(Salvatore Augello) Avevamo detto l’altro giorno, che avremmo affrontato a parte l’argomento scuola, per approfondirlo, data l’importanza che esso riveste e la brutalità con cui viene affrontato dall’attuale governo. La fretta di fare riforme da parte di questo governo e di farle senza nemmeno sentire le parti in causa, o facendolo solo formalmente, visto che non tornando indietro dal disegno tracciato,

 porta ad avere riforme che invece di fare bene al settore riformato, lo danneggiano ulteriormente. E’ il caso della scuola, che non riesce ad avere un assetto definitivo, fatti salvi gli aggiornamenti fisiologici. Ogni ministro, appena insediato comincia a parlare di riformare la scuola. Lo ha fatto la Moratti, lo ha fatto Fioroni, per non essere di meno, lo vuole fare anche la Gelmini. Ma una riforma è una cosa seria e quella della scuola lo è ancora di più, se si pensa che la scuola non solo deve garantire a tutti il diritto di accesso allo studio, ma deve anche essere in grado di preparare la classe dirigente di domani. Ora, siccome siamo in tempi di vacche magre, occorre mettere a posto i conti pubblici e tagliare gli sprechi. A nessuno, però, penso, sarebbe mai venuto in testa di considerare uno spreco i soldi che si spendono per la scuola, perché fino ad ora ero convinto che non solo sia utile, ma rappresenta il miglior investimento che un a società possa fare. Certo, rappresenta un consto sociale, ma è un consto che serve a costruire il futuro di questa società, a metterla al pari con i tempi, a creare professionisti seri, affidabili, che però non debbano poi essere costretti a lasciare l’Italia per cercare occasioni migliori di mettere a frutto la propria professionalità. Questo sì, rappresenta uno spreco, ma anche il, frutto della cecità di una classe dirigente che dovrebbe guidare il paese. Ora, dove ci porta detta in maniera comprensibile la riforma della Gelmini? Vediamola intanto in numeri. Dovendo risparmiare, l’ormai famigerato decreto 112/2008, riduce di 7,8 miliardi di euro la spesa per la pubblica istruzione, quindi occorre tagliare e questo lo si può fare attraverso la riforma pensata dal governo del cavaliere, che porta come prima cosa ai seguenti risultati:

 - Si vuole procedere ad accorpare le scuole, chiudendo quelle che non raggiungono i 600 allievi, cosa che porterebbe ad un notevole risparmio, certo, ma che remerebbe anche notevole problemi, prima di tutto ai ragazzi, che dovrebbero spostasi da un posto all’altro per raggiungere la nuova sede. Una nuova sede che potrebbe anche essere in un paese vicino, con grave disaggio per i genitori che dovrebbero accompagnare i ragazzi a scuola, per le casse dei comuni che dovrebbero provvedere ad organizzare i trasporti per le scuole dell’obbligo. Davvero un bel risparmio se si pensa che invece di investire nell’edilizia scolastica, so mira a tagliare le scuole.

- Quando avremo tagliato 4.000 scuole, perché tanto sarebbe l’esubero, avremo certamente non colpito le grandi città, ma i piccoli paesi resterebbero svantaggiati. Alcuni conti fatti, portano ad individuare il 37% di queste scuole da chiudere in sole tre regioni del sud: la Campania (14%), la Sicilia (13%), la Calabria (10%), per un totale di 1.495 scuole. Davvero un bel regalo per questo sud, che rimane nel mirino di questo governo fin dal primo giorno del suo insediamento, quando gli è stato fatta pagare l’ICI che il cavaliere ha abbonato a tutti, ricchi e meno ricchi. Che succederà se a causa di questa riforma dovrebbe aumentare l’evasione dell’obbligo scolastico, specialmente in quel sud, costellato di piccoli paesi per lo più al di sotto di 5.000 abitanti ed anche meno. Non solo queste regioni hanno pagato un duro prezzo all’emigrazione, rimanendo spopolati, decimati negli anni passati, ma oggi dovrebbero pure pagare in termini di strutture questa loro dimensione relativa alla popolazione.

- Ma c’è un altro grande risultato che raggiungerebbe questa riforma. Il ritorno al maestro unico, creerebbe un’altra grande fonte di risparmio, ma creerebbe 60.000 nuovi disoccupati, senza contare i disaggi dei ragazzi che non potrebbero più avvalersi nemmeno dell’insegnante di appoggio che li aiuti a superare il gap dovuto al loro svantaggio ereditato da una natura poco benigna.

Se queste sono le riforme, è davvero il caso di dire a questo governo: riforme? No grazie.