(Agostino Spataro) - Tanto rumore per nulla. Si potrebbe dire. Chi s’aspettava dal discorso del governatore Lombardo sconvolgenti rivelazioni di fatti di mafia e di nomi “di politici legati alla mafia e agli affari†è rimasto deluso. In realtà , egli ha fatto meno nomi di quelli preannunciati in discorsi e interviste e tante, tantissime allusioni orientate in varie direzioni.
Una serie di messaggi criptati oscillanti fra la minaccia di scioglimento e gli ammiccamenti rassicuranti verso l’intera Assemblea. Se continua, e si rafforza, il governo, si potrà terminare la legislatura e anche chi scalpita per occupare il suo posto di presidente potrà sperare nella sua annunciata non ricandidatura per “affaticamentoâ€. La parola d’ordine, maturata nelle ultime ore, pare essere quella di rasserenare il clima politico dando appuntamento a tutti alla prossima tornata elettorale. Lombardo è apparso conciliante anche verso Berlusconi e perfino verso taluni esponenti nazionali del PDL (in Sicilia ex alleati, a Roma colleghi dello stesso governo) che hanno posizioni di rilievo nel governo e nelle istituzioni. A cominciare da Alfano fino a ieri bollato come un ministro di giustizia “non giustoâ€. Paradossalmente, l’unica colpevole dovrebbe essere la libera stampa che ha pubblicato brani delle intercettazioni riguardanti, fra gli altri, il governatore e trasmesse dai Ros dei carabinieri al vaglio della magistratura catanese. Insomma, sembra che i tanti inviti e consigli ad abbassare i toni, a non inasprire lo scontro, provenienti anche dai ranghi del Mpa, siano prevalsi sulle intenzioni più bellicose che avrebbero complicato, e di molto, il precario disequilibrio politico- parlamentare su cui si regge lo strano governo di Lombardo e soci. Perciò è rimasto deluso chi s’aspettava che il governatore desse un nome e un cognome ai tanti identikit tracciati e agitati in questi mesi per indicare coloro che, agendo in combutta col malaffare, hanno affossato la regione e con essa ogni speranza di rinascita dei siciliani. Invece, a parte certi tono allarmistici, abbiamo sentito soltanto i nomi di due politici: quelli del sen. Firrarello e dell’on. Torrisi del Pdl. Ammesso che siano vere le notizie riferite, i due, da soli, potevano provocare un danno così grande? Comunque sia, trattandosi di questioni inerenti delicate indagini giudiziarie, correttezza vorrebbe che chi sa vada a riferire alla magistratura e quindi attendere, responsabilmente e serenamente, gli esiti dei relativi accertamenti, dei riscontri e degli eventuali procedimenti. Inchieste, processi e sentenze (di condanna, di assoluzione ancor meno di autoassoluzione) non si fanno sui giornali e nemmeno nelle assemblee elettive, ma solo nei tribunali della Repubblica italiana. Ho aggiunto l’aggettivo “italiana†per evitare malintesi e soprattutto la sindrome per una persecuzione mediatica (inesistente) più volte denunciata. Ogni altra strada diventa capziosa, deviante e rischia di creare polveroni e nuova confusione. Ben altro è il dovere della politica, siciliana e nazionale, che, dopo le dichiarazioni di Lombardo e le conseguenti reazioni, si ritrova alle prese con una gran mole di materiali e di argomenti che si aggiungono a un pregresso a dir poco allarmante. Se non si vuole che la politica si trasferisca nei tribunali, partiti e istituzioni debbono darsi una smossa per cambiare registro e suonatori, anche per meglio accertare tutte le responsabilità del disastro siciliano. Promuovendo, per esempio, una grande operazione-verità per illuminare e scandagliare gli “affari†che hanno scandito l’ultimo decennio di gestione della regione. Certo, le responsabilità individuali sono importanti e, se del caso, vanno perseguite, tuttavia, la vera esigenza da cui partire è quella di un cambiamento radicale dei metodi di governo e di superamento dei sistemi d’interessi affaristici e mafiosi che li determinano. Oggi, a parte la gravità delle inchieste giudiziarie che incombono fra Catania e Palermo, questo cambiamento stenta ad affermarsi, soprattutto sul terreno dei metodi di gestione e di amministrazione. Cambiare vuol dire riformare luoghi, assetti e strumenti del vecchio potere e non accentrare tutto in mano politica, togliendo gli uomini indicati dai partiti avversari per metterci i propri. Una politica autenticamente riformatrice deve innalzare uno spartiacque invalicabile, rispetto al quale ciascuno si dovrà collocare: al di qua o al di là dell’efficienza e della legalità . Per concludere. Non credo che questo 13 aprile resterà memorabile nella storia politica della Sicilia. A parte qualche petizione di principio, abbiamo ascoltato dalle parole di Lombardo una sorta di recitazione(a tratti ben interpretata) della controversia infinita di questo centro-destra siciliano allo sbaraglio che per sopravvivere deve riuscire a trascinare nella sua avventura il Pd, fino a destrutturarlo. Com' è accaduto ad altri partiti che hanno avuto rapporti d’alleanza col governatore.