INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA IN RICORDO DI VITTORIO BACHELET, NEL 40° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Ringrazio il Vice Presidente e il Comitato di presidenza per l’iniziativa di pubblicare questo volume su Vittorio Bachelet

e per aver promosso questa seduta plenaria, in occasione del 40º anniversario del suo assassinio. Il Consiglio, in questo modo, contribuisce a mantenere viva la memoria del servizio che Bachelet ha reso al nostro Paese. E contribuisce anche alla riflessione sull’attualità del suo impegno istituzionale. Questo impegno faceva seguito a quello sociale, all’impegno civico, a quello culturale e accademico - i suoi lavori scientifici, i suoi testi - quello sull’attività di coordinamento dell’amministrazione pubblica dell’economia, quello sulla giustizia amministrativa nella Costituzione sono tuttora preziosi per gli studiosi di diritto pubblico. Non è senza significato che questa giornata di ricordo di Vittorio Bachelet inizi in quest’aula dove si svolge l’attività del governo autonomo della magistratura. E ben conosciamo il significato dell’intestazione al suo nome di questa aula: qui Bachelet fu infatti testimone dei valori della nostra Costituzione, operando costantemente per promuovere la coesione all’interno del Consiglio, ben conoscendo le fratture ideologiche che lo attraversavano in quel tempo. L’azione che qui ha svolto è l’espressione del suo impegno per la teorizzazione del bene comune attraverso la ricerca delle possibilità d’incontro tra posizioni diverse, una ricerca fondata sull’ascolto e sulla reale apertura al confronto. Era convinto, infatti, che nell’impegno sociale, in quello politico, in quello istituzionale, proprio attraverso il dialogo fosse possibile ricomporre le divisioni, interpretando così il senso più alto della convivenza. Realizzare la composizione delle diversità non significa naturalmente - e non significava per Bachelet - far ricorso a una perversa logica di scambio per decisioni fondate sull’interesse dei singoli o sulla convenienza di gruppi. Si tratterebbe della negazione del pluralismo democratico, essenza della nostra realtà repubblicana, e che Bachelet ha sempre promosso. Guidando quest’organo di governo autonomo, egli ha saputo ricomporre divisioni interne, coniugando fermezza di principi con reale disponibilità al dialogo, nella ricerca del punto di incontro tra prospettive differenti, cercando di fare orientare tutto verso l’interesse generale. Per questo è stato ucciso, perché impersonava il senso più autentico della nostra democrazia. Coloro che si dedicano a questa tessitura di fili unificanti della società e delle istituzioni rappresentano l’ostacolo maggiore, l’ostacolo principale per coloro che si prefiggono di disarticolarle, di abbatterle, lacerando la convivenza. Bachelet a volte manifestava, con evidenza, la possibilità di affrontare e risolvere i problemi utilizzando le regole dello Stato di diritto per colmare le distanze che si aprono nella società ed evitare che divengano conflitti insanabili. Questo suo profondo senso della comunità e dello Stato è stato il motivo del suo assassinio ad opera delle brigate rosse perché dimostrava, con la sua azione, che è possibile realizzare una società più giusta senza mai ricorrere alla contrapposizione aspra e pregiudiziale. Oggi le contrapposizioni ideologiche sono sfumate per motivi storici. Ma rimane sempre, in ogni sede, il rischio di altre contrapposizioni, di contrasti basati sulla pura difesa di posizioni di parte. E su questo piano occorre avere maggior coraggio, ovunque e in qualunque sede. Attraverso il dialogo paziente e tenace occorre ricercare, con disponibilità sincera al confronto, la soluzione migliore per ogni circostanza, e dunque superare sia i pregiudizi sia le soluzioni precostituite. Di questa attitudine, di questa preziosa attitudine, Vittorio Bachelet è stato maestro.