MILENA (CL) – “Se in questi vent’anni abbiamo fatto passi avanti o indietro? Bhè, vent’anni non sono molti dinnanzi alla Storia. In Sicilia, poi…”. Il tono della conversazione è rilassato come l’ambiente che la ospita, l’osteria di Lillo a Milena, in provincia di Caltanissetta:

tortellini ricotta e finocchietto selvatico spaziali, baccalà fritto gustoso ma leggero, una grappa che lascia un buon ricordo. All’intervistatore e all’intervistato, l’onorevole Angelo Lauricella: deputato dal 1987 al 1994 per il PCI, senatore dal 1994 al 2001 per il PDS, membro dell’Assemblea Costituente del PD nel 2007, oggi presidente dell’USEF (Unione Siciliana Emigrati e Famiglie) nonché dell’ANPI di Agrigento. E il discorso parte proprio dal numero mostrato dal calendario, così suggestivo. Ventiventi, 2020. “In Sicilia e in Italia le cose cambiano così spesso che anche un intervallo così ampio si fa esiguo – sorride Lauricella – Molti fatti vissuti in questi vent’anni affondano le radici più indietro, all’epoca di Tangentopoli. Il crollo dei vecchi partiti avviò una trasformazione che non si è ancora stabilizzata”. Nemmeno con la stagione del bipolarismo segnata dal duello tra Prodi e Berlusconi? “L’Ulivo fu un tentativo di rinnovamento e portò a risultati come quello del 2006. Ma già nel 2008 tornava Berlusconi, che nel 2011 ci portava al commissariamento. Il governo tecnico di Monti, con le sue misure lacrime e sangue, produsse nell’opinione pubblica grande incertezza. Se non vera e propria protesta verso le Istituzioni”. “Non è un caso che il Movimento Cinque Stelle arrivi in Parlamento proprio nel 2013 – continua l’onorevole – Intendiamoci, in una certa fase parve che il M5s potesse rappresentare una svolta nel quadro politico italiano. Voleva essere una novità anche l’esperienza di Renzi, nel ruolo di primo piano occupato dal Partito Democratico nella scorsa Legislatura. Ma anche la sua, alla fine, è stata una meteora come quella dei Cinque Stelle”. Un dato certificato nel colpo d’occhio tra il 40% del PD renziano nel 2014 e il 4% di Italia Viva nel 2020. “La verità è che il sistema non riesce più, in una situazione di crisi, a dare risposte alle classi meno abbienti. Questo ha portato all’insorgere di movimenti populisti, con elementi di rancore che attraversano e superano le ideologie”. Rancore che può portare a veri e propri paradossi storici, come una Lega che rimossa disinvoltamente la parola “Nord” dal simbolo raccoglie oggi grandi consensi al Sud. “Nel vuoto di valori della politica d’oggi questo movimento riesce a suscitare molte speranze – spiega Lauricella – Tuttavia il personaggio di Salvini cela una grande inconsistenza. Lo dice la prova dei fatti di un anno di governo: aveva promesso il cambiamento e invece è scappato di fronte alla prospettiva di una Finanziaria difficile”. Da lì la pazzotica crisi ferragostana e la nascita del nuovo governo: “Ma attenzione, la crisi non è soltanto politica. E’ sopratutto crisi economica. Da una decina d’anni l’Italia non cresce. E questo dato inoppugnabile rimette in discussione tutto”. Per esempio il destino del Mezzogiorno, culla di civiltà ma oggi limbo da cui fuggono tanti giovani. “La nostra Sicilia sta vivendo una situazione drammatica – ricorda l’onorevole – La crisi ha portato via le grandi imprese, dalla FIAT in giù. Se pensiamo a com’erano Gela, Priolo e Augusta vent’anni fa e le guardiamo oggi, ci rendiamo conto che siamo in una situazione di completo disarmo. Tutto ciò porta all’abbandono dell’isola da parte della nostra gioventù migliore, la più qualificata, che avendo raggiunto un livello di formazione importante si rifugia all’estero in cerca di opportunità che qui non vede. E così condanna il Mezzogiorno, che resta popolato sopratutto da anziani”. E le responsabilità della politica locale? Lauricella sfoggia grandi baffi bianchi, ma non ha peli sulla lingua: “La crisi risale ai tempi di Cuffaro, che fece grandi danni – dice – Anche l’esperienza Lombardo è stata negativa, visto che non cambiò nulla rispetto alla stagione precedente. Crocetta aveva promesso la rivoluzione, ma deluse le aspettative. Oggi l’esperienza di Musumeci appare abbastanza insipida. Il suo Governo non sembra reggere l’onere di una ripresa siciliana. In tutto ciò si è fermato il dibattito meridionalista in Italia. Una speranza viene dal nuovo ministro per il Sud Provenzano, che esce da un istituto importante come lo SVIMEZ. Ma è ancora troppo poco per parlare di cambiamento”. Forse perché il cambiamento richiede spinte esterne rispetto alla politica, per esempio dal mondo della cultura. “Nel fazzoletto di terra che va da Racalmuto a Porto Empedocle sono nati geni come Pirandello, Sciascia, Camilleri – sospira l’onorevole – Personaggi legati alla tradizione democratica del nostro Paese, capaci di pungere, stimolare, indirizzare il dibattito pubblico. Sciascia, di cui è ricorso il trentesimo anniversario dalla morte, fu l’animatore della battaglia antifascista a Caltanissetta e lo scrittore ponderoso che sappiamo. Camilleri ha saputo innestare il dialetto nella lingua italiana facendolo amare in tutto il mondo. Sono personaggi che vorremmo avere ancora accanto a noi, per aiutarci a far luce in questo periodo buio“. Valerio Musumeci