(SA) - Vendetta? Ritorsione? Rivalsa? Evidentemente NO, a nostro avviso si tratta solo di rispetto delle regole e degli statuti. Dopo diversi mesi, arriva in Sicilia la decisione della Commissione di Garanzia del congresso, che accoglie il ricorso fatto dagli zingarettiani ed annulla le “primarie” (mancate) che avevano incoronato Faraone,

unico candidato, quale segretario regionale del partito, con una discutibile decisione della commissione regionale per il congresso. Una segreteria contestata da subito, per il metodo, ma anche nel merito. Un metodo che invece di partire dal basso come logico, iniziando dai congressi di circolo per poi passare a quelli di federazione ed arrivare quindi a quello nazionale, parte dall’alto dal congresso regionale, che elegge il segretario e i delegati all’assemblea nazionale, rinviando a dopo (!!??) i congressi di circolo e quelli di federazione. Un metodo che fa a pugni con la democrazia e non solo quella interna, un metodo fatto proprio anche da solerti faraoniani, che hanno avuto l’accortezza di celebrare congressi farsa di alcuni circoli, pensando in questo modo di mettersi in regola. Ma perché tanta fretta? Perché ignorare statuto e regolamento per appropriarsi con un colpo di mano della segreteria? L’interessato spiega l’attuale decisione come una sorta di paura delle iniziative da lui portate avanti. Sarebbe davvero anacronistico se si pensa che uno dei problemi della PD siciliano è quello di essersi estraniato dalla gestione del territorio, per chiudersi in diatribe interne che alla fine hanno indebolito l’intero tessuto del partito. Faraone ora si autosospende dal PD, quasi a dare un segnale ai renziani che stanno stretti in un partito che punta a rinnovarsi ed a tornare tra la gente, a fare politiche di largo respiro per contrastare la deriva di destra in cui il governo spinge l’Italia. Una deriva dove la destra alza la testa, dove la lega cerca di fare passare il vecchio progetto della padania tanto caro a Bossi, progetto abbandonato per diversi anni, per rispuntare ora sotto forma di una richiesta di autonomia differenziata, che seppur legittima, se non adeguatamente attenzionata può portare a dividere l’Italia in italiani di serie A ed italiani di serie B se non addirittura di serie C. Già, perché nei piani di Salvini rispuntano anche le gabbie salariali per attribuire stipendi differenziati tra lavoratori del Nord e lavoratori del Sud, un ritorni che ci farebbe tornare indietro di almeno 50 anni, ai tempi di prima dello statuto dei lavoratori che abolì le gabbie e portò allo stesso livello lavoratori italiani in qualunque parte dello stivale essi si trovassero. Oggi, che si legalizza la presenza di casa paund e del fronte nazionale, oggi che si scoprono arsenali pronti per armare eventuali gruppi di estrema destra che tornano ad inneggiare a Mussolini ed al nazismo, unico baluardo resta il PD che deve anche fare da fulcro per riunire una sinistra, portandola a fare fronte comune. Non ci sono spazi per guerre correntizie o per lotte di potere per affermare la supremazia di una fazione su un’altra. Oggi la sinistra ha un compito importante, quella di fare argine a questa nuova deriva di destra che pare abbia trovato il proprio referente in Salvini e nella lega. Ad imprimere sull’acceleratore della polemica, i governatori della lega che pretendono di assumere direttamente i docenti su base regionale, passando da “prima gli italiani” a “prima i lombardi o i veneti”. Un bel passo indietro dal punto di vista della coesione nazionale, che farebbe invece fare passi avanti verso il disegno leghista. La lega oggi rivendica l’applicazione del così detto contratto di governo, accusando di cialtroneria che blocca tale processo. Rintuzza Conte che giustamente afferma che l’autonomia differenziata è una riforma di rilievo che deve tenere conto degli interessi di tutto il Paese e non di una sola parte di esso. Accusato di cialtroneria, Conte reagisce rispondendo ai due governatori. E il PD che fa? Non basta continuare a dire che questo governo è finito, che occorre ridare la parola agli elettori ecc., oggi occorre cementare una unità di partito che rifugga dalle furbizie e dai colpi di coda. Prima di tutto occorre capire che se esiste uno statuto e dei regolamenti, da essi non si può derogare. In questo caso il prezzo da pagare sarebbe troppo grande ed è quello che oggi rischia di pagare la Sicilia. Era proprio il caso di sovvertire l’ordine delle cose, per arrivare subito alla elezione di un segretario che non ha nemmeno la legittimazione di un voto delle primarie e quindi del voto dell’assemblea regionale che deve scaturire dai congressi di circolo e da quelli provinciali? Diremmo proprio di no, visto il risultato, un risultato che ci fa fare passi indietro, ci fa tornare alle postazioni di partenza. Tutto da rifare in Sicilia, che ora deve sobbarcarsi di un periodo di commissariato prima che si instauri la democrazia interna e si ricostruisca quel tessuto politico di cui non solo il PD, ma tutta la Sicilia ha di bisogno. Non abbiamo certo bisogno di radicalizzare scontri e differenza, quello di cui abbiamo bisogno è inseguire tutti lo stesso traguardo: unificar il partito, ridare voce agli iscritti, ripristinare la democrazia interna e rendere credibile e forte questa barriera che dove porsi in alternativa all’attuale governo ed all’attuale deriva di destra che avanza con arroganza. (Salvatore Augello)