Era lecito pensare che i ripetuti insuccessi del PD, fossero serviti almeno a fare rinsavire Renzi, facendogli capire che se uno si dimette, si deve poi comportare di conseguenza facendo uno e anche più passi indietro. Passi reali e non fittizi. Così come era lecito aspettarsi un dibattito dove non solo trovasse posto una necessaria autocritica sugli errori commessi,

ma vi trovasse principalmente posto l’argomento principe oggi sul tappeto: “dove vuole andare la sinistra?” E ancora: “quale ruolo si vuole ritagliare una sinistra moderna all’interno di una società stremata dalla lunga crisi?” Così invece non è stato. Per quanto attiene al dibattito politico, niente autocritica, niente progetto politico su cui confrontarsi, capace di contrastare la linea populista del governo e dare risposte concrete alle esigenze della gente. Ci sono state delle risposte, certo, ma non sono state esaustive di un dibattito serrato che sembra ancora volere evitare rimandandolo ulteriormente al prossimo congresso. Una delle decisioni, finalmente ha dotato il PD di un segretario a pieno titolo e non più reggente. L’altra è stata quella di avere fissato, anche se approssimativa, la data del congresso, mettendo in moto la macchina congressuale che deve portare ad un cambiamento di passo del PD, oltre che ad un gruppo dirigente che si spera più coeso e rispettoso delle diversità interne che non vanno lette come limiti, ma come arricchimento di un necessario dibattito che tenga conto della pluralità interna di vedute. Diversa da quanto ci si poteva aspettare. È stata invece la condotta dell’ex segretario Matteo Renzi. Egli, pur riconoscendo innegabili responsabilità, non ha lesinato rimproveri e ammonimenti a tutti quelli che non la pensano come lui e che hanno una visione diversa di partito e di sinistra. In primis, ritiene che sia stata timida e incompleta la rottamazione, come a dire che ci sono ancora dirigenti da rottamare. Eppure quasi tutti i cosiddetti post comunisti, sono fuori, così come si sono allontanati dirigenti che secondo il disegno renziano erano troppo di sinistra e quindi non dovevano avere spazi per attività all’interno del PD. Ha attaccato Gentiloni, che pure si è comportato bene nel tempo che ha gestito il governo, tra l’altro in perfetta continuità con il governo precedente. Qui Renzi dimentica che subito dopo le elezioni, dopo avere annunziato le sue dimissioni, non si è presentato all’assemblea del PD, non ha relazionato sulla situazione politica ed ha preferito andare altrove, come ultimamente, invece che occuparsi del partito, si è dedicato alle conferenze fuori dai confini italiani. Eppure, nelle sue apparizioni pubbliche in televisione, come quando è andato da Fazio, non si è certo preoccupato di lanciare messaggi forti e di dettare la linea al PD, anticipando anche decisioni dei legittimi organismi, dimostrando che tutto sommato era lui al comando. Si direbbe che vuole ancora portare avanti la sua vecchia passione di rottamatore, dopo avere quasi rottamato il PD. Pensiamo sia finito il tempo dei rinvii e delle scaramucce interne, mentre fuori gli altri non solo hanno conquistato il potere, cosa che farà fare notevoli passi indietro agli italiani, ma si attrezzano per durare a lungo al timone della barca Italia. Bene arriva allora il congresso che l’assemblea in linea di massima ha fissato, così come le primarie, in modo da completare il tutto prima delle europe e di presentarci all’appuntamento elettorale con un partito che ha finalmente ritrovato una linea politica ed un progetto credibile. Renzi minaccia tutti dicendo che vincerà ancora un volta il congresso? In democrazia tutto è possibile, purché si operi con trasparenza tenendo presente gli interessi di quelli che vogliamo rappresentare. Bella domanda! Chi vogliamo rappresentare? La classe operaia intesa alla vecchia maniera? Ma essa non esite più,ormai ha subito profonde modificazioni strutturali ed intellettuali, sia perché esiste la globalizzazione, sia perché il mondo va avanti e sarebbe sbagliato non rendersene conto. E’ una nuova classe operaia quella che dobbiamo cercare di rappresentare,. La classe media che la crisi ha messo in gravi difficoltà, la piccola e media impresa gravata da tasse e balzelli che vanno rivisti, i giovani che non trovano lavoro ed i quali hanno il diritto di averne uno per potere assicurarsi un futuro dentro i confini della nazione. Sono le classi più deboli che ci chiedono di essere ascoltate, capite, aiutate; che ci chiedono di tornare alla politica con la P maiuscola, lasciando le diatribe interne, le lotte intestine, fuori dal partito che deve tornare a fare politica di sinistra, senza rincorrere nessuno, ma occupando lo spazio a cui la sinistra ha diritto nell’interesse della nazione e della democrazia. Pluralismo nelle diversità, reciproco riconoscimento, democrazia interna, confronto, in una parola: “UNITA’ DELLA SINISTRA e del CENTRO SINISTRA” in tutte le sue componenti, attorno ad un progetto politico di ampio respiro che non solo deve guidare l’unità interna, ma deve essere perno per una nuova Europa oggi messa in pericolo dai sovranisti, dall’intolleranza, dal bullismo politico che oscura valori come accoglienza, integrazione, umanità. Ce la farà il PD ha iniziare questa inversione di tendenza? Noi speriamo ardentemente di si, perché siamo nati a sinistra e nella sinistra vogliamo restare a fare ancora la nostra modesta parte nel rispetto delle regole e della costituzione, in difesa della democrazia e della libertà, prima di tutto quella interna. Salvatore Augello