Oggi e domani, noi italiani residenti nei Paesi dell'UE, votiamo presso i seggi organizzati dai Consolati. Con il nostro voto, decidiamo quale Europa vogliamo: quella della libertà, della democrazia e della solidarietà o quella dei nazionalismi, dei muri, della paura.

Per il Parlamento Europeo, vi invito a votare la lista PD-Siamo europei, per una vera integrazione politica europea, per costruire l’Unione Europea del sociale, dello sviluppo sostenibile e dell’innovazione, con al centro la persona e le ragioni della convivenza solidale e pacifica. Care amiche e cari amici, Per noi italiani che viviamo l’Europa, il voto di questo fine settimana è un diritto al quale non possiamo rinunciare. L’Europa è la nostra casa e abbiamo il dovere di difenderla dai sovranisti e dalle correnti di antipolitica e di xenofobia che hanno un unico obiettivo: destabilizzarla e indebolirla. La sovranità assoluta, tanto invocata dai sostenitori della Brexit (e che ha tanti imitatori anche nel nostro paese), ha già mostrato tutti i suoi limiti e nessun Paese, da solo, può affrontare le sfide della globalizzazione, del confronto commerciale, economico e tecnologico, ma anche politico e sociale con le grandi potenze, Usa e Cina.

L’EUROPA CHE VERRÀ, DUNQUE, SARÀ QUELLA CHE DECIDIAMO NOI CON IL NOSTRO VOTO. E OGNI VOTO CONTA.

Le prossime consultazioni europee si giocheranno sostanzialmente sue due motivi: 1) portare nel Parlamento uno schieramento di forze democratiche pronte a rinnovare le politiche europee spostando l’asse di equilibrio dalle politiche di risanamento e di salvaguardia finanziaria alle politiche sociali e di sviluppo territoriale; 2) scongiurare il rischio che i sovranisti e populisti distruggano l’Europa che abbiamo costruito in oltre cinquant’anni di vita, la isolino nel contesto internazionale e la frammentino in entità chiuse e ripiegate in loro stesse. Dal modo come questi nodi saranno sciolti dipendono non solo la situazione e le prospettive di ognuno dei popoli ai quali apparteniamo, ma gli stessi equilibri internazionali. Il mondo ha bisogno di un’Europa democratica, rispettosa dei diritti umani ed equilibratrice. Non siamo, dunque, di fronte ad una qualsiasi scadenza elettorale, ma a un passaggio epocale che riguarda la difesa dei valori di fondo della democrazia e gli equilibri internazionali. Noi italiani abbiamo “il privilegio” di non dovere guardare nella palla di cristallo per indovinare che cosa accadrebbe se vincessero le forze sovraniste e populiste perché, purtroppo, da noi sono al governo da ormai un anno. La prima reazione di queste forze che legano la ricerca del consenso ad uno sfrenato propagandismo è quello di approvare, costi quel che costi, i loro provvedimenti-bandiera. Senza pesare le compatibilità generali con lo stato delle finanze, la congiuntura economica internazionale e quella interna, la necessità di non stravolgere le regole finanziarie della stessa UE. Per non parlare delle ricadute sociali di certe scelte, da noi ampiamente discusse in ambito parlamentare. Basti pensare agli aspetti paradossali del Reddito di cittadinanza, un sussidio che è contro la povertà, ma colpisce gli esclusi; obbliga alla mobilità forzata; penalizza le famiglie numerose e i senza fissa dimora; esclude gli stranieri extracomunitari residenti da meno di 10 anni. Un secondo campo di verifica, non meno allarmante, è quello dei diritti umani, con riferimento soprattutto alla vicenda dei migranti. Il corpo del migrante bambino ripescato nel Mediterraneo con la pagella scolastica cucita del giubbotto e le disperate invocazioni provenienti da coloro che in Libia sono oggetto di ogni forma di violenza sono capi di accusa morali e umani che segneranno in modo indelebile, per sempre, la disumanità e la mancanza di etica delle azioni del governo gialloverde. Si aggiunga poi il fatto che con il Decreto “Sicurezza” decine di migliaia di persone, regolarmente accolte per motivi umanitari, sono state messe in strada, diventando massa di reclutamento per gli “imprenditori” dell’illegalità. Questo governo, che non manca di rivendicare quotidianamente il proprio obiettivo di riformare le politiche europee dell'immigrazione, è completamente assente dalla scena europea. Lega e M5S hanno sempre boicottato la riforma del Regolamento di Dublino volta a garantire il ricollocamento obbligatorio e automatico dei richiedenti asilo tra gli stati membri dell’Ue, conformemente al principio di equa ripartizione delle responsabilità sancito dal Trattato sul funzionamento dell’Ue. Dall’insediamento del governo Lega-M5s, il ministro Salvini ha partecipato a un solo vertice europeo – sui sei convocati – in cui era in discussione la riforma di Dublino. L’impegno rivendicato dal M5s e dalla Lega non risulta nemmeno in occasione del voto sulla riforma del regolamento di Dublino al Parlamento europeo. I rappresentati del M5s hanno votato contro, mentre quelli della Lega si sono astenuti. Non solo. Anche nell’ambito delle commissioni del PE, la Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato che si sono tenute nel corso di due anni. Ecco, per onestà, dobbiamo dirci che il dossier dei migranti non esiste solo sul tavolo del governo giallo-verde ma anche sul tavolo delle istituzioni europee e dei governi dell’Unione. Certo, non esistono soluzioni miracolistiche, ma nel campo dei diritti umani, soprattutto quando è in gioco la vita delle persone, non ci si può girare dall’altra parte. I danni che questo spirito di contrapposizione e di esclusione può determinare alla coesione di una comunità transnazionale come quella italiana li possiamo vedere anche come italiani all’estero. Il “prima gli italiani”, ad esempio, dove per “italiani” s’intendono solo quelli metropolitani, ha determinato l’esclusione di coloro che volessero tornare ed utilizzare il reddito di cittadinanza per reinserirsi in un percorso lavorativo in Italia. La diffidenza per lo straniero e l’intento di ostacolarlo ad ogni costo ha provocato la richiesta del requisito del possesso certificato della lingua italiana per richiedere la cittadinanza per matrimonio. E così per le macchine con targhe estere, che possono provocare legnate ai loro possessori anche quando si tratti di frontalieri o di familiari di emigrati. A chi giova tutto questo? Con altrettanta chiarezza, però, dobbiamo dire che molte cose sono da rivedere anche tra di noi. L’Europa, in sostanza, va difesa dai sovranisti, dall’antipolitica e dalla xenofobia, ma così com’è non va bene: deve cambiare. La rotta da seguire non è difficile da individuare, semmai è difficile da applicare. La solidarietà, i diritti, il lavoro, la sfida ambientale devono essere la nostra stella polare. Affrontare la nodale questione del lavoro, in particolare delle giovani generazioni, della sua precarietà, dei livelli di retribuzione, della sua qualità in relazione agli studi fatti e alla professionalità acquisita, significa non solo rispondere alle urgenze sociali di oggi, ma anche costruire il futuro di un’Europa più equa e più dinamica. Il modello di welfare europeo è stato uno dei punti più alti della civiltà sociale del pianeta. Non possiamo avere nostalgie per il passato, ma non possiamo smarrire la strada che i nostri genitori hanno aperto.

PER QUESTO, L’EUROPA CHE VERRÀ PER NOI DOVRÀ AVERE IL CORAGGIO DI INVENTARE IL FUTURO DEI GIOVANI MA ANCHE UNA PROFONDA RADICE DI DEMOCRAZIA E DI GIUSTIZIA SOCIALE.

Per questo, è necessario vincere la delusione e l’intenzione di non partecipare. È necessario convincersi e convincere i propri conoscenti che mai come in questo momento è importante votare ed esprimere un voto di difesa della democrazia, di costruzione del futuro e di speranza. Angela Schirò