di Maddalena Loy (da l'Unità) Gli Stati Uniti celebrano l'elezione di Barack Obama, ma i cittadini americani dovranno aspettare ben 77 giorni - fino al 20 di gennaio - prima che il neo presidente si insedi alla Casa Bianca. Il senatore dell'Illinois non vuole tuttavia ripetere l'errore di Bill Clinton, che nel 1992 nominò il suo staff soltanto a pochi giorni dall'insediamento. Così, considerata anche la particolare contingenza economica globale, una squadra governativa dovrebbe essere nominata entro la prossima settimana.

 Obama, secondo il Washington Post, ha intenzione di agire «senza precipitazione, ma velocemente». L'obiettivo del neo presidente sarebbe di evitare che – come ha scritto il New York Times - George W. Bush non faccia ulteriori danni nelle ultime settimane del suo mandato. Nell'editoriale intitolato "Così poco tempo, così tanti danni", l'autorevole quotidiano newyorkese ha elencato una serie di cambiamenti a «regole e regolamenti» in settori come le libertà civili, l'ambiente e l'aborto, le cui conseguenze si potrebbero far sentire per mesi: dalle nuove linee guida dell'Fbi tese a limitare ulteriormente la privacy dei cittadini, a norme più morbide su inquinamento e protezione delle specie in pericolo. Infine, l'aborto: secondo il giornale, «subito dopo il voto, il segretario alla Sanità Michael Leavitt dovrebbe diramare nuovi regolamenti tesi a limitare ulteriormente l'accesso delle donne all'aborto, ai contraccettivi e alle informazioni sulla cure per la riproduzione». In tutto questo, chiosa il New York Times, ci sono tuttavia delle buone notizie: «Mentre Bush lascerà l'incarico il 20 gennaio, ha solo tempo fino al 20 novembre per cambiamenti “economicamente significativi” e fino al 20 dicembre per farne di altri: tutto quello che ci sarà dopo potrà facilmente essere ritirato dal neoeletto presidente. Una volta insediato a Washington, Obama dovrà immediatamente affrontare i temi caldi di attualità. Ecco in sintesi, punto per punto, quale sarà l'agenda del presidente a breve-media scadenza. Crisi economica Passata l'euforia dell'elezione, Barack dovrà affrontare la recessione che si sta abbattendo sull'economia americana e mondiale, a fronte di una reazione dei mercati, all'indomani del voto, piuttosto sobria. Il Dipartimento del Lavoro nel mese di ottobre ha registrato 157.000 nuovi disoccupati. George W. Bush ospiterà, il prossimo 15 novembre, il summit dei leader mondiali a Washington incentrato sulla crisi. Ma Obama ha già consultato telefonicamente Henri Paulson, Segretario del Tesoro uscente, per ribadire le proprie misure anticrisi alla vigilia del vertice: moratoria di 90 giorni sul sequestro di beni immobiliari ipotecati presso alcune banche, riduzione d'imposta di 3mila dollari per le imprese ad ogni nuovo impiego e riduzione d'imposta per facilitare gli investimenti nelle piccole imprese. Nomine Il futuro Segretario del Tesoro, che sarà nominato – sempre secondo il New York Times - entro il Giorno del Ringraziamento che cade il 27 novembre, erediterà una delle poltrone più calde di Washington: Obama sta pensando a Lawrence H. Summers, che ha già ricoperto l'incarico e al presidente della Federal Reserve Bank di New York, e a Timothy F. Geithner. Meno probabile la nomina dell'ex presidente della Federal Reserve (sotto Carter e Reagan) Paul Volcker, classe 1927. Quanto agli altri incarichi governativi, a capo dello staff della Casa Bianca Obama dovrebbe nominare il suo vecchio amico e alleato di Chicago Rahm Emmanuel, mentre il coordinamento del governo di transizione dovrebbe essere affidato a un ex esponente dell'amministrazione Clinton, l'ex responsabile dello Staff della Casa Bianca John D.Podesta. Quanto alla lista dei ministri, all'Istruzione si fa il nome del Cancelliere delle Scuole di New York, Joel I. Klein, mentre alla Sicurezza Nazionale potrebbe arrivare l'ex generale dei marine in pensione Jim Jones. Jim Cooper potrebbe occuparsi del Bilancio. Alla Giustizia si parla di Heric H. Holder Ir. (ex uomo di Clinton ma anche amico personale di Obama) o della governatrice dell'Arizona, Janet Napolitano. Iraq, Iran e Pakistan Il neo presidente dovrà prendere in tempi rapidi importanti decisioni che riguardano la sicurezza nazionale, dalla guerra in Iraq – dove gli Usa hanno impegnato 150mila militari - al programma nucleare iraniano, passando per l'instabilità in Pakistan che contagia l'intera regione. Il programma di Obama prevede il ritiro dall'Iraq in 16 mesi, ma i vertici militari - Mike Mullen e David Petraeus – hanno pubblicamente dichiarato di opporsi ad un'agenda prestabilita. Il Pentagono ha tuttavia reso noto di voler fare il possibile per assicurare alla nuova amministrazione un efficace passaggio di consegne. Afghanistan Obama ha dichiarato di voler rafforzare il contingente americano in Afghanistan, ma i vertici militari hanno fatto sapere che ciò sarà possibile soltanto tagliando le truppe in Iraq. Fonti vicine al Pentagono prevedono l'invio di circa 4mila uomini all'inizio del 2009. Il governo afghano ha manifestato un rinnovato interesse nella riconciliazione con i Talebani: l'amministrazione Obama dovrà decidere fino a che punto supportarla in questa direzione. Cina e agenda di Doha L' amministrazione Obama stringerà, con ogni probabilità, la morsa sulla Cina, aprendo la porta a nuove imposizioni sui prodotti cinesi. Non è tuttavia previsto il lancio di nuovi negoziati – almeno nel primo anno di mandato – né pressioni particolari per accelerare la conclusione dei lunghi negoziati di Doha. Embargo a Cuba Quali misure adotterà la nuova amministrazione Usa rispetto all'embargo a Cuba? Obama ha promesso di «facilitare» le sanzioni «se Cuba muoverà passi significativi verso la democrazia, a partire dalla liberazione dei prigionieri politici». Ma non ha dichiarato di voler porre fine all'embargo, che è in essere da ben dieci mandati presidenziali, sia repubblicani che democratici. E l'Havana per il momento sta alla finestra.