La paura (comprensibile) del voto ravvicinato ha convinto dunque Berlusconi a consentire la nascita di un governo imperniato su M5S e Lega. Personalmente ritengo si stia preparando uno scenario pessimo per l’Italia e rischioso per l’Europa. Pessimo per l’Italia perché,

unendosi due forze che hanno in comune soltanto il livello di irrealizzabilità delle promesse presentate agli elettori, non si capisce su quale programma - economico, sociale, istituzionale - potranno muoversi. Due costituencies diverse, una più radicata nel Nord dei ceti medi produttivi, l’altra più forte al Sud tra giovani e dipendenti pubblici; due idee molto distanti sul ruolo dello Stato per esempio su welfare e fisco; due diversi orizzonti ideologici, con la Lega fortemente ancorata a destra, sul piano dei valori e delle alleanze in Europa, e i 5S come formazione in cui convivono istanze più movimentiste e “di sinistra” e istanze populiste e qualunquiste; due diversi livelli di esperienza di governo, con la Lega forte di una leva di amministratori locali eletti ora in Parlamento e il M5S che ha raccolto una rappresentanza variegata in cui ai giovani grillini dei meet up si mescolano persone di varie provenienze, professionali e politiche, spesso prive di precedenti esperienze istituzionali. Quindi l’unica vera affinità tra i due contraenti è l’essersi presentati agli elettori come forze “antisistema” e aver ottenuto consensi grazie ad una dose abnorme di demagogia. Ora, insieme, sono alla prova del governo. Non sono tra quanti auspicavano questo esito, non lo consideravo l’unico possibile, temo che ci riserverà sorprese negative e che comporterà rischi per la credibilità del nostro Paese a livello internazionale ed europeo. Poiché non mi sono mai iscritta al partito del “tanto peggio tanto meglio” non vedo nulla per cui festeggiare. Ad un governo così il Pd non potrà che fare opposizione, in particolare se - come hanno promesso - cercherà di disarticolare le riforme degli ultimi anni e innestare la marcia indietro rispetto al percorso di crescita e di modernizzazione faticosamente imboccato dal nostro Paese. Così come non potremo che contrastare duramente ogni tentativo di spostare l’asse della politica estera ed europea sul fronte “sovranista”, indebolendo il nostro legame con gli alleati e il nostro peso tra i Paesi fondatori in un momento cruciale della vita del progetto dell’Unione Europea. Le parole nettissime pronunciate oggi dal Presidente Mattarella sull’Europa spero arrivino alle orecchie giuste. La qualità e le forme della nostra opposizione non sono scontati: dovremo tornare sui dati della sconfitta del 4 marzo e dovremo riflettere - a mio avviso criticamente - sulle nostre priorità, sul nostro messaggio, sulla nostra comunicazione politica. Se vorremo efficacemente contrastare il governo “ircocervo” dovremmo a mio avviso evitare il “populismo dell’antipopulismo”, il ricorso alla polemica su ogni minuzia, allo slogan e all’hashtag al posto della proposta e dell’iniziativa politica in Parlamento e nella società. Un'ultima considerazione. La formazione del governo - che nei prossimi giorni avrà la fiducia del Parlamento - allontana il ritorno alle urne. Per il Pd è il tempo della riflessione e della ricostruzione, non delle conte per il “comando” nel partito. Lo stato della nostra organizzazione sul territorio è molto critico, le realtà che vanno al voto a giugno sono alle prese con uno scenario politico post 4 marzo del tutto sfavorevole (oggi peggiorato se si consoliderà l’alleanza 5S-Lega). Dopo una sconfitta così le differenze di opinione nel Pd hanno bisogno di esprimersi e confrontarsi senza produrre deflagranti divisioni all’esterno. In particolare credo sia necessario discutere su come pensiamo di stare nel processo di possibile riarticolazione del sistema politico italiano, a maggior ragione dopo la formazione di un governo formato da M5S e Lega. Non condivido affatto l’idea che sia auspicabile (e possibile) un nuovo bipolarismo, imperniato sulla contrapposizione populismo/antipopulismo, da cui possa nascere un nuovo partito frutto dell’incontro tra ciò che resta del Pd e ciò che resta di Forza Italia. Credo invece che per il Pd sia necessario aprire un cantiere del tutto nuovo per unire tutte le forze progressiste, riformatrici, di sinistra, rivolgendo molto l’attenzione a ciò che si muove nella società, nei movimenti civici, ai soggetti dell’innovazione culturale e sociale che si stanno misurando con le contraddizioni reali di questa globalizzazione, valorizzando anche le nostre più importanti esperienze amministrative come quella del sindaco Sala e del Presidente Zingaretti. Per questo penso che all’Assemblea Nazionale (convocata per il 19 maggio) sarebbe utile affidare a Martina il compito di avviare questo lavoro, di riaprire un canale di incontro e comunicazione con gli elettori che ci hanno abbandonato, per condurre il nostro partito ad un congresso vero e ben preparato. Sui tempi e le modalità abbiamo qualche giorno per pensarci e per lavorare ad una proposta unitaria, inclusiva e condivisa, in grado di segnare davvero un nuovo inizio nello spirito originario del Pd. (Marina Sereni)