«Da quando in Italia si parla in inglese non ci sono più le pensioni e i licenziamenti sono liberi». A Landini fa eco Pagano. Il costo dell’anglofonia per l’Italia e l’Europa.
(di Monia Chimienti) Nell’intervista di Michael Pontrelli a Maurizio Landini (foto accanto) per Tiscali Notizie, il Segretario generale della Fiom-Cgil sostiene che «Da quando in Italia si parla in inglese non ci sono più le pensioni e i licenziamenti sono liberi» ma, in realtà, la questione è ben più grave, in quanto la stessa Unione Europea sostiene la discriminazione di tutti i popoli non anglofoni e, in subordine, non francofoni e germanofoni: italiani e spagnoli in testa, nonostante il prestigio millennario e mondiale dell’italiano e la platea globale dello spagnolo. Ciò produce uno squilibrio enorme tra i popoli, pur nella comune appartenenza all’Ue, testimoniati dai saggi di economisti come il Nobel per l’Economia Selten, lo svizzero Grin e l’ungherese Lukács che, in particolare, esaminando il processo di inglesizzazione in atto attraverso tutta una serie di fattori, arriva a stimare tale costo che i cittadini degli altri Stati Membri pagano indirettamente e in modo nascosto al Regno Unito in circa 900 euro pro capite l’anno, 400miliardi 587 milioni 597mila 900 Euro complessivamente. Mentre la Gran Bretagna, grazie al risparmio sul non apprendimenti di lingue straniere e all’indotto dell’apprendimento ormai di stampo coloniale degli altri paesi membri guadagna circa 18 miliardi di Euro l’anno. Discriminazione di forte taglio anche e ancor più politico, considerando che la Commissione Europea si produce in continue consultazioni del popolo europeo solo in inglese o, in qualche caso anche francese e tedesco. Finora, però non un governo in questi decenni ha attivato l’Avvocatura contro questo scempio dei diritti umani linguistici da parte della Commisione né, tantomeno, protestato con energia: accettando a nome e per conto degli italiani una sudditanza inaccettabile e contraria ai più elementari principi democratici. C’è bisogno quindi di reagire, e subito, per la decolonizzazione anglofona del Paese, per affermare i fondamentali princici democratici e ripristinare i diritti umani linguistici, in Italia come nell’Unione Europea. Per questo da tempo, l’ERA promuove un’alleanza strategica del “quarto stato”, in Italia e fuori, per l’internazionalizzazione della e nella lingua italiana e il passaggio dal Governo dell’Italia al Governo dell’italianità. Avendo in ciò un modello di sviluppo nuovo che consenta l’uscita dal pantano economico e finanziario in cui l’Italia è da troppo tempo immersa.
FONTE: Monia Chimienti - 
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