(SA) - Un comunicato dei Trentini all’estero apparso l’altro giorno su Nove Colonne ATG, mi ha ricacciato indietro nel tempo a quando la Sicilia nel lontano 1975 promulgò la prima legge in favore degli emigrati facendo da apripista per quasi tutte le altre regioni.

Con lucidità di previsione, anche alla luce della grande crisi economica dell’inizio degli anni ’70, quella legge allora prevedeva borse di studio, colonie, campeggi, turismi sociali, aiuti al rientro, agevolazioni per la casa e per la piccola impresa, finanziamenti per le associazioni operanti all’estero tanto altro ancora. Questa ultima parte venne impugnata dal Commissario dello Stato e la legge venne pubblicata senza questa previsione. Per le attività da fare all’estero, era prevista l’intesa preventiva del Ministero, che spesso costituiva freno a tutte le iniziative. Nel 1980, si rimise mano a quella prima legge, aumentando le agevolazioni che videro la presentazione di parecchie centinaia di domande per la costruzione e/o ristrutturazione della prima casa ed anche domande di contributi agevolati per la piccola impresa, il commercio, l’agricoltura ed altro ancora. La legge espletò le proprie funzioni per molto tempo, avvalendosi anche dell’apporto delle associazioni regionali che nel frattempo avevano costruito in giro per il mondo una rete associativa di grande valore sociali, umano e politico. Già suto dopo la promulgazione, si cominciarono ad apportare modifiche alla legge: legge n. 93/81, legge 63/83, lelle 38/84. Quest’ultima apportò modifiche sostanziali, ma non sufficienti, tanto che da subito le associazioni cominciarono a chiedere modifiche profonde alla legge, in considerazione che il mondo dell’emigrazione era cambiato, i tempi e le situazioni erano cambiate, per cui necessitava aggiornare la legge rendendola più aderente alle nuove problematiche ed alle nuove realtà. Fu una battaglia contro i mulini a vento, che non riuscì a scalfire l’indifferenza della politica in questo settore, malgrado venissero presentiti diversi disegni di legge, che non sono mai andati avanti. La situazione peggiorò nel 1999 quando scaduta la Consulta Regionale dell’Emigrazione e dell’Immigrane in carica, non venne mai rinnovata. Parecchi erano i segnali negativi che la politica mandava: l’eliminazione della Delega Assessoriale all’Emigrazione, l’eliminazione degli aiuti a chi rientrava demandano il tutto ai comuni ed ai loro bilanci, l’annullamento dei comitati dell’emigrazione e dell’immigrazione provinciali e comunali fino ad arrivare alla eliminazione dei soggiorni estivi per bambini ed adolescenti figli di emigrati, il turismo sociale per gli anziani ed infine il contributo per le associazioni regionali, vero tramite tra la Regione e le comunità dei siciliani emigrati. Da allora una pesante cappa di silenzio e di diffidenza e di indifferenza è calata sul settore che da anni ormai è uscito dai bilanci della regione, ma anche dall’attenzione della politica che si affanna a rilanciare la Sicilia, ma non tende la mano a chi potrebbe davvero rilanciarla, con il turismo delle radici, per esempio, o con la diffusione della conoscenza dell’Isola all’estero attraverso la imponente rete associativa che malgrado tutto resta ancora abbastanza efficiente. Stiamo parlando di una grande risorsa che la regione continua ad ignorare rivolgendosi invece che ai propri figli che ancora amano la loro terra, a settori diversi che hanno tra l’altro un’immagine distorta della Sicilia. Leggere ora sulle agenzie di stampa gli sforzi fatti da altre regioni per stabilire un ponte di collegamento costante con le proprie comunità emigrate, per sfruttare le potenzialità delle loro comunità all’estero, per tenersi vicini le giovani generazioni anche con le borse di studio, i soggiorni estivi, l’interscambio culturale e scolastico, fa rabbia e tristezza nello stesso tempo, pensando che a queste cose la Sicilia era arrivata prima di tutte le altre regioni ed ora è completamente fuori dal settore. Rabia e tristezza, ripensando al movimento positivo messo in moto dal seminario tenuto a Palermo nell’aprile scorso con i giovani italiani all’estero, che con chiarezza ci hanno detto cosa si aspettano dall’Italia e dalle loro regioni d’origine. Va seppellita a nostro avviso la tendenza a considerare l’emigrazione come un settore da assistere, cosa che non è più così tranne che per alcune aree geografiche meno fortunate. Occorre affermare la teoria che l’emigrazione è una grande risorsa e ad essa bisogna anche guardare se si vuole rilanciare l’economia delle nostre terre. La Sicilia deve uscire dal suo torpore relativo a questo settore, deve ridare fiducia alle associazioni che da cinquanta anni lavorano in mezzo alle comunità con costanza, con passione, con amore, creando un immenso giacimento umano associativo, che ora rischia di scomparire per inedia, per indifferenza della politica. (Salvatore Augello 12 febbraio 2020)