Anche se la Corte d’Appello di Roma non si è ancora ufficialmente espressa, ormai i risultati sono davanti a tutti e ci consegnano la pattuglia degli eletti all’estero.
Diamo allora un’occhiata a questi risultati cercando di leggere bene il messaggio che essi ci trasmettono.


Se è vero che il PD resta il primo partito tra g,li emigrati, è anche vero che esce ridimensionato dalla difficile battaglia elettorale.
s<ul campo lascia due senatori, quello dell’America Settentrionale e Centrale che passa al ce ntro destra e  quello dell’America Meridionale cche viene eletto dall’UDSEI di Digregorio e Cario.
Restando in America Latina, non gode miglior salute il MAI, che cede u n deputato all’USEI scendendo da due ad uno.
Diverse sono le motivazioni che portano a tale risultato certamente no  soddisfacente per il PD. La prima e la più grave,  a mio modesto avviso, è certamente quella che non è stata tentata la strada delle liste unitarie del centro sinistra, almeno all’estero.
Qualche stratega avrà pensato che era meglio presentare più liste, sbagliando ed ignorando la vecchia massima che “l’unione fa la forza”. A ben seguire quello che è successo, si direbbe che non ci sia no stati interlocutori con cui discutere e confrontarsi per cercare una soluzione unitaria.
La Grassellino Che “dirigeva” da Cicago, Stumbo che non sapeva con chi incontrarsi. la Lorenzin che andava per conto suo.
E ancora, nel PD è mancato un coordinamento vero, lasciato alla capacità ma anche agli egoismi dei candidati il peso di coordinare anche dal punto di vista dei costi economici.
Una campagna elettorale basata sull’improvvisazione così come la predisposizione delle liste. Alla fine, questi limiti e queste improvvisazione hanno0 portato il PD a pagare un prezzo salato.
Se si è mantenuta la posizione in Europa, ed in Oceania, così non è stato per l’America latina e per quella del Nord e Centrale, dove il PD, come detto, perde due senatori.
Inoltre è mancata una vera mobilitazione del PD all’estero in quelle zone dove da tempo si manifestano gravi segni di debolezza.
Una struttura partitica inesistente in Argentina, dove appena la città di Rosario e nemmeno con molta convinzione, faceva eccezione.
Il segretario nazionale Argenti na che lascia la nave dopo averla danneggiata e passa ad altra sponda per riproporre ancora una volta la propria fallimentare candidatura per l’ennesima volta.
Il segretario del PD di Montreal in Canada, che non avendo trovato spazio nella lista, cambia schieramento alla ricerca di una candidatura o di un supporto da dove fare pagare al PD la mancata scelta.
Tutti sintomi e risultati di un partito che ha ospitato ed ospita  opportunisti senza ideali e senza idea di identità, pronti ad andarsene appena non intravedono lo spazio agognato.
Sintomi di ui n partito privo di guida e di idee politiche, che per tale condizione è facilmente attaccabile.
Infattui, là dove più evidenti erano questi sintomi e queste situazioni di evidente debolezza e disgregazione, il PD ha registrato le sue perdite.
Ancora incompresa ed incomprensibile appare la tempistica con cui si costruiscono le liste. Mentre gli altri sanno quello che vogliono e con  molto anticipo inizia no la campagna elettorale, nel PD solo all’ultimo giorno si conoscono i candidati, che in questo modo riducono naturalmente i tempi delle attività elettorali.
Una campagna elettorale caratterizzata da una iniziativa politica debole e insufficiente, che non poteva non registrare risultati contrastanti.
Quale finisce per essere i  questo modo il risultato finale?
Non solo il PD esce battuta pur se mantiene il primo posto all’estero, ma esce indebolita tutta la rappresentanza degli italiani all’estero.
Cosa potrà mai fare ad esempio il MAIE, che non ha concluso nulla nella scorda legislatura quando aveva due deputati ed un senatore?  Nulla e meno di nulla, perché la loro forzza, anmmesso che si conceda al miglior offerente, al massimo li può fare arrivare a concretizzare qualche compromesso di basso cabotaggio.
Stessa cosa vale per l’UISEI, sul quale pendono anche pesanti sospetti di brogli elettorali al vaglio della Corte d’Appello di Roma.
La speranza è, che capita la lezione, gli eletti del PD facciano un ottimo lavoro di squadra che al di là dello stesso PD, permetta loro di portare avanti le problematiche degli italiani all’estero.
Il PD capirà la lezione? E’ quello che staremo a vedere, per capire il modo  come affronterà la crisi interna e sul tipo di organizzazione che si darà per riorganizzare e dirigere il partito all’estero.
cambierà il responsabile? Si darà vita ad un gruppo di lavoro preparato e capace di intessere una rete organizzativa attualmente strappata in più punti?
Che tipo di rapporto vorrà intraprendere con il mondo associativo, vero depositario delle esigenze, delle aspirazioni, delle necessità del mondo dell’emigrazione?
Si cercherà finalmente di mettere mano alla riforma di una legge che si è per l’ennesima volta dimostrata inadeguata ed insicura, a partire dall’opzione per scegliere la sede dove votare, in Italia o all’estero?
Certo è, che si avverte come non mai la necessità di un confronto duro, di una analisi profonda e puntigliosa, per superare questo momento lungo di crisi, per guardare avanti superando divisioni ed incomprensioni, rendendosi finalmente interpreti dei bisogni della gente e per ridare alle comunità ed al PD all’estero dirigenti capaci e ruoli adeguati non solo necessari per gestgire il partito, ma infispensabile per capire la nuova emigrazione. – Salvatore Augello 21 marzo 2018





Anche se la Corte d’Appello di Roma non si è ancora ufficialmente espressa, ormai i risultati sono davanti a tutti e ci consegnano la pattuglia degli eletti all’estero.
Diamo allora un’occhiata a questi risultati cercando di leggere bene il messaggio che essi ci trasmettono.
Se è vero che il PD resta il primo partito tra g,li emigrati, è anche vero che esce ridimensionato dalla difficile battaglia elettorale.
s<ul campo lascia due senatori, quello dell’America Settentrionale e Centrale che passa al ce ntro destra e  quello dell’America Meridionale cche viene eletto dall’UDSEI di Digregorio e Cario.
Restando in America Latina, non gode miglior salute il MAI, che cede u n deputato all’USEI scendendo da due ad uno.
Diverse sono le motivazioni che portano a tale risultato certamente no  soddisfacente per il PD. La prima e la più grave,  a mio modesto avviso, è certamente quella che non è stata tentata la strada delle liste unitarie del centro sinistra, almeno all’estero.
Qualche stratega avrà pensato che era meglio presentare più liste, sbagliando ed ignorando la vecchia massima che “l’unione fa la forza”. A ben seguire quello che è successo, si direbbe che non ci sia no stati interlocutori con cui discutere e confrontarsi per cercare una soluzione unitaria.
La Grassellino Che “dirigeva” da Cicago, Stumbo che non sapeva con chi incontrarsi. la Lorenzin che andava per conto suo.
E ancora, nel PD è mancato un coordinamento vero, lasciato alla capacità ma anche agli egoismi dei candidati il peso di coordinare anche dal punto di vista dei costi economici.
Una campagna elettorale basata sull’improvvisazione così come la predisposizione delle liste. Alla fine, questi limiti e queste improvvisazione hanno0 portato il PD a pagare un prezzo salato.
Se si è mantenuta la posizione in Europa, ed in Oceania, così non è stato per l’America latina e per quella del Nord e Centrale, dove il PD, come detto, perde due senatori.
Inoltre è mancata una vera mobilitazione del PD all’estero in quelle zone dove da tempo si manifestano gravi segni di debolezza.
Una struttura partitica inesistente in Argentina, dove appena la città di Rosario e nemmeno con molta convinzione, faceva eccezione.
Il segretario nazionale Argenti na che lascia la nave dopo averla danneggiata e passa ad altra sponda per riproporre ancora una volta la propria fallimentare candidatura per l’ennesima volta.
Il segretario del PD di Montreal in Canada, che non avendo trovato spazio nella lista, cambia schieramento alla ricerca di una candidatura o di un supporto da dove fare pagare al PD la mancata scelta.
Tutti sintomi e risultati di un partito che ha ospitato ed ospita  opportunisti senza ideali e senza idea di identità, pronti ad andarsene appena non intravedono lo spazio agognato.
Sintomi di ui n partito privo di guida e di idee politiche, che per tale condizione è facilmente attaccabile.
Infattui, là dove più evidenti erano questi sintomi e queste situazioni di evidente debolezza e disgregazione, il PD ha registrato le sue perdite.
Ancora incompresa ed incomprensibile appare la tempistica con cui si costruiscono le liste. Mentre gli altri sanno quello che vogliono e con  molto anticipo inizia no la campagna elettorale, nel PD solo all’ultimo giorno si conoscono i candidati, che in questo modo riducono naturalmente i tempi delle attività elettorali.
Una campagna elettorale caratterizzata da una iniziativa politica debole e insufficiente, che non poteva non registrare risultati contrastanti.
Quale finisce per essere i  questo modo il risultato finale?
Non solo il PD esce battuta pur se mantiene il primo posto all’estero, ma esce indebolita tutta la rappresentanza degli italiani all’estero.
Cosa potrà mai fare ad esempio il MAIE, che non ha concluso nulla nella scorda legislatura quando aveva due deputati ed un senatore?  Nulla e meno di nulla, perché la loro forzza, anmmesso che si conceda al miglior offerente, al massimo li può fare arrivare a concretizzare qualche compromesso di basso cabotaggio.
Stessa cosa vale per l’UISEI, sul quale pendono anche pesanti sospetti di brogli elettorali al vaglio della Corte d’Appello di Roma.
La speranza è, che capita la lezione, gli eletti del PD facciano un ottimo lavoro di squadra che al di là dello stesso PD, permetta loro di portare avanti le problematiche degli italiani all’estero.
Il PD capirà la lezione? E’ quello che staremo a vedere, per capire il modo  come affronterà la crisi interna e sul tipo di organizzazione che si darà per riorganizzare e dirigere il partito all’estero.
cambierà il responsabile? Si darà vita ad un gruppo di lavoro preparato e capace di intessere una rete organizzativa attualmente strappata in più punti?
Che tipo di rapporto vorrà intraprendere con il mondo associativo, vero depositario delle esigenze, delle aspirazioni, delle necessità del mondo dell’emigrazione?
Si cercherà finalmente di mettere mano alla riforma di una legge che si è per l’ennesima volta dimostrata inadeguata ed insicura, a partire dall’opzione per scegliere la sede dove votare, in Italia o all’estero?
Certo è, che si avverte come non mai la necessità di un confronto duro, di una analisi profonda e puntigliosa, per superare questo momento lungo di crisi, per guardare avanti superando divisioni ed incomprensioni, rendendosi finalmente interpreti dei bisogni della gente e per ridare alle comunità ed al PD all’estero dirigenti capaci e ruoli adeguati non solo necessari per gestgire il partito, ma infispensabile per capire la nuova emigrazione. – Salvatore Augello 21 marzo 2018