(di Agostino Spataro) -  Il Lombardo-bis è ormai varato, anche se il suo iter anomalo non è ancora concluso. Tutto bene, dunque? Non si direbbe. Il governatore ostenta sicurezza ma, stranamente, succede che più egli rassicura più ingenera dubbi e perplessità. La gente non si fida e vuol sapere quali prospettive e risultati potrà assicurare un governo siffatto che dovrà governare una regione divenuta una specie d’anatra zoppa.

Scientemente azzoppata non da un cacciatore di frodo, ma da tutti questi signori in grisaglia che oggi si contendono assessorati, presidenze, super consulenze e quant’altro. Immagine compatibile col quadro tracciato ieri dall’impietosa requisitoria dei giudici della Corte dei conti che, come ogni anno, denunciano gli eccessi e l’ingovernabilità della spesa e l’elefantiaca struttura burocratica e dirigenziale della regione. Anche se alle denunce non seguono i necessari provvedimenti. La realtà resta immutata e per tanti versi si è aggravata. A parte il lieve recupero sul fronte della sanità, la spesa della regione è al di sopra dei parametri della media nazionale mentre si allontana dal promesso risanamento. Il fallimento dell’Autonomia speciale Insomma, siamo di fronte a un fallimento politico, strutturale e finanziario ideato, prodotto e gestito all’insegna dell’Autonomia speciale. Forse troppo speciale, anacronistica direi, che, in oltre 60 anni, ha consentito ai gruppi di potere dominanti, politici e affaristici, di trasformare la Sicilia in una sorta di “terra di mezzo”, povera ed emarginata rispetto a tante altre regioni, anche del Meridione. E, oggi, dopo avere così svilito e mortificato l’autonomia, si ha l’ardire di rivendicarne un suo improbabile rilancio. Per che cosa? Per chi? Non certo per i siciliani onesti che continuano a subire le conseguenze del malgoverno e a emigrare. Molti ne hanno le tasche piene di tali, interessati rivendicazionismi e sarebbero ben lieti di rinunciare a questa “specialità” pelosa che ha prodotto privilegi per pochi e nuove squilibri e subalternità e un cronico sottosviluppo. Ovviamente, il problema non è solo lo strumento, ma la sua fallimentare gestione. Eppure si promettono “più avanzati livelli di autonomia”, partiti del sud, indistinte promiscuità politiche, amministrative e roba del genere. Sapendo che oltre i limiti imposti nello Statuto c’è la secessione, l’indipendenza. Ovverosia una nuova tragedia che in Sicilia è andata già in scena. Siamo, dunque, in presenza di un mix di propaganda ingannevole e pericolose illusioni che, per fortuna, gli elettori siciliani hanno bocciato alle recenti europee. Forse, se ne sarà reso conto anche l’on. Lombardo se, dopo la botta, ha deciso di passare ad altri la guida della sua controversa creatura politica. Senza l’Udc, una maggioranza risicata Ma torniamo alla gravissima crisi della regione che non sappiamo come e con chi il governatore pensa di risolvere. Questo è il punto politico centrale col quale tutte le forze in campo dovranno confrontarsi alla luce del sole, offrendo risposte convincenti all’opinione pubblica. A partire da talune questioni ineludibili. Il Lombardo-bis dispone di una base parlamentare che consenta ai suoi provvedimenti una navigazione sicura in parlamento? Espulsa l’Udc dal governo, Lombardo può far leva su una maggioranza parlamentare Pdl-Mpa molto risicata e turbolenta che, sulla carta, può contare su meno di 50 deputati (su 90). Sempreché riesca a portarsi dietro l’intero gruppo del PdL. Numeri deboli, aleatori che non garantiscono nulla e nessuno. Bastano, infatti, un paio di raffreddori, veri o finti, e all’Ars le leggi si bloccheranno. C’è poi c’è la questione del programma che deve essere riformulato di sana pianta visto che il governatore ha annunciato riforme strutturali che ora, senza l’Udc, si potranno più agevolmente varare. Nelle conferenze-stampa si accenna a qualche titolo, ma di scritto ancora nulla. E dire che prima di nominare (a puntate) gli assessori, Lombardo avrebbe dovuto presentare un nuovo programma al parlamento e ai siciliani. Udc, la preda In condizioni di normalità democratica, un governo siffatto non avrebbe molte chance e presto si avvierebbe per una strada buia e avventurosa. Allora- ci si chiede- perché Lombardo appare così determinato a proseguire, sfidando la prassi e le posizioni degli ex amici dell’Udc? Due sono i casi: o il governatore avrà in testa un progetto grandioso per cambiare radicalmente la regione o avrà nel cassetto tanti piccoli piani intercambiabili coi quali allettare questo o quel partito o singolo deputato. Anche dell’opposizione. Vedremo. Anche se all’orizzonte non s’intravvedono progetti ambiziosi. O, forse, si pensa di reclutare un po’ di forze cammellate fra le fila dell’opposizione, soprattutto dell’Udc che, per sua natura, si ritiene, non possa resistere a lungo lontano dagli assessorati? Insomma, si può aprire una sorta di caccia all’Udc di Cuffaro e soci divenuta la preda più ambita in questa partita che si gioca in Sicilia, ma che può avere risvolti importanti anche sul piano nazionale. L’autonomo Lombardo tratta solo col Cavaliere Per far cosa? Nella migliore delle ipotesi una sorta di governo presidenziale che per tirare a campare dovrà far leva sulla paura dei deputati i quali temono come una iattura un nuovo scioglimento anticipato dell’Ars in caso di dimissioni del governatore. E la paura, i ricatti scacciano la buona politica, la politica. Perciò, non ci si può aspettare nulla di buono e di duraturo da chi a questi comportamenti s’ispira. C’è anche un altro elemento da considerare nella condotta del governatore: il suo rapporto anomalo, ieratico con i partiti di maggioranza (che lo hanno eletto) e d’opposizione. Il presidente della regione Sicilia non discute, e tanto meno tratta, con i dirigenti siciliani del PdL che rappresentano circa il 70% della sua risicata maggioranza parlamentare. Tratta solo con Berlusconi, evidentemente non riconoscendo ai due coordinatori regionali il ruolo ufficialmente conferito dallo steso Cavaliere. Con gli altri partiti discute poco e sottobanco. Al massimo concede le “geometrie variabili” all’Ars, caso per caso. Evidentemente, per comportarsi così se lo può permettere! Insomma, sta venendo fuori una concezione ben strana dei rapporti fra governo, partiti e parlamento che forse sottende una strategia di destrutturazione del ruolo, anche istituzionale, dei partiti medesimi. Tranne, naturalmente, di quello del suo MpA dove una piatta calma regna sovrana. Il PD forza alternativa alla crisi del centro-destra Non c’è dubbio che in questa perigliosa traversata il Partito democratico potrebbe acquisire un ruolo davvero essenziale, perfino decisivo. In negativo o in positivo. Mi spiego. Il Pd, con i suoi 29 deputati, sarà al centro dell’attenzione da un lato di Lombardo che se ne vorrà servire per superare eventuali contrapposizioni interne alla sua maggioranza e dall’altro lato da parte dell’Udc che cercherà l’appoggio del Pd per inscenare insieme un’opposizione roboante…per ritornare al governo. La situazione è aperta a sbocchi diversi. C’è il rischio che il Pd si faccia coinvolgere in perversi giochi di potere, ma c’è anche la possibilità di un suo rilancio come forza di governo per il cambiamento. Questo partito, che si appresta a svolgere un congresso importante, deve riuscire a fare un guizzo verso l’alto, per alzarsi al di sopra del pantano mefitico in cui è stata cacciata la regione e proporsi come alternativa credibile al centro-destra in crisi evidente. Una svolta del genere non solo è possibile, ma credo sia anche molto attesa in Sicilia. Purché, naturalmente, la voglia, in primo luogo, il Pd, dimostrando coi fatti e con progetti credibili la volontà di ricollegarsi con i settori più sani e produttivi e con i ceti popolari della società.