(Salvatore Augello) Mentre i costituzionalisti e parecchi deputati (tutta l’opposizione), avanzano dubbi di costituzionalità sulla norma che riguarda i precari, che sembrava dovesse essere modificata dal governo, i soldati pigliano possesso delle città, mostrando i muscoli del governo contro la criminalità. A Roma però no, i militari debbono starci, perchè fa parte del messaggio mediatico che vuole dare Berluscini, ma solo in periferia, per non dare ai turisti l’impressione che la capitale sia stata militarizzata. Altro messaggio, invece, va dato a Milano, a Palermo, a Napoli, a Catania. Lì bisogna dare il messaggio che il governo contrasta la criminalità e bisogna che la gente lo veda, al mercato la “Vucceria” di Palermo, ad esempio o in altri posti frequentati di altre città, e questo è colo l’inizio, come dice La Russa, perché i militari impegnati debbono arrivare a 3.000 unità. Mentre il decreto 112, si prepara a diventare definitivamente legge, attraverso il meccanismo del voto di fiducia, perché questo governo non vuole perdere tempo in lunghi dibattiti che potrebbero anche diventare defaticanti per i deputati; oppure, mentre l’Unione Europea bacchetta il governo, perché emargina sempre più i Rom, un’altra tegola piove sul tetto dei dipendenti pubblici, che ormai sono entrati nel mirino del ministro Brunetta, che sembra non avere alcuna stima dei dipendenti dello Stato. Questa volta, a farne le spese, sono i donatori di sangue, già, quella parte di impiegati pubblici, che con il loro generoso gesto, salvano parecchie vite umane. Fini ad ora, a questi benefattori, veniva concesso ol permesso retribuito per la giornata che andavano a donare il sangue, cosa che poteva capitare tre o quattro volte l’anno. L’art. 71 di questo famigerato decreto 112, infatti, tra le cosiddette norme antifannulloni, prevede che l’impiegato pubblico che dona il sangue, può farlo, ma deve sapere che perde la cosiddetta retribuzione aggiuntiva, quella legata alla contrattazione integrativa che rappresenta all’incirca il 30% dell’intero salario. E’ il caso di dire, con una fava il ministro fa due centri: a) toglie il 30% dallo stipendio ai donatori pubblici impiegati per la giornata che vanno in ospedale a donare il sangue, b) crea una bella discriminazione tra i dipendenti pubblici e quelli privati, visto che i destinatari di questa norma non intacca i diritti acquisiti del lavoro privato. Interessante no? Che avrebbe mai detto, che in Italia, anche per fare un’opera di bene, come quella di donare il sangue, deve essere fatta pagando anche una penale? Ma quanti sono questi eroi che verrebbero così puniti? Le associazioni interessate, che manco a dirlo sono giustamente insorte, chiedendo la modifica della norma, parlano in tutto di circa 600 mila soci, di cui circa la metà, quindi 300 mila, sono appartenenti al pubblico impiego. Certo, che promette davvero di essere fruttifera questa caccia che il ministro ha aperto contro i fannulloni, immaginate quanto potrà risparmiare lo Stato decurtando la paga a questa gente del 30% per tre o quattro giorni all’anno? E riuscite ad immaginare quale lezione, quale esempio riesce a dare il ministro? Quale segnale lancia a tutto il pubblico impiego? Davvero edificante. Intanto, le associazioni temono a ragion veduta, che il numero dei donatori possa in questo modo diminuire, in un’Italia dove il sangue donato non è mai sufficiente, oppure, le donazioni possano essere concentrare solo nei weekend o essere fatte coincidere con il primo giorno di ferie, cosa che metterebbe in crisi il sistema di raccolta e creerebbe anche dei pericolosi periodo di vuoto. Intanto, alla Camera sono arrivati due ordini del giorno che chiedono la sospensione della norma, firmati indifferentemente da deputati del PDL del PD e dell’UDC.