobilitazione generale per combatterne gli effetti. In prima linea ci sono i lavoratori della sanità, medici, infermieri e operatori sanitari in generale

che non sono mossi da riconoscimenti reddituali, ma solo dalla mission specifica della loro funzione sociale: salvare le vite, salvare la vita delle persone. Subito dopo abbiamo i lavoratori delle produzioni essenziali, cibo, farmaci, energia e tutti coloro che debbono assolvere funzioni organizzative indispensabili. Tutto il resto della popolazione è coinvolto nella funzione altrettanto essenziale di non prestare il fianco alla diffusione del contagio. Ma non è in prima linea. Il richiamo è il seguente: questa parte enorme della popolazione, oltre a non fungere da volano per la crescita del contagio, dovrebbe portare un contributo attivo, sia individuale che collettivo alla ricostruzione sociale del mondo post Covid-19. Ci si deve esercitare nella costruzione di nuovi mondi necessari. Un’azione che non può essere rimandata al dopo, perché le forze in campo che si combattono dentro la pandemia, sono le stesse che la hanno resa possibile. Quelle che la hanno resa possibile vanno sconfitte ora, non dopo; per un semplice motivo: costituiscono la base di coltura del virus. Se non si toglie questa base di coltura, vince il Covid-19 e/o quelli che lo seguiranno. Tutte le persone impegnate nelle prime file sono “eroi” nel senso che non sono mossi dal profitto, né da altri riconoscimenti. Fanno il loro dovere rispetto alla funzione sociale che hanno scelto, che è stata loro affidata o che è loro caduta sul collo, magari in assenza di altre opportunità migliori. Nella loro azione quotidiana i valori di mercato non hanno alcun senso. Molti di loro sono già morti e ne sono stati contagiati in oltre 2.500 (in Italia) cioè oltre l’8% del totale. Molti di coloro che stazionano subito dopo la prima linea vengono e verranno contagiati, muoiono e moriranno per assicurare le funzioni essenziali di sopravvivenza sociale. Abbiamo dunque il dovere di valorizzare questo sacrificio per costruire il futuro della nostra società. Ognuno nei limiti e nelle possibilità che possiede. Vi sono diversi ambiti di socialità che allo stesso tempo sembrano immuni da quanto sta accadendo e che continuano a fare il loro gioco come se niente fosse: prima di tutto il mondo del gioco d’azzardo della finanza, poi la strumentalità di parte del mondo imprenditoriale votato al profitto e quello della strumentalità politica. Cerco di dare un modesto contributo a questo dovere auspicando una lettura che non si concentri troppo sulla sintassi anche logica, ma piuttosto sull’assonanza percettiva che può accomunarci. Chi ha strumenti e capacità migliori ha un dovere di chiarimento, di capacità espositiva e di orientamento maggiore. Lo eserciti, per favore. Ne abbiamo bisogno.

FINANZA e MERCATO

Il mondo borsistico continua a scambiare titoli e valori in gran parte avulsi da ogni contesto concreto. Il mondo delle banche centrali cerca di evitare il loro tracollo (già arrivato al 40%). E’ bene chiarire che questo crollo a cui assistiamo increduli è positivo. Stiamo assistendo solo al riequilibrio tra astratto e reale. I grandi valori finanziari devono crollare ancora di molto per assestarsi su un punto in cui la realtà e il virtuale possano ritenersi accettabili: questo punto di equilibrio è uguale a una proporzione che tende a questo valore: 1=1. Il crollo delle borse e gli interventi delle banche centrali mostrano la inconsistenza del valore denaro in un contesto in cui la crisi è di domanda, certo, ma anche di offerta. Puoi avere a disposizione un trilione di dollari, ma se non hai nulla da comprare, il tuo denaro non vale nulla. Puoi avere a disposizione un trilione di euro da investire, cioè da valorizzare, ma se nessuno compra, il tuo trilione, in termini di valorizzazione, non vale nulla. Puoi esercitarti nell’investimento patrimoniale o immobiliare, ma se non vi sono redditi per pagarti la tua rendita, il tuo valore è inconsistente. Puoi tentare di far valere la tua ricchezza in termini di potere, ma se il potere non ti viene riconosciuto, la tua ricchezza non vale nulla. La ridicola attività borsistica di questi giorni, deve raggiungere il suo punto estremo di caduta. Dobbiamo dare una mano alle borse in questa loro autoriflessione: non riconoscere alcun potere al presunto potere della ricchezza finanziaria/contaabile. Questo è un atto di coscienza attiva a cui siamo chiamati. Qualsiasi grande opera umana può prescindere tranquillamente da essa. Per le grandi opere (o le innumerevoli piccole opere) come ricordava in qualche passo Keynes, sono sufficienti le capacità e i saperi disponibili, il lavoro disponibile e l’orientamento condiviso e organizzato democraticamente.

SAPERE, SCIENZA e TECNOLOGIA

La funzione del capitale, intesa come funzione sociale, cioè come concentrazione di risorse per attivare progetti altrimenti impossibili sul piano individuale o di piccole aggregazioni umane, ha fatto il suo tempo. Noi sappiamo (ma lo sapevano anche le generazioni che ci hanno preceduto), che questa funzione di concentrazione di risorse per raggiungere obiettivi al di sopra della sfera individuale è possibile anche con altri mezzi: condivisione di obiettivi, devoluzione di saperi, di energie, di valori e ricchezze in un ambito di socialità democratica: se condividiamo gli obiettivi da perseguire, la concentrazione di saperi, energie, valori, può essere esponenzialmente maggiore della concentrazione di capitali finalizzati al profitto. Primo perché risparmiamo la quota di profitto che può essere immediatamente ri-immessa dentro il circolo di valorizzazione sociale, secondo, perché non c’è alcun bisogno di risorse da destinare a normatività e costrizione (apparati di controllo e repressione) le cui risorse possono essere analogamente risparmiate e reimmesse in circolo. Ciò che fonda questa possibilità è semplicemente il bene comune. Il sapere di infinite generazioni di uomini e donne costituisce il capitale. Il capitale sociale che abbiamo ereditato, assieme a quello delle ultime generazioni è un capitale collettivo di cui nessuno può appropriarsi, salvo la infrastruttura democratica per renderlo efficace: possiamo chiamare questa infrastruttura “Stato”, oppure, con un altro nome. L’importante è che la sua funzione sia quella di massimizzare i saperi, le tecnologie vitali, l’equilibrio tra saperi e tecnologie umane con l’ecosistema, verso un impatto zero su di esso.

LAVORO

Il lavoro è semplicemente la messa a disposizione del potenziale umano al servizio di un progetto comune la cui normatività e limite è costituito dall’equilibrio tra sistemi antropici ed ecosistema. Il lavoro costruisce la dignità umana solo a queste condizioni. E’ dunque indispensabile costruire un’idea diversa di lavoro che sia rispettosa degli obiettivi sociali comuni e che allo stesso tempo non esaurisca le potenzialità di riflessione, creazione, ideazione dell’animale uomo. Il tempo di lavoro deve diminuire lasciando spazio alla funzione di riproduzione sociale finalizzata al bene comune. La produttività sistemica di questo approccio è infinitamente maggiore di quello attuale. Le organizzazioni dei lavoratori devono predisporsi a questo cambio di paradigma: la rappresentanza del mondo del lavoro non può più essere intesa come attore di una negoziazione cristallizzata con gli altri attori della produzione, poiché gli altri attori della produzione, nella loro funzione costitutiva, sono in fase di scomparsa. La rappresentanza del mondo del lavoro deve assumere funzione universale o è destinata anch’essa alla scomparsa, poiché inutile. Il teatro delle ombre è finito sul palcoscenico del capitalismo è finito.

NAZIONALE / INTERNAZIONALE

Le questioni accennate individuano un campo di azione nazionale e internazionale per una mera questione di diacronia territoriale che possono assumere i processi. Ma il trend è il medesimo e la velocità di frequenza con cui le diverse realtà nazionali si accordano è crescente. Bisogna evitare che questa diacronia dia adito a sedimentazioni culturali e perimetri territoriali rigidi. Tali rigidità vanno esercitate solo in funzione della rottura di equilibri che si arroccano (austerity, ecc. per intenderci). I saperi e le energie umane sono tutte quelle presenti sul pianeta e tutte sono servite a raggiungere la “potenza” dei saperi di cui disponiamo. Tutti questi saperi sono essenziali e comuni. Vanno ulteriormente socializzati oltre le frontiere della competitività interstatuale, anzi per abbattere tale competitività e inaugurare finalmente un mondo di cooperazione. Tra questi saperi emerge quello dell’equilibrio eco-sistemico e dell’equilibrio territoriale e internazionale. Senza questi equilibri, cioè senza cooperazione oltre capitalistica vi è solo distruzione.

POLITICA

La funzione politica resta la funzione principe di organizzazione e di orientamento democratico e ottimale dei saperi e delle risorse rispetto ad obiettivi comuni condivisi. La funzione politica si riconfigura però su una asse nuovo: la mediazione politica tra classi e interessi contrapposti o confliggenti in sé, è superata da Covid-19. Compito immediato della politica è la presa d’atto che gli interessi di classe sono tendenzialmente superati dal cambiamento di registro imposto dalla pandemia: dentro questo ambito la ricchezza individuale e di classe è destinata ad estinguersi; la politica deve assecondare ed accelerare questa estinzione. La prima misura è quella di sottomettere tutta la ricchezza e il patrimonio residuo disponibile al bene comune attraverso successive misure di contributi di solidarietà operate sui patrimoni, sui redditi, e di requisizione e di riconversione delle proprietà, in misura più che proporzionale seguendo lo sviluppo della diffusione esponenziale di Covid-19.

TEMPI e QUALITA’ DI VITA

I tempi di vita e la qualità della vita sono il tempo e la qualità della nostra vita. Una rimodulazione dei tempi e qualità di vita sono indispensabili al raggiungimento di un nuovo equilibrio antropico, territoriale, sistemico ed eco-sistemico. Bisogna volgere la direzione verso una società a “moderato benessere” riconquistando tempi e qualità e espellendo dalle nostre vite il consumo superfluo, riducendo la velocità e frequenza di movimento spaziale; riconquistare la pari dignità delle diverse funzioni svolte e una uguaglianza reddituale che annienti la competitività tra persone e individui. Se competitività deve esserci, lasciamola all’ambito del gioco e dell’arte come occasioni delfiche a cui tutti siamo chiamati a partecipare per pura e comune ri-creazione e divertimento individuale e sociale. Non parcheggiamo il nostro pensiero su contesti già superati dagli eventi. Abbiamo il dovere di recepire la sintonia dell’evento con il rilancio della battaglia verso orizzonti che sembravano tramontati e che invece si riaffacciano come gli unici possibili per la vita umana su questo pianeta. Lo dobbiamo anche a tutti quelli che sono in prima linea. (Grabriele Giorgi)