(di Agostino Spataro - foto accanto)  Dopo tre mesi di dure polemiche e di estenuanti trattative sono state assegnate le deleghe agli assessori del Lombardo bis, mettendo così formalmente fine alla crisi politica del centro destra siciliano, scoppiata a meno di un anno dalla clamorosa (e facile) vittoria di Lombardo. La quiete dopo la tempesta? Vedremo. Oltre i sorrisi affettati di presidente e assessori, ci par di notare che sotto la superficie di questo “mare della tranquillità”

 c’è come un grumo di rancorosi dissensi che potrebbe ostacolare la navigazione del governo. E non solo perché- com’è noto- quel “mare”si trova sulla Luna e non bagna la Sicilia. Ma, soprattutto perché i problemi si accumulano, irrisolti, e le riforme promesse sembrano sparite dall’agenda politica del governatore il quale ancora non ha riformulato il suo programma alla luce dell’ esclusione dell’Udc, considerata la palla al piede della precedente giunta. Le poche proposte degne di nota (fra cui quella urgente degli Ato - rifiuti) languono all’Ars e non si capisce quando, come e con quali forze e/o maggioranze si potranno approvare. Alla prima uscita, poche ore dopo l’assegnazione delle deleghe, la nuova maggioranza Pdl- MpA è andata in tilt all’Ars su un provvedimento molto importante relativo agli aiuti alle imprese siciliane. L’autonomista Lombardo tratta solo con Roma Oltre a questi problemi non di poco conto, c’è un nuovo fattore, piuttosto inquietante, che potrebbe rendere perigliosa la navigazione o addirittura provocare una crisi definitiva: l’anomala attitudine del governatore, oscillante fra il dispotico e l’ammiccante, mostrata nel corso della lunga crisi nei rapporti coi partiti alleati o d’opposizione. Il gioco è di sparigliare le carte degli altri, suscitando contrasti e divisioni, allettando questo o quell’altro, escludendo o includendo in base alla logica “con me o contro di me”. Così facendo, il governatore si è rifatto un governo più accondiscendente, senza, per altro, contrattarlo con i dirigenti siciliani del Pdl, rimasto l’unico partito alleato che rappresenta il 70% della sua risicata maggioranza parlamentare. Egli, da buon autonomista, con loro non tratta. Si accorda solo con Berlusconi, a palazzo Grazioli, evidentemente non riconoscendo alcun ruolo ai due coordinatori regionali nominati dal Cavaliere. Una cosa del genere non si era mai vista in Sicilia né altrove. Evidentemente, Lombardo se lo può permettere. Con gli altri partiti discute poco e per lo più sottobanco. Con l’Udc bisticcia, minaccia, detronizza. Al Pd promette le “geometrie variabili” all’Ars e caso per caso. Purtroppo, la pericolosa insidia pare abbia fatto breccia in questo partito bicefalo che non riesce a superare la sua paralizzante natura dualistica. Un piano d’occupazione del potere Tutto ciò mentre continua, imperterrita, la marcia per la conquista di tutte le poltrone possibili dell’amministrazione regionale e nelle società partecipate dove, al posto dei “cuffariani” sta piazzando autonomisti della prima e dell’ultima ora. Unica qualità richiesta: la fedeltà politica. Arroganza? Non solo. Penso che ci sia anche la preoccupazione di realizzare in fretta il piano d’occupazione per il timore di non avere il tempo di realizzarlo. Se questi sono i nuovi metodi per riformare la regione campa cavallo. Un comportamento a dir poco strano, acuitosi dopo le europee. Si, perché tutto è nato in vista di questa consultazione elettorale: dall’inatteso azzeramento della giunta alla cacciata dell’Udc, alle liste autonome. Lombardo, un po’ azzardando, ha voluto cogliere l’occasione per giocarsi una carta che, forse, avrebbe dovuto giocare sul finire della sua presidenza alla regione, non all’inizio: quella di schiodare il suo MpA dalle angustie del feudo catanese per proiettarlo (in solitudine) nel firmamento politico europeo, nazionale o in subordine meridionale. Il mancato superamento della soglia del 4% ha prodotto una serie di conseguenze a catena: nessun deputato a Strasburgo, spegnimento dei piccoli “fuochi autonomistici” nella penisola, logoramento (o fine?) dell’ipotesi del “partito del sud” e le dimissioni (annunciate) di Lombardo da presidente del movimento. Il governo arriverà a fine anno? Insomma, questa sconfitta ha costretto il governatore a “tornare” al governo della Sicilia, dal quale, nel frattempo, aveva estromesso il partito del gemello Cuffaro, come dice Mannino. Gemelli diversi, evidentemente. Com’erano Castore (immortale) e Polluce (mortale) i quali- secondo il mito- si accordarono per dividersi l’immortalità del primo. I nostri due eroi democristiani, invece, non sono riusciti a condividere la gestione di una giunta regionale. Ma lasciamo i miti e domandiamoci: perché Lombardo ha deciso di dedicarsi interamente al governo della regione? Certo, per consolidare e soprattutto estendere il suo sistema di potere. Tuttavia, credo ci siano altre preoccupazioni ed obiettivi nella faretra del governatore. Egli sa perfettamente che il suo governo, basato su una maggioranza divisa e risicata, difficilmente potrà oltrepassare indenne le feste di Natale e Capodanno perdurando l’attuale strutturazione dell’Assemblea regionale: quattro gruppi parlamentari due di maggioranza PdL e Mpa (48 deputati) e due d’opposizione Pd e Udc (42 deputati). Per altro, i due principali partiti sono interessati da processi e congressi che non sappiamo a quali esiti approderanno. Il PdL è alle prese con l’idea di Micciché e Dell’Utri di fare il ”partito del sud” concepito come una supercorrente interna al partito di Berlusconi e Fini. Ossia, qualcosa di molto diverso dall’ipotesi (ancora vaga) propugnata dall’amico Lombardo. Il Partito Democratico, con i congressi, è chiamato a dare risposte a tanti problemi e in primo luogo a superare il suo paralizzante dualismo che, soprattutto all’Ars, va a beneficio di Lombardo e soci. Dividere, destrutturare per sopravvivere Insomma, due processi diversi, fra loro lontani, che, da qui a pochi mesi, potrebbero modificare le attuali relazioni politiche siciliane, ufficiali e no. A tutto ciò bisogna aggiungere i diversi maldipancia e le tentazioni interne al Pdl siciliano e l’opposizione che s’annuncia durissima, persino rancorosa, da parte dell’Udc estromessa dalla nuova giunta. Perciò, è ragionevole pensare che Lombardo, per sopravvivere, dovrà tentare, ancor più di prima, d’inserirsi nelle dinamiche interne ai partiti per neutralizzare o sviare i pericoli per il suo secondo governo. Dovrà puntare sulla divisione, sulla destrutturazione del ruolo, anche istituzionale, dei partiti. Tranne del suo MpA dove una calma piatta regna sovrana. Più che una strategia politica sembra una scelta di sopravvivenza, una via obbligata per barcamenarsi in una situazione politica sulla quale continuano a soffiare venti di crisi.