(Salvatore Augello) - E’ parecchio tempo, che si avanza richiesta di insediamento della Consulta Regionale dell’Emigrazione e dell’Immigrazione, ma fini ad ora la richiesta non ha trovato ascolto da parte di chi ne ha la responsabilità, ossia l’Assessore Regionale del Lavoro della Formazione Professionale e della Emigrazione, ma non si è avuto alcun riscontro.

Eppure esistono delle leggi, che fissano delle norme precise e da esse vogliamo partire, per avviare una riflessione su tutta la materia dell’emigrazione e su come essa viene affrontata oggi, da questa Regione Sicilia. Nel 1973, dopo lunga concertazione, in Sicilia vide la luce la prima legge che cercava di occuparsi di emigrazione, di assistenza ai siciliani nel mondo. Scopo di quella legge, fu quello di fare fronte alla grande crisi energetica economica del momento, che ridisegnò la mappa dell’occupazione in Europa. Chi si ricorda le città che diminuivano l’illuminazione? Il natale fatto senza luci in parecchi paesi europei, al fine di risparmiare l’energia, che era diventata un grande fattore della crisi in atto. Fu allora, che la Regione, spinta dalle associazioni che nel frattempo venivano nascendo o erano già nate, l’USEF nel 1970 ad esempio, Catanesi nel mondo, diventata poi Sicilia Mondo, il COES ed altre, entro nell’ordine di idee di dotarsi di una legge che favorisse il reinserimento delle tante persone che già venivano espulse dal processo di ristrutturazione industriale che in teressava tuute le industrie italiane e del Nord Europa. Nacque così la legge n° 25 del 1975, che si proponeva l’obiettivo di assistere i siciliani, che espulsi dalle industrie del Nord Europa, sceglievano di tornare in Sicilia. Diversi gli obiettivi presenti nella legge, che possono così essere esemplificati: a) concessine di un contributo per il rimborso viaggio e per il trasporto delle masserizie, in modo da agevolare il rientro; b) concessione mutuo per la prima casa, in modo da garantire un tetto a quanti avessero in programma per restare, ri costruirsi una casa o di ristrutturare un vecchio immobile di cui potevano essere proprietari; c) concessine mutuo agevolato per l’acquisto di immobile da destinare ad attività produttiva, in modo da stimolare di mettere a frutto le nuove professionalità acquisite all’estero. Per i ragazzi ed i giovani, erano previste borse di studio, colonie e campeggi, mentre per gli anziani era possibile accedere a programmi di turismo sociale. Una legge che teneva presente, sia l’emergenza rientri, sia la crisi economica che colpiva anche la Sicilia. Ossia, con i muti agevolati, da un canto si cercava di dare nuovo impulso all’edilizia, stimolando l’economia locale, dall’altro si metteva i rientrati in condizione di creare da se un posto di lavoro, che era difficile reperire diversamente. Fu una legge, che seppure buona nel suo impianto, non ebbe successo per vari motivi, il più pesante dei quali, fu certamente la burocrazie che faceva capo alle procedure bancarie per ottenere un mutuo, anche se la legge parlava chiaro e diceva che la Regione si faceva carico non solo della differenza degli interessi, ma anche delle garanzie necessarie per la concessione dei mutui stessi, norma mai recepita dalle banche convenzionate con la Regione Sicilia. Sempre dalle banche, partiva un politica di allontanamento dalla legge e di consiglio a percorrere le strade tradizionali per ottenere i mutui, che costavano certamente di più, ma si prometteva un iter più tempestivo. Altra difficoltà emergente, fu lo scarso contributo per gli interessi a carico della regione, che era ragguagliato al 2%, a fronte di un tasso medio che nel 1973 era già intorno al 18 _ 20 % e che nel 1975, anno di vigenza della legge, si aggirava attorno al 12 – 15%, per cui si scoprì subito, che quel 2% di contributo non copriva nemmeno le spese di commissione delle banche. Quella legge, non andò da nessuna parte, non ebbe né effetto né incidenza tra i siciliani che rientravano, anche se qualche domanda si fece e su cercò di istruire. Ma ben presto, ci rendemmo subito conto, che parecchi, quasi la totalità, di quelli che erano rientrati, a distanza di pochi mesi ritornavano all’estero, dove la copertura sociale era diversa di quella prevista in Italia, come ad esempio l’indennità di disoccupazione, che mentre all’estero, in Francia, in Belgio, nella stessa Germania, permetteva ad una famiglia di disoccupati di vivere, in Sicilia non era possibile acquista nemmeno una piccola parte del necessario per mantenere una famiglia. Stessa cosa dicasi per gli assegni familiari, che all’estero era no ragguagliati al costo effettivo della vita, mentre in Italia erano pressoché a livello simbolico. Questa grande differenza di visibilità dello stato sociale, consigliò quelli che erano rientrati a tornare da dove erano venuti, prima che i risparmi di cui disponevano, venissero del tutto consumati. L’unica parte che riuscì ad essere applicata, fu quella relativa al rimborso delle spese di viaggio e del rimborso spese trasporto masserizie, che portava nell’immediato nelle tasche dell’emigrato qualche centinaia di migliaia di lire, che si esaurivano quasi subito e che comunque, rimborsavano solo in parte le spese sostenute. (1- cotinua)