Nel suo tradizionale discorso di fine anno, il Presidente Mattarella afrontando il problema dello sviluppo della nazione disse: “In particolar modo è necessario ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d’Italia.

A subirne le conseguenze non sono soltanto le comunità meridionali ma l’intero Paese, frenato nelle sue potenzialità di sviluppo.” [Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, 31 dicembre 2019]

OGGI PRESENTANDO IL PIANO PER IL SUD IL MINISTRO PROVENZANO DICE:

L’Italia ha molte fratture. Le disuguaglianze e le divisioni si combinano e si accentuano nei luoghi. Colmare i divari territoriali non è solo un atto di giustizia, è la leva essenziale per attivare il potenziale di sviluppo inespresso del nostro Paese. Hanno raccontato a lungo un’emergenza immigrazione, per mesi hanno parlato di invasione. Non guardavano al Sud che si svuota, ai paesi che si spopolano, all’esodo delle nuove generazioni che rappresenta la vera emergenza nazionale. Manca il lavoro buono, certo. E servizi di qualità: scuola, salute, mobilità. Ma la prima causa della fuga, o della fatica di quelli che restano, è l’incertezza e la sfiducia sulle prospettive di futuro del Sud, da qui a dieci, vent’anni. Partire dovrebbe essere una possibilità, ora è di nuovo una necessità, l’unica via per migliorare le proprie condizioni di vita. I giovani devono essere liberi di andare, ma devono avere anche l’opportunità di tornare. Il nostro compito è garantire il “diritto a restare”, rendere il Sud non solo “attraente”, com’è, ma anche “attrattivo”: di investimenti, persone, nuove idee.L’Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà. Nessuno si salva da solo. La sfida del Sud è la più difficile di tutta la nostra storia unitaria. Ma non è una causa persa. C’è una grande vitalità e capacità di innovazione, nelle forze sociali e imprenditoriali, nelle forme della cittadinanza attiva, in luoghi che rappresentano il cambiamento possibile, in realtà che sperimentano già quel modello di sviluppo sostenibile che vogliamo perseguire.La politica ha il compito di creare e diffondere condizioni di benessere, accelerare e supportare i processi virtuosi. La premessa è dare risposte alle emergenze e ai bisogni, dove necessario riconquistare territori e cittadini alla legalità. Lo sviluppo e la coesione sono “missioni”. Non riguardano solo i meridionali, ma tutti coloro che sono impegnati nella battaglia per rendere l’Italia un paese più giusto e avanzato. Le istituzioni e i cittadini, la politica e la società devono combatterla fianco a fianco. Consapevoli delle difficoltà, certo, ma anche del mare di opportunità che abbiamo di fronte. Possiamo aprire una nuova pagina. Dobbiamo scriverla insieme. Roma, febbraio 202 1I. Introduzione. UN PIANO PER IL SUD È UN PROGETTO PER L’ITALIA Ridurre i divari tra cittadini e tra territori non è solo la priorità nazionale per un’Italia più unita e più giusta, è la vera opportunità per riavviare uno sviluppo fortee durevole, per riprendere a investire attivando potenzialidi crescita e innovazione inespressi, per creareopportunità di lavoro buono, in particolare per i giovani e le donne.Il Sudvive da troppi anni in condizioni di persistente emergenza sociale. Dopo aver subìto con maggioreintensità gli effetti della Grande recessione (un settennio ininterrotto di crisi 2008-2014), ha fatto registrarenel triennio successivo una ripresain linea con il resto del Paese ma assai distante dalla media Ue e dell’Eurozona, che non ha consentito un pienorecupero produttivo e occupazionale. La spinta diunaripresa troppo debole si è presto esaurita: nel 2019 è previsto il ritorno del segno meno nell’andamento del Pil meridionale. I livelli di attività economica nel Mezzogiorno risultano così inchiodati a quelli dei primi anni Duemila: due decenni perduti per lo sviluppo, che hanno innescato dinamiche sociali profonde. Lafuoriuscita migratoria di massa, in particolare delle nuove generazioni, anche delle componenti più qualificate, èil fenomeno più allarmante per le prospettive future dell’area(SVIMEZ2019a).Bisogna agire con urgenza e determinazione, affrontare l’emergenza ma all’interno di una strategia:investire nel Sud oggi pensandoall’Italiadi domani. Se è vero che il ritardo del Mezzogiorno rappresenta il primo limiteallo sviluppo nazionale, è vero anche l’opposto: è nel problema italiano che si accentua il problema meridionale. Da oltre un ventennio, la stagnazione della produttività e della crescita convive con l’aumento dei divari sociali e territoriali.Per uscire dalla crisi e invertire il declino, l’Italia ha bisogno di una prospettiva di sviluppo e coesione, su cui concentrare un impegno almeno decennale dell’azione pubblica ad ogni livello di governo. Non tutto può e deve essere delegato alla politica di coesione europea finanziata con i Fondi strutturali, la cui attuazione va peraltro migliorata.Abbiamo la necessità di attivare la leva nazionale della politica di coesione, in ossequio all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che negli ultimi anni è stata accantonata(Ufficio parlamentare di Bilancio, 2019a; SVIMEZ, 2019b). Le politiche di consolidamento fiscale degli anni dell’austeritàhanno contribuito ad amplificare gli squilibri territoriali, indebolendo la capacità del welfaredi fornire risposte adeguate ai bisogni sociali dei cittadini(SVIMEZ-IRPET, 2014). Nemmeno quando il tenore della politica fiscale è diventato più 2espansivo, la politica economica nazionale è stata in grado di orientare verso gli investimenti gli spazi di manovra che si aprivano nel bilancio pubblico, per rispondere ai bisogni della produzione e del lavoro(Ufficio parlamentare di Bilancio, 2017a). Il progressivo disinvestimento nel Sud del Paese ha determinato un indebolimento del «motore interno» dello sviluppo, con conseguenze negative per tutto il Paese, che ha visto indietreggiare in Europa anche le regioni più sviluppate del Centro-Nord, non per il peso della “zavorra” meridionale ma per il mancato apporto dei reciproci effetti benefici dell’integrazione economica. Il grado di interdipendenza economica tra le aree, trascurato in questo ventennio di contrapposizione territoriale,è molto forte.La SVIMEZcalcola che ogni euro investito in infrastrutture al Sud attivi 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-Nord. Secondo le stime della Banca d’Italia, un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all’1 per cento del suo PIL per un decennio (circa 4 miliardi annui), avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana1.Investire al Sud fa bene all’intera economia italiana e un riequilibro territoriale della spesa per investimenti pubblici sarebbe non solo efficace nell’area ma efficiente sul piano delle finanze pubbliche del Paese(Panetta, 2019).Nel ventennio di sostanzialestagnazione italiana si è complicata la geografia dei divari territoriali: accanto alla frattura traNord e Sud, in tutto il Paese èaumentata ladivergenzatra centri e periferie, tra città e campagne deindustrializzate, tra aree urbane e aree interne. Fenomeni, questi, che conferiscono un’ulterioreconnotazione “nazionale” al temadella coesioneterritoriale,tradizionalmente associata alla questione meridionale. C’è bisogno di recuperare credibilità e fiducia nelle politiche di sviluppo e coesione. La credibilità che deriva dalla capacità di realizzare gli interventi programmati e di produrre cambiamenti tangibili e miglioramenti nella vita dei cittadini. La fiducia nella costruzione di un Sud che, nel prossimo decennio, da principale problema diventi la grande opportunità per un Paese che vuole ritrovare ruolo e collocazione internazionale.Il Sud non è una “causa persa”.A fronte di una debole dinamica produttiva, aggravata dall’acuirsi di alcune grandi crisi aziendali, che ha escluso una quota crescente di cittadini dal mercato del lavoro, ampliando le sacche di povertà e di disagio a nuove fasce della popolazione, c’è un Sud “resiliente”: un tessuto di imprese (benché relativamente ridotto) che ha dimostrato di saper cogliere e vincere le sfide competitive internazionali, che ha investito (anche grazie ad alcuni strumenti di politica industriale regionale), malgrado il forte disinvestimento pubblico, soprattutto in infrastrutture materiali e immateriali, sociali e ambientali. A dispetto di una retorica ostile, che ha descritto per vent’anni il Mezzogiorno come una “palla al piede” o una “pentola bucata”, c’è un Sud “reattivo”: nel 2015, è bastato un modesto incremento degli investimenti pubblici, connessoalla chiusura del ciclo di programmazione europea 2007-13, per 1«Al Sud il moltiplicatore degli investimenti pubblici potrebbe raggiungere un valore di circa 2 nel medio-lungo termine, beneficiando della complementarità tra capitale pubblico e privato e dei guadagni diproduttività connessi con la maggiore dotazione di infrastrutture. L’economia del Centro Nord ne beneficerebbe per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell’integrazione commerciale e produttiva tra le due aree. Sebbene lo stimolo pubblico ipotizzato abbia dimensioni ridotte rispetto all’economia del Centro Nord, le simulazioni indicano che il PIL di quest’area potrebbe aumentare fino allo 0,3 per cento» (Panetta, 2019). 3determinare un incremento del prodotto e dell’occupazione meridionale superiore al resto del Paese, a dimostrazione della grande capacità dell’economia dell’area di rispondere allo stimolo dell’azione pubblica(SVIMEZ, 2016). Com’è ormai evidente, tuttavia, non basta incrementare le risorse.Occorre migliorare la capacità di spesae la sua qualità. Serve un progetto, una capacità dell’amministrazione pubblica di agire per “missioni” e conseguire risultati,che abbia effetti immediatie offra una prospettiva.Un progetto si basa per definizione su una visione di trasformazione di medio termine,che a sua volta può svilupparsi solo incidendo da subito con determinazione sulle condizioni di contesto attuali.Un progetto non dice solo cosa si vuole fare ma anche come, in quali tempi, con quali impegnie con la responsabilitàdi chi. Un progetto è un’azione collettiva: impone condivisione, cooperazione e azione comune verso obiettivi dichiarati e comprensibili.Un progetto è organizzazione dell’azione per il cambiamento, che tiene conto deldisegno complessivoma punta consapevolmente a priorità che sono nodi cruciali dello sviluppo e (anche) condizioni abilitanti per la crescita di tutte le componenti dell’economia del Sud.Il Piano Sud 2030 prova a fare tutto questo, individuando nelle pagine che seguono: le risorseda attivare e le missionida perseguire, i bisognida affrontare e le opportunitàda cogliere, le prime azionicon cui intervenire e i risultatida raggiungere, le procedureda migliorare e i processida monitorare, gli strumentida utilizzare e i soggettida coinvolgere.