Su Il Foglio di ieri Paola Peduzzi ha scritto un articolo informandoci (criticamente) sul programma dei laburisti inglesi, riprendendo un discorso di John McDonnell, il più stretto collaboratore di Jeremy Corbyn, cancelliere dello Scacchiere nel governo ombra britannico.

Ecco alcune sue affermazioni che hanno provocato reazioni pesanti nel mondo dei conservatori, non solo inglesi: “Il modello business del Paese non sarà più lo stesso; riscriveremo le regole della nostra economia; i lavoratori devono essere parte dei board aziendali, per legge”. Poi ha chiarito: “Siamo pro-business” ma ha messo molti “ma”. Il “ma è un modello in cui le aziende sono partnership invece che macchine da soldi per pochi e privilegiati imprenditori; il ma è far studiare i ragazzi senza l’oppressione dei debiti; il ma è distribuire la ricchezza iniziando dove di ricchezza c’è: tanta, troppo oscena, nessuno ha bisogno o merita di avere così tanti soldi; i ricchi debbono pagare molte più tasse; l’uguaglianza comincia dal posto di lavoro delle aziende; ci deve essere una proporzione 20:1 nel salari del settore pubblico tra chi guadagna di meno e chi di più; se un salariato guadagna 16 mila sterline l’anno, il suo superiore non potrà guadagnarne più di 320 mila”. John McDonnell fa riferimento agli studi che hanno documentato, in maniera inoppugnabile, che con la globalizzazione i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. I laburisti vogliono invertire questa tendenza che si verifica in tutti i Paesi. Voglio subito chiarire che, se ho scritto riprendendo quel che propongono i laburisti, l’ho fatto non per dire che dobbiamo imitarli ma per mettere in evidenza una cosa che ci riguarda e cioè che anche nel nostro Paese c’è una corposa questione sociale. La sinistra è sinistra se pone questa questione come prioritaria ed essenziale nella battaglia politica e civile in Italia. Anche da noi, nelle imprese i lavoratori dovrebbero avere un ruolo e una collocazione molto diversa prevista anche dalla Costituzione. Quel che vediamo in questi giorni, non solo a Taranto ma in tante altre località dove smobilitano aziende che si trasferiscono altrove lasciando le persone senza lavoro, ci dice che a decidere le sorti dell’industria e del lavoro non possono essere solo i padroni delle aziende. Altrimenti quelli sono anche padroni dei lavoratori e del domani del nostro Paese. Ecco perché dico non facciamo, certamente, come quel che propongono i laburisti che partono dalle condizioni del Regno Unito. Ma la questione sociale, connessa con lo sviluppo del paese e l’attuale condizione del lavoro, non può essere ignorata e sottovalutata. Ha bisogno di politiche innovative che limitino il potere e l’arbitrio di chi ha la proprietà delle aziende. Del resto, la Costituzione (art. 41) dice, come ho ricordato, che la proprietà deve avere un ruolo sociale. È chiaro? (Emanuele Macaluso 21 novembre 2019)