RIO DE JANIERO - “Il primo gennaio del 1948, dopo quasi due anni di lavori, entra ufficialmente in vigore la Costituzione italiana, un testo composto da 139 articoli che racchiudono l'insieme delle leggi e delle disposizioni fondamentali che, ancora oggi, regolano il funzionamento dello Stato.

La seconda guerra mondiale si era conclusa da meno di tre anni, il Paese era in macerie e stava cercando di ripartire, mettendosi alle spalle le ultime scorie del ventennio fascista. Anche prima dell'ascesa al potere di Benito Mussolini, l'Italia non aveva mai avuto una vera Costituzione, se si eccettua il caso dello Statuto Albertino, promulgato da Carlo Alberto di Savoia nel 1848 nell'ambito del Regno sardo-piemontese, adottato nel 1861 a livello nazionale, con la fondazione del Regno d'Italia e rimasto formalmente in vigore fino al biennio 1944-1946, quando attraverso una serie di decreti legislativi venne introdotto un regime costituzionale transitorio”. È quanto ricorda Stefano Buda su “Comunità italiana”, mensile che Pietro Petraglia dirige a Rio de Janeiro. “Lo Statuto Albertino, ad ogni modo, rappresentava soltanto un primo timido esempio di costituzione breve, che non aveva natura di fonte legislativa sovra ordinata alla legge ordinaria. Il testo entrato in vigore nel 1848, invece, consegna per la prima volta al Paese una fonte del diritto superiore, una legge fondamentale dalla quale dipendono gerarchicamente tutte le altre leggi. L'evento, in realtà, non viene celebrato con manifestazioni particolari: la festività del capodanno distoglie l'attenzione degli italiani, da poco usciti dalla tragedia della guerra e dunque desiderosi di recuperare gioia di vivere e spensieratezza. Inoltre il capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola, non sentendosi investito da un mandato elettivo, sceglie di mantenere un profilo basso. Viene accolta senza eco, conseguentemente, anche la decisione formale di stabilire nel palazzo del Quirinale, a Roma, la sede ufficiale del presidente del Repubblica. Soltanto nel pomeriggio del primo gennaio viene issato il tricolore sul palazzo del Quirinale, mentre in piazza la banda esegue l'inno di Mameli davanti ad una esigua rappresentanza militare. Due anni prima, il referendum per la scelta tra repubblia e monarchia La scarsa enfasi assegnata a questo passaggio, decisivo per la storia del Paese, non deve però trarre in inganno. La maggior parte degli italiani aveva abbondantemente dato sfogo alla propria gioia poco meno di due anni prima, il 2 giugno del 1946, quando si era tenuto il referendum per la scelta tra repubblica e monarchia: il verdetto emerso dalle urne sancì, nel tripudio popolare, la nascita della Repubblica e il benservito alla famiglia reale, che molti cittadini accusavano di essere stata complice dell'ascesa del fascismo. Contestualmente gli italiani elessero anche i propri rappresentanti per l'Assemblea Costituente, alla quale sarebbe spettato il compito di elaborare il testo che avrebbe regolato il funzionamento del nuovo Stato repubblicano. Per la prima volta si votò con il suffragio universale maschile e femminile. L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali. Le varie formazioni politiche, che durante la resistenza anti-fascista erano confluite nel Comitato di liberazione nazionale, tornarono a dividersi: la Democrazia Cristiana ottenne il 35,2% dei voti, che le valse 207 seggi, il Partito Socialista conquistò il 20,7% (115 seggi) e il Partito Comunista raccolse il 18,9% (104 seggi). Molto più indietro l'Unione Democratica Nazionale (6,8%), erede della tradizione liberale che aveva caratterizzato la vita politica italiana prima dell'avvento del fascismo, il Partito Repubblicano (4,4%) e il Partito D'Azione, che si fermò all'1,5% nonostante avesse ricoperto un ruolo di primo piano nell'ambito della Resistenza. Il presidente della Costituente Giuseppe Saragat sostituito dal comunista Umberto Terracini Nel corso della prima seduta dell'Assemblea venne eletto presidente della Costituente il socialista Giuseppe Saragat, che l'8 febbraio 1947 si dimise e fu sostituito dal comunista Umberto Terracini. Enrico De Nicola fu invece eletto Capo provvisorio dello Stato. I lavori sarebbero dovuti durare otto mesi, con la possibilità di usufruire di una proroga per un tempo non superiore ai quattro mesi. Considerando che i tempi andavano calcolati a partire dalla prima seduta, fissata per il 25 giugno 1946, la scadenza naturale era prevista per il 24 febbraio del 1947. La discussione e il confronto tra le forze politiche, però, risultò incandescente e appassionato, finendo per richiedere, a più riprese, uno slittamento del termine massimo: prima si fece uso della facoltà di proroga con legge costituzionale e il termine fu spostato al 24 giugno del 1947. La nuova scadenza si rivelò comunque insufficiente e una legge costituzionale, approvata dalla stessa Assemblea la spostò al 31 dicembre del 1947. Un'ulteriore proroga, infine, mantenne in vita l'Assemblea fino al 31 gennaio del 1948, limitatamente all'emanazione della legge sulla stampa, degli Statuti regionali speciali e della legge elettorale per il Senato della Repubblica. I lavori delle varie Commissioni terminarono il 31 gennaio del 1947, quando un Comitato di redazione composto da 18 membri presentò all'aula parlamentare il progetto di Costituzione diviso in parti, titoli e sezioni. Dal 4 marzo al 20 dicembre proseguì senza sosta la discussione all'interno dell'Aula e finalmente il 22 dicembre, con 458 voti favorevoli e 62 contrari, venne approvato il testo definitivo. Il 27 dicembre, infine, il capo dello Stato provvisorio, Enrico De Nicola, promulgò la nuova Costituzione repubblicana, che venne pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria ed entrò in vigore il primo gennaio di 68 anni fa. Il risultato di due anni di attività costituente fu un testo particolarmente articolato ed equilibrato, caratterizzato da un accurato sistema di pesi e contrappesi in grado di garantire un solido bilanciamento tra i poteri, con l'obiettivo dichiarato di scongiurare qualsiasi rischio di deriva autoritaria, sulla scorta della tragica e recente esperienza della dittatura fascista, che aveva ridotto il Paese alla fame, trascinandolo in una guerra rovinosa. La Costituzione entrata in vigore nel 1948 fu anche il frutto di un virtuoso compromesso tra le varie forze politiche rappresentate all'interno dell'Assemblea. Un processo che nell'era dei partiti di massa, che a quel tempo erano realmente capaci di incarnare valori, principi, ideali e speranze della popolazione, assunse una dimensione totalizzante: l'intesa, faticosamente raggiunta, sotto la guida di leader del calibro di Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti e Pietro Nenni, autentici giganti della politica, produsse un testo capace di contemperare interessi, identità e sensibilità diverse e segnò un punto d'incontro tra le tradizioni cattolico-democratica, democratico-liberale e socialista-marxista. Di grande rilievo, soprattutto sul piano etico, i primi 12 articoli della Costituzione, che affermarono i principi di democrazia, sovranità popolare, pluralismo, riconoscimento dei diritti civili, uguaglianza davanti alla legge, unitarietà dello Stato e autonomismo locale. Le componenti socialista e comunista ottennero anche l'inserimento di punti particolarmente significativi per il loro universo di riferimento, come il riconoscimento del diritto al lavoro e il ripudio della guerra: principi che per molti decenni sarebbero stati assunti a capisaldi dell'azione di governo dai vari esecutivi che si succedettero, ma che oggi come oggi sono ridotti al rango di mere enunciazioni teoriche, completamente slegate dalla realtà sociale e politica del Paese. Piero Calamandrei, avvocato fiorentino che partecipò alla Resistenza anti-fascista, fu tra i fondatori del Partito d'Azione e prese parte attiva alla stesura della nuova Costituzione, dedicò gli ultimi anni della sua esistenza a diffondere e ad illustrare il messaggio del nuovo testo fondamentale dello Stato. “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”, disse nel 1955, durante un celebre discorso agli studenti universitari milanesi. “Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione””. (aise – da comunitàitaliana.com – Stefano Buda)