(di Agostino Spataro) - Cosa non si fa per superare il quorum? Spiace rilevarlo, ma solo così si può spiegare la mossa del presidente Lombardo di “azzerare” la sua giunta e di annunciarne una nuova, di “coesione sociale”, entro 48 ore. Una mossa inattesa che- a sentire i suoi mentori- ha spiazzato i partiti alleati e no.

Credo che un po’ abbia spiazzato anche lo stesso Lombardo che, forse, non avrà ben calcolato le conseguenze che la sua trovata avrebbe prodotto e che in ogni caso lascia tutti, a dir poco, perplessi. Anche chi, come noi, nei giorni scorsi su queste colonne, avevamo prospettato l’esigenza di una formalizzazione della crisi, prima del voto del 6-7 giugno. Una presa d’atto, una posizione pubblica che dichiarasse la crisi del governo, rinviando a dopo le elezioni gli atti conseguenti che possono essere più d’uno: azzeramento o rimpasto della giunta, formazione di una nuova maggioranza e di una nuova giunta o, in extrema ratio, le dimissioni del presidente, scioglimento dell’Ars e nuove elezioni. Nell’attesa, si poteva “congelare” il governo in carica per garantire l’ordinaria amministrazione. Invece, si è voluto azzerare (anche se non si è raggiunto lo zero assoluto) la giunta senza averne in mente una nuova, credibile sul piano politico-programmatico e con una base parlamentare chiara e autosufficiente. Perciò, in assenza di motivazioni più convincenti, questa scelta appare priva di una logica politica razionale. Mancano poche ore alla scadenza delle 48 ore e non sappiamo come evolverà la situazione. Ci sarà il nuovo governo promesso dall’on. Lombardo? Così come stanno le cose, la sua formazione sembra altamente improbabile, complicata. Manca infatti un contesto politico chiaro di riferimento, una cornice. Il governatore, infatti, continua ad assicurare gli alleati che “non farà il salto della quaglia”, che formerà la giunta nell’ambito dell’alleanza di centro-destra, però- sottolinea- “con quei pezzi di partiti che ci staranno”, con singole personalità che giureranno fedeltà all’autonomia. Al Movimento per l’autonomia, aggiungono i maligni. In ogni caso, resterà escluso il Pd il quale, avendo perso le elezioni, è giusto che se ne stia all’opposizione, costruttiva però, salvo a chiamarlo in maggioranza, di volta in volta, quando all’Ars il governatore vedrà squagliarsi la sua. Insomma, quello proposto sembra un percorso troppo contorto, stretto che difficilmente porterà ad una soluzione valida, duratura. Tranne che, come il solito, Lombardo non pensi di ricorrere all’intervento taumaturgico di Berlusconi per uscire dal gorgo in cui si è andato a cacciare. Ma, questa volta, il compito del Cavaliere non sarà facile giacché potrà tentare di convincere i suoi colonnelli siciliani ma non può, certo, esporli all’umiliazione, per giunta in campagna elettorale. Se il governatore ha l’obiettivo ambizioso di superare il 4% anche quelli del Pdl e dell’Udc ne di più ambiziosi. Ma ormai il dado è tratto e Lombardo non può tirarsi indietro rispetto al passo compiuto con tanto clamore. Insomma, la matassa è molto ingarbugliata e sarà difficile per chiunque dipanarla. Tranne che il vero scopo di tanto fracasso non sia- come sembra- la visibilità in campagna elettorale e quindi quello che più conta è avere, col gran gesto, attirato l’attenzione dei media e dell’elettorato. Dopo il voto si conteranno morti e feriti. Magari, a seconda dei risultati, scoppierà la pace fra questi terribili nemici. Ritorneranno a governare insieme perché in ballo non ci sono solo i voti, ma oltre 13 miliardi di euro (fondi europei e Fas) da spendere da oggi al 2013, esattamente il tempo di questa legislatura. Staremo a vedere. Al momento, con tali premesse, il percorso della eventuale nuova giunta si presenta davvero accidentato. E lo dimostra il fatto che tanti fra i nomi ritenuti papabili assessori hanno declinato cortesemente l’invito. Evidentemente, non hanno molta voglia d’imbarcarsi sopra una nave così fragile, costretta a navigare a vista e in acque molto procellose. Come andrà a finire? Difficile prevederlo. C’è chi, sbilanciandosi, arriva a congetturare addirittura un nuovo milazzismo. Molto improbabile, oltre che improponibile, se non altro perché non si intravvede, nemmeno in lontananza, un nuovo Silvio Milazzo. Certo, anche oggi tutto si fa in nome dell’Autonomia. Con una differenza sostanziale però: ai tempi di Milazzo (1958) l’autonomia era un valore ancora autentico, in ascesa e quindi spendibile per la rinascita della Sicilia, oggi è in forte declino, perché usurato da 63 anni di malgoverno e di sprechi e pertanto ridotto ad un espediente demagogico per contrabbandare propositi clientelari ed elettorali.