Spesso la impotenza dei comuni o la connivenza di alcune istituzioni, hanno portato a quello che oggi è drammaticamente sotto i nostri occhi: la natura che si ripiglia i suoi spazi e lo fa con violenza causando anche morti oltre che distruzioni.

Ultima tragedia quella di Casteldaccia in provincia di Palermo, dove nove persone perdono la vita, due famiglie distrutte per avere scelto di passare un fine settimana in una villetta costruita a margine del torrente Milizia. Una villetta che non doveva trovarsi lì perché dichiarata abusiva con una provvedimento di demolizione pendente da dieci anni. Quello di Casteldaccia è solo un esempio e nemmeno l’ultimo purtroppo, di una politica dissennata dell’ambiente e di difesa del territorio. Il contrasto all’abusivismo non ha dato i frutti sperati ed in Italica si continua a costruire abusivamente, perché si sa che prima o poi arriverà un condono che sanerà anche l’insanabile rendendo legale ed a norma lo scempio che è sotto gli occhi di tutti. E’ la forza dei numeri a condannare una politica inadeguata che ha fatto del territorio terra di nessuno dove si può fare tutto. Secondo una ricerca di Legambiente del 2015, che ripiglia i dati dell’ISTAT, a quella data nel Sud si riscontrava che il 47,3% del patrimonio edilizio risulta essere abusivo così come il 18,9% quello del Centro ed il 6,7 % quello delle regioni del nord. Come si vede, nessuna regione si salva dall’abusivismo, ma quello più macroscopico lo si riscontra nelle regioni del Sud. Comuni come Palma Montechiaro, Licata, Gela, Campobello di Licata, Termini Imprese e tanti altri, hanno una paurosa percentuale di costruzioni abusive insanabili con sentenza di demolizioni. Ad un convegno di Legambiente si è appreso che nella sola provincia di Agrigento, sono depositate ben trentaseimila istanze di sanatoria per effetto dei condoni molte delle quali respinte perché insanabili e quindi in attesa di essere demolite, ma sono ancora là e se qualche sindaco mobilita le ruspe, arrivano minacce, manifestazioni, ritorsioni. Tutto ciò, rende impossibile l’intervento dei comuni, che sono abbandonati al loro destino senza un adeguato supporto non solo finanziario, ma principalmente istituzionale. Lo stato, infatti, non si trova accanto ai comuni con la forza che gli deriva dal ruolo e dalla carica che rivestono i vari ministri, l’esposizione dei sindaci è troppo evidente e densa di pericoli, per portare a termine una sentenza di demolizione. Lo scempio che inevitabilmente ne deriva è sotto gli occhi di tutti: case costruite a bordo del mare, case costruite lungo gli argini dei fiumi ed in alcuni casi anche all’interno dello stesso letto dei corsi d’acqua, case costruite sulle alture dove si abbattono alberi e si spianano colline pur di costruire, senza nessun rispetto per l’ambiente e senza nessuna riflessione sul pericolo che incombe su costruzioni di questo genere. Sintomatico resta il disastro di Ricopiano, che fece 29 vittime, per il crollo di un albergo investito da una valanga. Un albergo che non solo non doveva essere lì, o non doveva avere quelle dimensioni, ma alla fine risulta che il proprietario era anche in possesso di tutte le autorizzazioni. Ultimo esempio, come abbiamo già ricordato, quello di Casteldaccia che ha visto la morte di nove persone, per l’allagamento di una villetta che da dieci anni doveva essere demolita ed invece era fornita anche dell’allaccio della corrente elettrica, così come parecchie altre case della stessa zona, che si trovano su suolo inedificabile, ma che rimangono lì. Senza parlare dello scempio dei nostri boschi, dove non solo il maltempo infierisce e fa danni, ma anche i piromani, gli speculatori che pensano di liberare aree per costruire in zone dove non è possibile. Ogni anno, centinaia, migliaia di ettari di bosco vengono distrutti da incendi che non si possono certo imputare ad autocombustione. Il tutto con buona pace, in Sicilia e non solo di un esercito di operai forestali che dovrebbero tenere il sottobosco pulito come uno specchio per evitare che le frasche secche d’estate diventino facile esca per fare partire gli incendi. Alla fine, la natura risponde a modo suo a tutti questi scempi, allo scempio del territorio che sempre più viene occupato da case non solo abusive, ma spesso inutili, mentre i centri storici si svuotano ed un grande patrimonio edilizio che potrebbe ancora essere recuperato, crolla sotto lo scroscio delle acque o solo sotto il peso degli anni e della mancata manutenzione. Centri storici dove edifici fatiscenti vengono anche occupati o diventano luoghi e spazi di malaffare privi di ogni controlli dove spesso si consumano delitti e soprusi come l’ultimo avvenuto a Roma che ha portato alla morte di una sedicenne: Desiré, vittima non solo dello stupro di un branco di delinquenti, ma anche dell’indifferenza di una popolazione che ormai si è assuefatta a questi avvenimenti, tanto da non intervenire, da non chiamare nemmeno le forze dell’ordine. Dove va questa nostra società? Dove ci porterà questa dissennata gestione del territorio che oggi ci espone alla vendetta di una natura e che si ripiglia i propri spazi in questo modo cruento per colpa della mano dell’uomo e dell’ignavia di istituzioni preposte a vigilare affinché certe cose non accadano? Speriamo almeno sia da esemio e da sprone quello che succede, per svegliare le autorità ma anche per suggerire alle persone di rispettare le leggi e le regole, comprese quelle che regolano l’uso del territorio e dell’ambiente. Salvatore Augello 6 novembre 2018