(di Agostino Spataro) - In Sicilia la politica è come impazzita. Gira a vuoto, al di fuori dei canoni, senza centri di riferimento e senza regole. Gli ultimi avvenimenti alla Regione, al comune di Palermo e altrove lo confermano. La situazione è a un punto altamente critico, quasi di non ritorno. E senza sbocco. Giacché l’inamovibilità di fatto del presidente della regione, prevista dalla legge,

 non consente soluzioni alternative. Tutto si ferma di fronte all’atroce dilemma: scioglimento anticipato dell’Ars o ingovernabilità permanente. Nonostante il governo non abbia una maggioranza e resti impantanato nelle sue contraddizioni, nessuno desidera affrontare tale problema. Il motivo è presto detto. Lombardo ha nelle mani un’arma formidabile: le sue dimissioni che provocherebbero l’automatico scioglimento dell’Assemblea regionale. Paradossalmente, l’atto più evidente della sua debolezza rappresenta il suo punto di maggiore forza. Ma così vanno le cose in Sicilia. D’altra parte, un po’ a tutti sembra andar bene l’inamovibilità del governatore. E chi se ne frega se la crisi rischia di travolgere il già fragile tessuto economico e produttivo isolano e di deludere le aspettative di ripresa di varie categorie sociali. Crisi? Per la Sicilia è dir poco. Qui, infatti, si rischia una caduta verticale e rovinosa da molti vissuta come pre-annuncio del crollo prossimo venturo. Sensazione diffusa soprattutto fra i gruppi dirigenti politici siciliani sui quali pesano anche i timori di una probabile implosione del governo Berlusconi. Si delinea uno scenario segnato da oscuri disegni politici e da preoccupazioni, anche personali, che imprimono alla manovra politica una dinamica imprevedibile. Perciò, ognuno, temendo per il proprio futuro politico, cerca di ri-collocarsi in tempo utile. Tranne- a quanto pare- il ministro Alfano che giura cieca ed eterna fedeltà al Cavaliere anche quando non ne condivide le opinioni. Anche se il personaggio ci sembra piuttosto sveglio e pertanto saprà sganciarsi un attimo prima del fatale impatto. Comunque sia, la frantumazione del PdL incrementerà lo smarrimento nel centro-destra e forse potrà far ritrovare un po’ di buon senso al Pd e agli altri partiti d’opposizione i quali, invece di litigare sul nulla, dovrebbero accordarsi e cogliere l’occasione per mettere finalmente all’angolo il governo. Anche in Sicilia da dove potrebbe venire un contributo importante all’evoluzione del quadro politico nazionale. Dal punto di vista elettorale, infatti, l’Isola è una piazzaforte strategica per il centro-destra. Generalmente, chi vince in Sicilia vince in Italia. Di ciò hanno consapevolezza taluni gruppi del PdL, oggi a disagio, i quali pensano di riproporre l’Isola come laboratorio per sperimentare nuove aggregazioni politiche, nuovi gruppi parlamentari e consiliari e quindi inedite alleanze. Staremo a vedere. Tuttavia, è innegabile la crisi del berlusconismo. Anche in questa Sicilia, generosa e smemorata, dove si sta svolgendo in un clima torbido determinato da un mix allarmante di manovre subdole e vendette trasversali che stanno facendo scoprire gli altarini, santuari direi, del complesso sistema di corruzione che ha dominato la Regione nell’ultimo decennio. Fatti gravissimi che non si sa dove, e a quali responsabilità, potranno portare. Siamo alla resa dei conti fra potentati del medesimo blocco di potere, ad una micidiale guerra intestina che sta facendo morti e feriti e soprattutto rischia di spingere la Sicilia verso la paralisi. Esagerazioni? Basta leggere le cronache quotidiane, fatti e nomi dei protagonisti, delle loro congiunzioni politiche e parentali, per avere, netta, la sensazione del disastro e dell’impotenza nel farvi fronte. A cominciare dal governo in carica il quale ancora non ha varato una riforma vera: quel poco vantato - nei campi della sanità e della dirigenza- risulta svilito da scelte operative miranti a sostituire uomini di partiti e correnti perdenti con altri delle formazioni vincenti e/o cooperanti. Di questo passo e senza una maggioranza certa, dove andrà a parare il governo Lombardo? Dove andrà la Sicilia? Nessuno può azzardare previsioni attendibili. Nei prossimi mesi potremo andare incontro a una fase politica e sociale molto convulsa, in Sicilia e in Italia. Tuttavia, una cosa è certa: così com’è combinata, l’Isola non può andare da nessuna parte, anzi rischia nuova emarginazione e disoccupazione. Di là delle vendette e delle rappresaglie, si ripropone la necessità dell’aggregazione di una maggioranza sociale, ancor prima che politica, che si configuri come alternativa all’attuale marasma “autonomista” il quale per sopravvivere deve continuare a far leva sul clientelismo e sulla divisione dei partiti di maggioranza e d’opposizione. Occorrono un sussulto di dignità e di creatività, una scelta di chiarezza e di responsabilità per proiettare la Sicilia fuori da questo pantano melmoso, agganciandola alle nuove strategie di sviluppo che si delineano ai livelli nazionale ed euro-mediterraneo. Insomma, un grande ritorno alla politica, quella vera e sana che muove la storia. Altro che manovrette sottobanco! Il Pd e le altre forze sinceramente desiderose del cambiamento, devono abbandonare ogni posizione ambigua e venire in campo aperto, tra la gente che soffre ma ancora spera in un’alternativa chiara e definitiva.