(di Agostino Spataro) - 7.. Dopo la vittoria, per noi si pose il problema di assicurare continuità a questa battaglia di progresso estendendola ad altri campi della condizione civile e sociale siciliana e soprattutto di non disperdere il grande patrimonio di forze intellettuali, anche di tendenza moderata,

 che sull’onda della vittoria referendaria potevano spostarsi a sinistra. Per altro, il referendum trovò il partito siciliano nel vivo di un confronto interno, a tratti anche duro, per il rinnovamento dei gruppi dirigenti e del modo di fare politica. Anche la vecchia struttura, prevalentemente, contadina del Pci siciliano stava facendo i conti col ’68. Non quello importato da Milano o da Roma, ma quello più fecondo esploso, anche per tutto il ’69, nelle università e nelle scuole siciliane. A quel tempo, (dal 1973) segretario regionale del Pci era Achille Occhetto (inviato in Sicilia da Longo nel 1970, per “punizione” dicevano le malelingue) il quale s’intestò la battaglia del rinnovamento che in alcune federazioni era già iniziata qualche tempo prima e con successo. Significativa quella che abbiamo combattuto, e vinto, ad Agrigento che culminò nel congresso provinciale del febbraio 1972. Subito dopo quel congresso, fu sciolto il Parlamento e quindi fummo costretti a correre per preparare le liste e la campagna elettorale. Per dare un chiaro segnale di rinnovamento anche della nostra rappresentanza parlamentare ponemmo il problema di non ricandidare due compagni di grande prestigio, ma avanti con le legislature: il senatore Francesco Renda e l’on. Salvatore Di Benedetto. Iniziò la ricerca di nomi alternativi. Per il collegio del Senato formulammo una rosa ristretta fra cui Leonardo Sciascia che, interpellato, declinò l’invito. 8.. Dopo la campagna elettorale del 1972, Achille Occhetto subentrò ad Emanuele Macaluso alla segreteria regionale. Il cambio si caratterizzò all’insegna del rinnovamento generazionale e del “nuovo modo di fare politica” in Sicilia. Sotto accusa andò il cosiddetto “notabilato rosso” ossia una serie di personalità carismatiche, di capipopolo, affermatisi durante le lotte del dopoguerra, che il tempo aveva logorato. Per altro, Occhetto chiamò in segreteria e alla guida di alcune federazioni provinciali alcuni compagni esterni, suoi collaboratori ai tempi della Federazione giovanile comunista italiana. L’intento era quello d’innestare nel gruppo dirigente siciliano, già in fase di rinnovamento, un gruppo di giovani provenienti dal Nord. Una folata di “vento del nord” per modernizzare, cambiare gli assetti dirigente del Partito in terra di mafia e di predominio della Democrazia cristiana. E così, oltre a Michele Figurelli già in loco, giunsero, fra gli altri, Valerio Veltroni (fratello di Walter) che dalla segretaria regionale sarà catapultato a Trapani, e i toscani Giulio Quercini segretario a Catania e Alessandro Vigni segretario a Enna. Qualcuno parlò di “colonizzazione” del partito siciliano. Leonardo Sciascia, invece- mi dirà alla Camera- la vide di buon occhio, anzi la ritenne necessaria. Occhetto fece leva su questo suo interesse per avviare, tramite Figurelli e V. Veltroni, un contatto piuttosto intenso con lo scrittore. Sciascia, dunque, approvò la “calata” in Sicilia di questi giovani dirigenti del nord, anche se rimase restio verso l’adesione a un partito-chiesa come un po’ gli appariva il Pci, verso il quale, per altro, aveva accumulato alcune perplessità riferite a fatti antichi (la contrastata esperienza del milazzismo) e più recenti riconducibili alla segreteria di Macaluso. 9.. Occhetto e i suoi inviati del Nord garantirono a Sciascia che quel tempo era finito, per sempre. Ora a dirigere il Partito c’erano loro, forze nuove, fresche formatesi in altri contesti, nell’alveo delle lotte per la pace e del movimento studentesco e affermatisi in Sicilia dopo una lotta durissima proprio contro i personaggi verso i quali lui aveva riserve. L’idea che si voleva accreditare era quella che nel partito siciliano e negli organismi collaterali fosse in atto una sorta di “rivoluzione culturale” che stava liquidando ogni residua mentalità compromissoria e aperto il Partito alla società civile, agli intellettuali progressisti, agli imprenditori onesti. Insomma, a Sciascia fu prospettato un mondo nuovo, una sorta di rivoluzione copernicana della politica siciliana. Lo scrittore- ammetterà- che un po’ si lasciò sedurre dai discorsi di questi giovani “colonizzatori” i quali, provenendo dal nord, erano immuni dai difetti mostrati dai dirigenti siciliani. 10.. Perciò ruppe gli indugi e nel 1974 partecipò attivamente alla campagna referendaria e l’anno successivo accettò la candidatura, come indipendente, a consigliere comunale di Palermo nella lista del Pci. Un bel colpo per Occhetto che era riuscito dove tanti avevano fallito. Quello stesso Sciascia che aveva rifiutato le profferte del Pci per un seggio nel Parlamento nazionale ora accettava di candidarsi per un posto al consiglio comunale di Palermo, insieme a Renato Guttuso e allo stesso Occhetto, capolista. Ovviamente, sarà eletto. Si parlò di svolta per Palermo, ma nel nuovo consiglio i numeri non promettevano facili cambiamenti. Nonostante la discreta avanzata del Pci, la Dc e il centro-sinistra (di allora) conservavano una solida maggioranza. Per di più, Sciascia a ogni riunione del consiglio comunale era costretto a bighellonare per ore fra i banchi di Sala delle Lapidi, impacciato e nervoso, in attesa che s’iniziassero quelle interminabili, e spesso inconcludenti, sedute notturne. Una situazione frustrante che lo porterà, a pochi mesi dall’insediamento, alle dimissioni dal consiglio comunale di Palermo. Lo scrittore, che mesi dopo sarà seguito da Guttuso, motivò la sua inattesa decisione con i lunghi ritardi sui tempi d’inizio delle sedute e in generale col confuso andamento dei lavori d’aula. Tutto ciò era vero, ma oltre quelle motivazioni c’era un disagio politico che l’inquietava. Probabilmente, Sciascia, in quei pochi mesi d’impegno attivo nel gruppo consiliare del Pci, cominciò ad avvertire una certa delusione rispetto alle attese e alle promesse di cambiamento annunciate da Occhetto e dai suoi inviati.

Continua/2