La Giunta per le elezioni del Senato si è espressa per il rigetto del ricorso dell’avv. Nicola Di Girolamo contro la dichiarazione di illegittimità della sua elezione fatta nei mesi scorsi. Prendiamo atto della decisione senza entrare nel merito, limitandoci ad esprimere il nostro apprezzamento per l’attenzione prestata dall’organismo senatoriale al rispetto della legalità. Nel corso della seduta, l’avv. Taormina, difensore di Di Girolamo, ha espresso un dubbio sulla costituzionalità

 dell’art. 8 della legge 459/2001, che prevede l’obbligo della residenza all’estero per poter godere dell’elettorato passivo nella Circoscrizione Estero. La questione, naturalmente, è rilevante e posta in questo momento, al di là del carattere occasionale dell’intervento di Taormina, rischia di portare acqua al mulino della vasta e articolata strategia di destrutturazione dei rapporti con le comunità italiane all’estero e di indebolire la rappresentanza da esse espressa. Il quesito sulla costituzionalità della norma si pose già durante l’approvazione della legge ordinaria sul voto e in quella occasione furono acquisiti alcuni punti fermi: 1) L’introduzione in Costituzione della Circoscrizione Estero ha profondamente innovato il contesto costituzionale relativamente alla rappresentanza, nel senso che ha rivestito di interesse costituzionale l’”effettività” e la “genuinità” (sono parole del prof. Antonio Baldassarre, presidente emerito della Suprema Corte) del voto degli italiani all’estero. 2) Il vincolo della residenza all’estero connesso all’elettorato passivo, sempre ad opinione dei costituzionalisti interpellati, è da considerare una misura ragionevole e proporzionata per raggiungere le finalità introdotte ex novo in Costituzione. 3) Nel nuovo quadro definito dalla riforma costituzionale, l’art. 8 è da considerare non in contrasto con la Carta. Vogliamo ricordare, ancora, che quando la questione si pose, le rappresentanze degli italiani all’estero (COMITES e CGIE) e le forze associative che operano nelle comunità concordarono che i rappresentanti eletti dagli italiani all’estero dovessero essere persone della loro stessa condizione e della loro stessa esperienza, evitando che si sviluppassero fenomeni di colonizzazione di candidati paracadutati dal territorio nazionale. Il fatto, però che una personalità come Taormina, che non è solo un avvocato di grido ma anche un esponente politico del PDL, riproponga la questione proprio in questo momento di difficoltà generale per i rapporti con le nostre comunità e all’indomani della proposta di rinvio del rinnovo di COMITES e CGIE, legittima perplessità e allarme. Siamo di fronte ad un altro passo verso la soluzione finale, questa volta diretto contro la rappresentanza? Le forze sincere e vere presenti nelle nostre comunità sono avvertite: una ragione in più per farsi sentire subito e nel modo più ampio possibile. I deputati PD eletti all’estero: Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci, Fabio Porta