La nascita del terzo governo Lombardo segna un dato innegabile: nel centrodestra si è aperta una crisi irreversibile proprio nella regione che era considerata la sua roccaforte. Se siamo a questo punto non è un caso, ma un successo per il centrosinistra e per il PD che ha lavorato, dentro e fuori il parlamento regionale, per amplificare le contraddizioni nel centrodestra,

senza rinunciare ad avanzare proposte quando si sono varate leggi importanti come la riforma della sanità o dell’amministrazione regionale, o quando ci siamo battuti per far cancellare i quattro termovalorizzatori. Il PD, dunque, ha agito per logorare il centrodestra, renderlo socialmente fragile, e c’è riuscito. Lombardo ha varato un nuovo governo senza il PDL ‘ufficiale’ e senza l’UDC: un dato anche questo assai rilevante che può avere conseguenze nel resto del Paese. A questo bisognava decidere se fare un passo indietro o farne uno avanti. Il passo indietro sarebbe stato il ‘ritiro’ dietro la bandiera dell’opposizione intransigente, dietro una apparente coerenza che ci avrebbe condotto all’irrilevanza nella vita politica siciliana e che probabilmente avrebbe portato al voto anticipato, desiderio del PDL di Schifani, Alfano e Castiglione e dell’UDC di Cuffaro e Romano, e forse anche di chi si sente minacciato dai mutamenti del quadro politico. Oppure potevamo scegliere di fare un passo avanti, consapevoli dei rischi e della fatica che dovremo sopportare nel percorrere una strada che non sarà né lineare né semplice. Il PD ha fatto una scelta coraggiosa: ha deciso, non nel chiuso di una stanza ma con il voto della stragrande maggioranza dell’assemblea regionale del partito eletta con le primarie, di proporre e sostenere insieme con un presidente che ha esplicitamente ‘rescisso il cordone ombelicale con la sua vecchia maggioranza’, le riforme che servono alla Sicilia. Serviva senso di responsabilità, ce lo chiedevano da più parti, e lo abbiamo avuto: proprio quando era il momento di avviare le riforme, sarebbe stato una follia mandare tutti a casa e determinare la paralisi della Sicilia. Chi parla di inciucio, probabilmente lo fa per nascondersi nella rassicurante nicchia di chi non vuole mettere le mani nell’acqua calda, per garantirsi qualche piccola rendita di posizione di una politica ridotta a chiacchiericcio salottiero. Per non parlare di chi, alleati e non, ci dice che ‘così tradiamo i nostri elettori che ci volevano all’opposizione’: chi ci ha votato lo ha fatto perché convinto che le nostre proposte fossero migliori di quelle del centrodestra. Ora si apre la possibilità di farle valere, e proprio per questo le forze del centrosinistra, anche quelle non rappresentate all’Ars, dovrebbero avviare una riflessione sulla fase che stiamo vivendo e su ciò che potrà accadere in futuro: serviranno tappe intermedie, ma il nostro obiettivo deve essere portare le forze migliori della Sicilia al governo di questa Regione. (Giornale di Sicilia, 03/01/10) Nessun pasticcio, dunque, ma una sfida alla luce del sole che si giocherà nel campo neutro del parlamento regionale. Lo dico ancora una volta: non siamo nel governo - né direttamente né indirettamente – e la nostra disponibilità è limitata al confronto sugli interventi che servono alla Sicilia, dai rifiuti alla formazione professionale allo snellimento della burocrazia. Perché è sulla capacità di promuovere riforme efficaci che si misura la forza di un partito riformista