(di Agostino Spataro) - E due. Anche il secondo sospettato dell’atroce omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà è uscito di scena. Buon per lui, visto che le analisi dei Ris hanno escluso ogni collegamento con il delitto. Si ripiomba, dunque, nel buio, nello sconforto della famiglia della vittima e anche della città. Specialmente della Palermo che conta e si arrovella perché non sa spiegarsi il movente di tanta plateale efferatezza.

Un giallo, si dirà. Certo, diversi elementi inducono a dare al caso siffatta colorazione. Tuttavia, siamo a Palermo, dove anche i colori facilmente si stemperano, cangiano e diventano ingannevoli. Giallo o nero, non resta che confidare nel lavoro degli inquirenti nella speranza che, presto, si faccia piena luce. E qui mi fermo per manifesta incompetenza. Anche se una piccola perplessità la vorrei esprimere: è logico che chi abbia compiuto un tale efferato omicidio si tenga in casa l’arma e l’abbigliamento usati per il delitto, la moto che lo ha trasportato? Quello che più mi preme è rilevare lo spirito pubblico che vige a Palermo, tentare di cogliere il senso dell’inquietudine che, in questi giorni, serpeggia soprattutto fra amici e colleghi della vittima. Le chiavi di lettura del delitto possono essere tante. Da quel che finora abbiamo letto, non sembra sia stata individuata quella giusta. Ovviamente, neanche io ho questa pretesa. Vedremo. Tuttavia, si può abbozzare un’ipotesi da intendere come stimolo per una riflessione da aprire in pubblico e senza reticenze. Oltre il dolore inconsolabile della famiglia dell’onorevole Fragalà, che merita il massimo rispetto, si riscontra, infatti, nell’opinione pubblica uno stato d’animo preoccupato, allarmato direi, per qualcosa d’indefinito che incombe su Palermo. Una sorta di entità informe (che non parrebbe solo mafia) tendente a distruggere tutto ciò che non le va a genio. Un “Golem” mostruoso, simile a quello fabbricato in laboratorio dal rabbino praghese, che cresce a dismisura e alla fine minaccia di divorare il suo stesso creatore. (Gustav Meyrink) Forse, se avessero retto i sospetti, forse il contesto cittadino si sarebbe “rasserenato”; tutto sarebbe rientrato nell’alveo di una “normalità” ad alto rischio come quella che, da troppo tempo, si vive a Palermo. Invece, si è tornati al punto di partenza, s’indaga a tutto campo. Cos’è, dunque, questo tremendo omicidio? Quale significato attribuirgli? In assenza di una spiegazione logica, di una plausibilità, le risposte non sono facili. Forse quello di un monito che ricorda, un po’ a tutti, che siamo a Palermo. Un tragico avviso, dunque, come quello che invia un terremoto, terribile e inatteso, per ricordarci la precarietà della nostra residenza sulla Terra. Ovviamente, fra i due eventi la differenza è grande. Il sisma è provocato dall’oscura, imponderabile potenza delle forze della natura, mentre il dramma generale che vive Palermo è il frutto amaro di almeno cent’anni d’illegalità e d’umana ingordigia che connotano i comportamenti dei suoi ceti dominanti.