di Salvatore Bonura*(foto accanto) - Leggendo il Piano Sud 2030, presentato a Gioia Tauro dal ministro Giuseppe Provenzano, debbo dire che – a primo acchito – mi sembra una cosa seria che avrebbe meritato ben altra attenzione da parte dei giornali nazionali.

I quali, invece, hanno relegato la notizia tra quelle che si devono dare per una sorta di dovere di cronaca, anche se non corrispondono alla linea editoriale. Considero serio lo sforzo prodotto dal Ministro per il Sud soprattutto perché rovescia il vecchio paradigma di un Mezzogiorno rancoroso e lamentoso, proteso a chiedere nuova questua e ad invocare la Nazione affinché gli paghi i torti storici subiti; proponendo, invece, un altro modello, che in sintesi può tradursi così: come possa essere utile il Sud all’Italia, come il Mezzogiorno possa aiutare il Belpaese ad uscire dalle sue difficoltà, dalla situazione di declino nella quale è precipitato. Declino causato da uno sviluppo a metà dell’Italia, e dal fatto che da troppo tempo i Governi che si sono succeduti hanno rinunciato alle potenzialità esistenti nella parte arretrata della Penisola. Il Piano Sud 2030 mi sembra una cosa seria anche perché, a differenza dei piani, dei patti, dei progetti del passato, è basato sulla concretezza. In questo senso la prima cosa concreta contenuta nel piano è la “clausola del 34%“, che significa l’impegno della Pubblica Amministrazione a destinare una quota di investimenti ordinari almeno pari alla percentuale della popolazione residente al Sud. Una clausola – vale la pena precisarlo – introdotta nella legislazione italiana nel lontano 1994 dal Governo Ciampi; cancellata nel 2008 dall’esecutivo guidato dal duo Berlusconi-Tremonti; ripristinata una prima volta nel 2017 dal Governo Gentiloni (che però non emanò i decreti attuativi) e una seconda volta dal primo Governo Conte (che la estese anche ai piani attuativi delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas). Purtroppo neppure il governo gialloverde diede seguito alla concreta attuazione della norma. Questa volta, invece, sembra la volta buona perché nel Piano si afferma che la clausola del 34% – che da sola nel triennio 2020-2022 vale 7,6 miliardi di euro – sarà attuata entro il 31 marzo di quest’anno. Per ora, però l’unica cosa certa è che il ritardo nell’attuazione della norma è costato al Sud 6,6 miliardi di euro nel triennio 2017-2019. La seconda cosa concreta è il negoziato per la chiusura della Programmazione del Fondo Europeo 2021-2027. Al riguardo l’obiettivo che si propone l’Italia è quello di confermare l’entità degli stanziamenti comunitari per il Mezzogiorno, oltre 30 miliardi di euro. Obiettivo assolutamente raggiungibile, a condizione però che l’Italia dimostri quello che finora non ha dimostrato, e cioè il rispetto del principio di addizionalità degli interventi comunitari. Da questo punto di vista la clausola del 34%, se attuata, può aiutare molto. Rispetto a queste due cose concrete si può obiettare – a ragione – che siamo ancora sul terreno della pianificazione, certamente importante, ma priva di effetti immediati. Ma il Piano del Ministro Provenzano contiene anche misure che partiranno già nel 2020. Tali misure sono:

o la nomina dei commissari per le 8 Zone Economiche Speciali;

o il Piano di coesione e di rigenerazione amministrativa, nel quale rientra un concorso da avviare nel 2020 per selezionare 10 mila giovani laureati da inserire nella Pubblica Amministrazione;

o lo sgravio contributivo del 100% per 3 anni finalizzato favorire l’occupazione femminile (su questo provvedimento occorre aspettare però il via libera di Bruxelles);

o l’iniziativa diretta ai Comuni aventi un tasso di dispersione scolastica elevata che prevede scuole aperte nel pomeriggio per attività culturali, sociali, artistiche e sportive;

o l’estensione della no Tax area per chi si iscrive nelle Università del Mezzogiorno, compensando gli atenei per il minore gettito.

Infine, relativamente alle Università, prevede la concessione di un bonus da utilizzare per favorire l’assunzione per 36 mesi di ricercatori nati al Sud, con almeno due anni di esperienza all’estero e attivi al di fuori del Mezzogiorno. Per quando riguarda, invece, il nodo delle infrastrutture, l’unica certezza consiste nella pubblicazione del bando per la galleria di valico sulla ferrovia Napoli-Bari, un’opera imponente di 27 chilometri che da sola vale 1,5 miliardi di euro. Il Piano, purtroppo, contiene anche impegni generici che avrei preferito non leggere, infatti nel capitolo “nuovi asili nido al Sud“ non c’è una sola cifra, non c’è una sola data, non c’è un solo riferimento normativo. Ciò nonostante la Finanziaria 2020 abbia stanziato 1,5 miliardi di euro da destinare a tutta l’Italia. Quindi sarebbe stato utile, a tal fine, che ci fosse qualcosa di concreto, visto che finora le somme per i nuovi asili nido, furbescamente, sono state destinate dove i nidi ci sono già. In conclusione questo piano presenta luci e ombre. Le ombre più grandi a me sembrano due: una è che arriva troppo tardi, quando molti giovani se ne sono già andati e quando l’economia si sta definitivamente dissolvendo; l’altra è che senza procedure esecutive speciali in grado di superare lacci e lacciuoli rischia di fare la fine di tutti gli altri piani. Quindi occorrono procedure sul modello di quelle adottate per la realizzazione del nuovo ponte di Genova, e una nuova narrazione del Sud da parte di tutti i mass media nazionali – giornali, televisione e web – per mettere in luce la faccia pulita del sud e non sempre quella “sporca”. (Salvatore Bonura * componente segreteria USEF)