Intervento della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, in apertura della Sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo: "Sono molto contenta di aprire i lavori della XIII Sessione plenaria dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo. Vi ringrazio per questa ampia partecipazione, che testimonia l'impegno ad investire nel dialogo e nella cooperazione fra tutti i paesi dell'area mediterranea. Saluto i membri del Bureau dell'Assemblea qui presenti, il Presidente del Parlamento egiziano, Ali Abdel Aal, il Presidente del Parlamento turco Ismail Kharaman - con cui ieri abbiamo già avuto una sessione di lavoro - e tutti i colleghi intervenuti. Ringrazio l'Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Co-Presidente dell'UpM, Federica Mogherini: la sua presenza qui conferma come la dimensione euromediterranea costituisca una delle componenti cruciali della politica dell'Unione europea verso i paesi partner. Ringrazio, per il contributo che ci darà, il professor Enrico Giovannini, Professore ordinario di statistica economica, presso l'Università di Roma "Tor Vergata", e Portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Ringrazio per la sua partecipazione anche il Segretario generale dell'Unione per il Mediterraneo Fathallah Sijilmassi. Sono convinta che questa sede di confronto parlamentare sia oggi ancor più necessaria di ieri. E' passato un anno dalla nostra ultima riunione a Tangeri. E' tempo di fare un bilancio. I problemi e le tensioni che ci stavano di fronte allora non si sono certo attenuati, ma semmai aggravati: le situazioni di crisi in Siria ed in Iraq perdurano; gli attacchi terroristici continuano a minacciare molti paesi e molti dei nostri concittadini; l'instabilità libica non si è composta; il Mediterraneo continua ad essere attraversato da flussi di migranti che fuggono da situazioni di guerra, di violenza generalizzata e deprivazione. E i morti in mare aumentano. In aggiunta a tutto ciò non si è fatto alcun passo in avanti per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. Come ci ha ricordato ieri un appassionato intervento al Summit degli Speaker Zuhair Sanduqa, Presidente della Delegazione del Consiglio Nazionale Palestinese, è illusorio ricercare un nuovo equilibrio mediterraneo così come uno sviluppo sostenibile per la regione senza aver affrontato questa questione che è alla base di tensioni, violenze e ostilità. Nessuno di questi problemi può essere risolto in una prospettiva solo nazionale. Dobbiamo allargare l'orizzonte, affrontare con coraggio le grandi questioni del nostro tempo nella dimensione giusta. Sono appena reduce da una intensa visita ufficiale in Nigeria. Un paese di grandissime potenzialità, ma che vive oggi una situazione di grave crisi economica e deve affrontare la sfida del terrorismo di Boko Haram. Si prevede che la Nigeria raddoppierà entro il 2050 la propria popolazione, raggiungendo i 400 milioni di abitanti e superando così gli Stati Uniti come terzo paese più popolato del pianeta. Fra i 180 mila migranti giunti sulle coste italiane nel 2016, la più numerosa componente nazionale è stata per la prima volta proprio quella nigeriana: ben 37 mila persone, fra le quali moltissime donne e ragazze che, ci dicono i dati, in gran parte finiscono per essere vittime di tratta nelle strade delle nostre città. Non possiamo pensare di governare questi fenomeni attraverso la costruzione di muri o altre forme di contrasto che cerchino semplicemente di allontanare i problemi dalle nostre frontiere. Perché anche se li allontanassimo per qualche tempo poi ritornerebbero più incalzanti e più gravi di prima. Allontanare il problema non vuol dire risolverlo: vuol dire rimandarlo, vuol dire dare ai nostri figli responsabilità ancora maggiori se non troviamo una chiave di lettura sostenibile. Si tratta piuttosto di lanciare nuove iniziative di cooperazione integrata che puntino su investimenti consistenti e qualificati e che consentano a questi paesi di offrire ai loro cittadini un'alternativa reale di benessere e di sviluppo sostenibile. Se questi paesi riescono ad offrire lavoro, i loro giovani non rischieranno la vita in mare, non andranno nelle file delle varie componenti terroristiche. Lavoro, sviluppo e crescita sono chiavi fondamentali per la risoluzione delle tensioni che investono la regione mediterranea e l'antidoto più efficace alla radicalizzazione e al diffondersi della minaccia terroristica. Uno sviluppo da progettare in tutte le sue dimensioni: non solo economica, ma anche umana, sociale e civile. Care colleghe e cari colleghi, viviamo in un tempo di grandi cambiamenti, di passaggio da forme di lavoro manuale all'intelligenza artificiale e alla robotica: dobbiamo mettere in grado i nostri cittadini di affrontare le innovazioni in corso con convinzione, con entusiasmo. Ma per farlo senza paura c'è bisogno di una politica lungimirante, di una formazione adeguata e della costruzione di sistemi di welfare capaci di sostenere queste grandi trasformazioni. Abbiamo bisogno di uno sviluppo che sia sostenibile anche sul piano ambientale. Settori come quello delle energie rinnovabili rappresentano un'importante leva di crescita economica. In questo campo le possibilità di partnership fra le due sponde del Mediterraneo sono enormi, come dimostrano anche i progetti dell'UPM che puntano proprio in questa direzione. In questo contesto, sulle scelte che noi siamo tenuti a fare c'è un punto su cui dobbiamo essere rigorosi: il benessere dei cittadini deve essere posto al centro delle politiche economiche e non a margine. Non possono essere astratti parametri economici a prevalere sulla vita di milioni di persone, se vogliamo che i nostri cittadini non si sentano lasciati soli, abbandonati, se vogliamo essere rispettati dai nostri concittadini. E lo sviluppo NON si può chiamare veramente tale se non è associato alla tutela dei diritti umani. Così come NON si può parlare di democrazia se non sono pienamente garantite le libertà fondamentali, come quella di espressione del pensiero, la libertà di stampa, la tutela delle minoranze, la messa al bando di ogni forma di tortura. Su questi principi non è ammesso nessun cedimento, neppure in nome della sicurezza o della tutela dell'ordine pubblico, perché sono i principi sui quali si fonda la nostra comunità internazionale. I nostri Parlamenti rappresentano milioni di donne e di uomini, espressione di storie, culture e religioni diverse. Ma tutte e tutti loro condividono la stessa speranza: quella di un futuro in cui si affermino la pace, la libertà e la giustizia sociale. Sta soprattutto a noi, colleghe e colleghi, non deluderli e realizzare questa speranza".