di Tonino D’Orazio (foto accanto) -  Le crisi sono pilotate e nulla succede spontaneamente a causa del “mercato”. Siamo di nuovo davanti a una crisi e non ci siamo ancora rialzati da quella di dieci anni fa. Non c’è nulla di scientifico nell’economia, malgrado molti soloni pensino che sia simile alla matematica,

ma ci si avvicina solo con un’analisi tecnica che parta dal passato e segua la solita sperimentazione galileiana per enunciare una realtà oggettiva, verificabile e affidabile. I grafici, in genere permettono una comprensione rapida e sicura. Le minacce di una nuova forte crisi sono dovute dall’incrocio di due dati di primaria importanza: il prezzo del petrolio e i tassi d’interessi. Quasi mai messi insieme e comparati. Eppure ogni volta che salgono insieme ci ritroviamo nello scoppio delle cosiddette “bolle speculative” colpevoli transitive delle crisi. (Graf. 1) Si può notare come l’aumento del prezzo del petrolio e l’aumento dei tassi di interessi conducono alle crisi “pilotate”, perché decisioni puramente umane. Solo tra il 2012 e il 2015, pur avendo un prezzo elevato del petrolio, i tassi d’interessi erano talmente bassi che hanno compensato, in termini macroeconomici, quel valore. Invece se verifichiamo tra 2005 e 2007 vediamo salire la coppia così come sta avvenendo dal 2016 ad oggi. Stessi metodi, stessi parametri. Un petrolio che continua a salire insieme ai tassi d’interessi ci può portare allo stesso livello del 2008-2009 e a una previsione disastrosa. La dimostrazione è in quest’altro grafico. Quando i due dati sono elevati avviene un prelevamento meccanico nell’economia, talmente forte da condurre a una grossa recessione. (Graf. 2) Si può notare come la Fed abbia aumentato i tassi prima della crisi del 2007/2008 e ciò sia avvenuto in contemporanea all’aumento del prezzo del petrolio in accordo con l’Opec. Oggi, e sin dal 2016, abbiamo la stessa configurazione, con una Fed che ricomincia a far salire i tassi d’interesse per preparare la prossima crisi. Da queste crisi solo loro, che hanno il metro-dollaro ne escono ogni volta vincitori. Chiaramente un barile a 150$ soffocherà sicuramente la crescita mondiale ed è logico allora avere una recessione, soprattutto aggiungendoci una guerra commerciale in atto. Le recessioni conducono a fallimenti ovunque e a una grande distruzione di ricchezza prodotta e di denaro. Come nel 2008, e le difficoltà continuano ancora per molti, se non per tutti i paesi. Aumentando i tassi e il prezzo dell’energia, l’economia mondiale viene spinta direttamente contro un muro. Quindi non c’è nulla di magico o di fatale, c’è solo chi pilota. Di fronte a questo lo spread italiano fa sorridere. Per riportare Trump alla globalizzazione serve un’altra crisi mondiale, anche se momentaneamente la Borsa americana debba rimetterci per un periodo. Siamo in piena campagna elettorale americana dei mid-terms e Trump vanta un bilancio economico piuttosto buono. E una bella crisi non dispiacerebbe ad alcuni. Tra l’altro la Fed è una istituzione privata, crogiolo di interessi privati e particolarmente potenti. Si è aperta ufficialmente una lotta gigantesca e all’ultimo sangue tra Fed e Casa Bianca, tra Wall Street simbolo della finanza globale e Main Street simbolo dell’uomo della strada. In verità tra elite capitalistica e classe media (vero elettorato di Trump). Tra finanza mondialista e politica sovranista del popolo. Se la Fed fa salire i tassi d’interessi, (quarto rialzo previsto in novembre e caldamente richiesto dal Fmi), creerà una crisi. Se sale troppo creerà una insolvenza generalizzata, una penuria di massa monetaria e un disastro sistemico mondiale molto utile a risoggiogare tutti e continuare a rapinare gli Stati e i popoli esangui a basso costo. Come avviene da una crisi pilotata a un’altra. Una politica privata assurda. Lo stesso Trump ha dichiarato:“Penso che la Fed stia facendo un errore. Sono talmente duri. Penso che la Fed sia diventata matta”. “E’ una guerra, una guerra senza morti apparenti ma comunque una guerra mortale”. (Mitterand)