La crescita dell’economia meridionale nel triennio 2015-2017 ha solo parzialmente recuperato il patrimonio economic o e anche sociale disperso dalla crisi nel Sud. Ripresa trainata dagl i investimenti privati, manca il contributo della spesa pubblica. Forte disomogeneità tra le regioni del Mezzogiorno:

nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania registrano il più alto tasso di sviluppo. Più occupazione ma debole e precaria. L’ampliamento del disagio social e, tra famiglie in povertà assoluta e lavoratori poveri . Nuovo dualismo demografico: meno giovani, meno Sud. La limitazione dei diritti di cittadinanza, il divario nei servizi pubblici. PIL SUD 2017 +1,4% - Nel 2017 il Mezzogiorno ha proseguito la lenta ripresa ma in un contesto di grande incertezza risc hia di frenare. Il PIL è aumentato al Sud dell’1,4%, rispetto allo 0,8% del 2016. Ciò grazie al forte recupero del settore manifatturiero (5,8%), i n particolare nelle attività legate ai consumi, e, in misura minore, delle costr uzioni (1,7%). La crescita è stata solo marginalmente superiore nel C entro-Nord (+1,5%). RIPRESA TRAINATA DA INVESTIMENTI PRIVATI - Gli investimenti privati nel Mezzogiorno sono cresciuti del 3,9%, consolidando la ripresa dell’anno precedente: l’inc remento è stato lievemente superiore a quello del Centro-Nord (+3,7 %). La crescita degli investimenti al Sud ha riguardato tutti i settori. Ma rispetto ai livelli pre 2 crisi, gli investimenti fissi lordi sono cumulativa mente nel Mezzogiorno ancora inferiori del -31,6% (ben maggiore rispetto al Centro-Nord, -20%). Preoccupante, invece, la contrazione della spesa pu bblica corrente nel periodo 2008-2017, -7,1% nel Mezzogiorno, mentre è cresciuta dello 0,5% nel resto del Paese. FORTE DISOMOGENEITA’ DELLA RIPRESA NELLE REGIONI - Il triennio di ripresa 2015-2017 conferma che la re cessione è ormai alle spalle per tutte le regioni italiane, e tuttavia gl i andamenti sono alquanto differenziati. Il grado di disomogeneità, sul piano regionale e settoriale, è estremamente elevato nel Mezzogiorno. Nel 2017, Ca labria, Sardegna e Campania sono le regioni meridionali che fanno regi strare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta di variazioni del PIL comunque più contenute rispetto alle region i del Centro-Nord, se confrontate al +2,6% della Valle d’Aosta, al +2,5% del Trentino Alto Adige, al +2,2% della Lombardia. In Calabria , la regione che l’anno scorso ha fatto segnare la più significativa accelerazione della crescita, nel per iodo 2015-2017 sono state soprattutto le costruzioni a trainare la ripresa (+ 12% nel triennio), grazie anche alle opere pubbliche realizzate con i fondi e uropei, seguite dall’agricoltura (+7,9%) e dall’industria in senso stretto (+6,9%). Molto più modesto nell’ultimo triennio l’andamento dei se rvizi (+2,9%). La Sardegna , uscita con qualche incertezza dalla fase recessiv a rispetto al resto delle regioni meridionali, dopo l ’andamento negativo del prodotto nel 2016 (-0,6%), ha fatto registrare nel 2017 un significativo +1,9%. Nel triennio 2015-2017 è stata soprattutto l ’industria in senso stretto a marcare un andamento decisamente positivo (+12,9%), mentre le costruzioni si attestano su un +3,1% e i servizi su +3%. Va, invece, decisamente male l’agricoltura, che segna -4,2% nel triennio. In Campania , dopo la revisione dell’andamento del PIL del 2016 (che scende da +2,4% a +1,5%), il 2017 è stato un a nno in cui il prodotto 3 lordo ha continuato a crescere dell’1,8%, conferman do nel triennio di ripresa un importante dinamismo. Nella regione sono andate molto bene le costruzioni (+16,5% nel 2015-2017), spinte dalle in frastrutture finanziate con i fondi europei, ma anche l’industria in senso stretto prosegue la sua corsa (+8,9% negli ultimi tre anni), grazie sopratt utto alla spinta dei Contratti di Sviluppo, gran parte dei quali ha rigu ardato proprio la Campania. I servizi fanno segnare nel triennio un p iù modesto +3,7%, per merito in particolare del turismo. Mentre l’agricol tura va in controtendenza e accusa una flessione tra 2015 e 2017 pari a -1,3% . La Puglia, che nel 2016 aveva molto frenato (+0,2%) rispetto al positivo andamento del 2015 (+1%), rialza la testa e il PIL regionale nel 2017 si attesta a +1,6%. Merito, in particolare, de ll’industria delle costruzioni, anche in questo caso trainata dalla sp esa dei fondi europei per le opere pubbliche (+11,5%), ma anche da un’intonaz ione positiva dell’industria in senso stretto (+9,4%). L’agricolt ura pugliese, pur con i problemi che ha vissuto e che continua ad avere, fa registrare una performance positiva (+4% nel triennio) mentre sono sostanzialmente stazionari i servizi, che registrano un modesto +0, 7%. L’ Abruzzo rialza la testa, nel 2017, con un PIL che cresce d ell’1,2%: aveva fatto registrate appena +0,3% nel 2015 e +0,2 % nel 2016. La ripresa è dovuta soprattutto all’agricoltura (+9% nel trien nio), e in parte anche all’industria in senso stretto (+3,8%). I servizi s egnano un più modesto incremento del +2%, mentre le costruzioni, in contr otendenza rispetto al resto del Sud, vanno male: la loro performance tra il 2015 e il 2017 è negativa, -14,5%. La Basilicata si attesta su un incremento del PIL modesto, +0,7% nel 2017, dopo la forte accelerazione della crescita ne gli anni scorsi: addirittura +8,9% nel 2015, +1,3% nel 2016. Va nota to che l’industria lucana è in forte ripresa già dal 2014 e continua a trainare l’economia regionale, sia pure con intensità diverse, nel trie nnio, al termine del quale registra una performance molto positiva (+47% nel 2 05-2017). Nel periodo, vanno bene anche le costruzioni (+18,3%) m entre sia i servizi (- 4 1,3% nel triennio) che l’agricoltura (-1,2%) appaio no in controtendenza rispetto al resto dell’economia meridionale. La Sicilia , invece, fa segnare un rallentamento della crescit a, +0,4% nel 2017, dopo aver registrato un aumento del PIL d ell’1% nel 2016 e dello 0,9% nel 2015. Nell’Isola l’industria in sens o stretto fa segnare nel triennio di ripresa una performance importante (+14 ,1%), anche l’agricoltura fa registrare un andamento complessiv amente positivo (+2%) e così i servizi (+1,6%). A frenare l’andamento del l’economia siciliana, così come in Abruzzo, è il settore delle costruzion i che fa segnare il -6,3% nel periodo 2015-2017. L’unica regione meridionale che nel 2017 ha fatto r egistrare un andamento negativo del PIL è il Molise, -0,1%, che, era cresciuto dell’1,3% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016. L’economia del Molise è stata sostenuta nel 2015-2017 dalle costruzioni (+26,4%), ma l’industria in senso stretto fa registrare una performance partico larmente negativa (- 7,4%). I servizi nel triennio registrano un +2%, me ntre langue l’agricoltura (+0,4%). PREVISIONI 2018 E 2019: RISCHIO FRENATA SENZA POLITICHE ADEGUATE – In base alle previsioni elaborate dalla SVIMEZ, nel 2018, il PIL del Centro-Nord dovrebbe c rescere dell’1,4%, in misura maggiore di quello delle regioni del Sud +1%. I consumi totali interni pesano sulla differente dinamica territoria le (+1,2% nel Centro- Nord e + 0,5% nel Sud), in particolare i consumi de lla P.A., che segnano +0,5% nel Centro-Nord e -0,3% nel Mezzogiorno. Ma è soprattutto nel 2019 che si rischia un forte rallentamento dell’eco nomia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro- Nord e +0,7% al Sud. In due anni, un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo. Il rallentamento “tendenziale” dell’economia meridiona le nel 2019 è stimato dalla SVIMEZ, in un contesto di neutralità della po licy, in attesa della Nota di aggiornamento al DEF e della Legge di Bilan cio. In assenza di una politica adeguata, anche l’anno prossimo il livello degli investimenti 5 pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco più recente (nel 2010). Se, in vece, nel 2019 fosse possibile recuperare per intero questo gap, favoren do in misura maggiore gli investimenti infrastrutturali di cui il Sud ha grande bisogno, ciò darebbe luogo a una crescita aggiuntiva di quasi un punto p ercentuale (+0,8%), rispetto a quella prevista (appena un +0,7%), per c ui il differenziale di crescita tra Centro-Nord e Mezzogiorno sarebbe comp letamente annullato, anzi, sarebbe il Sud a crescere di più, con benefic io per l’intero Paese. STRETTA INTERDIPENDENZA NORD SUD - Centro-Nord e Mezzogiorno crescono o arretrano insieme. La cresci ta del Mezzogiorno, al di là della rilevanza dei fattori locali, che pu re hanno una loro rilevanza, è fortemente influenzata dall’andamento dell’econom ia nazionale, e viceversa. La crescita del Centro-Nord, al di là de lla sua maggiore integrazione nei mercati internazionali, è altretta nto dipendente, per diverse ragioni, dagli andamenti del Mezzogiorno. L o dimostra il fatto che nel periodo 2000-2016 le due macro-aree hanno condi viso la stessa dinamica stagnante del PIL pro capite: +1,1% in med ia annua. Basti pensare che, in base ai calcoli della SVIMEZ, 20 de i 50 miliardi circa di residuo fiscale trasferito alle regioni meridionali dal bilancio pubblico ritornano al Centro-Nord sotto forma di domanda di beni e servizi. IL MEZZOGIORNO CHE SOFFRE ANCORA UNA CITTADINANZA “LIMITATA”: LAVORO, DISUGUAGLIANZE E DIRITTI DI CITTADINANZA Il ritmo di crescita è del tutto insufficiente ad a ffrontare le emergenze sociali nell'area. Anche nella ripresa si allargano le disuguaglianze: aumenta l’occupazione, ma vi è una ridefinizione al ribasso della sua struttura e della sua qualità: i giovani sono tagliati fuori, aumentano le occupazioni a bassa qualifica e a bassa retribuzione, pertanto la crescita dei salari risul ta “frenata” e non in 6 grado di incidere su livelli di povertà crescenti, anche nelle famiglie in cui la persona di riferimento risulta occupata. Il divario nei servizi pubblici, la cittadinanza “limitata” connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni, incide sulla ten uta sociale dell’area e rappresenta il primo vincolo all’espansione del tes suto produttivo. OCCUPAZIONE IN RIPRESA, MA DEBOLE E PRECARIA – È proseguita nel 2017, sia pur con un rallentamento a fine anno, la crescita dell’occupazione: nel Mezzogiorno aumenta di 71 mil a unità (+1,2%) e di 194 mila nel Centro-Nord (+1,2%). Ma al Sud è ancor a insufficiente a colmare il crollo dei posti lavoro avvenuto nella c risi: nella media del 2017 l’occupazione nel Mezzogiorno è di 310 mila unità i nferiore al 2008, mentre nel complesso delle regioni del Centro-Nord è superiore di 242 mila unità. Nel corso del 2017 l’incremento dell’oc cupazione meridionale è dovuta quasi esclusivamente alla crescita dei con tratti a termine (+61 mila, pari al +7,5%) mentre sono stazionari quelli a tempo indeterminato (+0,2%). Vi è stata una brusca frenata di questi ul timi rispetto alla crescita del 2,5% nel 2016, il che dimostra che stanno venen do meno gli effetti positivi degli sgravi contributivi per le nuove ass unzioni al Sud. In questi anni si è profondamente ridefinita la str uttura occupazionale, a sfavore dei giovani, testimoniata dall’invecchiamen to della forza lavoro occupata. Il dato più eclatante è il drammatico dua lismo generazionale: il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e i l 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212 mila occupati nell a fascia adulta 35-54 anni e di una crescita concentrata quasi esclusivam ente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità). L’AMPLIAMENTO DEL DISAGIO SOCIALE, TRA FAMIGLIE IN POVERTÀ ASSOLUTA E LAVORATORI POVERI – Nel Mezzogiorno si delinea una netta cesura tra d inamica economica che, seppur in rallentamento, ha ripreso a muoversi dopo la crisi, e una 7 dinamica sociale che tende ad escludere una quota c rescente di cittadini dal mercato del lavoro, ampliando le sacche di pove rtà e di disagio a nuove fasce della popolazione. Il numero di famiglie meri dionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tr a il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila) . Il numero di famiglie senza alcun occupato è cresciuto anche nel 2016 e nel 2017, in media del 2% all’anno, nonostante la crescita dell’ occupazione complessiva, a conferma del consolidarsi di aree di esclusione all’interno del Mezzogiorno, concentrate prevalentemente nelle grandi periferie urbane. Si tratta di sacche di crescente emarginazi one e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblic i nelle aree periferiche. Preoccupante la crescita del fenomeno dei working poors : la crescita del lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva d equalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involont ario, è una delle cause, in particolare nel Mezzogiorno, per cui la crescita occupazionale nella ripresa non è stata in grado di incidere su un quad ro di emergenza sociale sempre più allarmante. NUOVO DUALISMO DEMOGRAFICO: PIÙ MORTI CHE NATI, MENO GIOVANI, MENO SUD – Nel 2017 la popolazione italiana ammonta a 60 milioni e 660 mila unità, in ulteriore calo di quasi 106 mila unità. È come se sparisse da un anno all’a ltro una città italiana di medie dimensioni. La popolazione diminuisce malgrad o aumentino gli stranieri: nel 2017 il calo è stato di 203 mila uni tà a fronte di un aumento di 97 mila stranieri residenti. Il peso demografic o del Sud diminuisce ed è ora pari al 34,2%, anche per una minore incidenza d egli stranieri (nel 2017 nel Centro-Nord risiedevano 4.272 mila stranieri ri spetto agli 872 mila stranieri nel Mezzogiorno). Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito a ll’estero. Quasi 800 mila non sono tornati. Anche nel 2016, quando la ripresa economica ha 8 manifestato segni di consolidamento, si sono cancel lati dal Mezzogiorno oltre 131 mila residenti. Tra le regioni meridional i, sono la Sicilia, che perde 9,3 mila residenti (-1,8 per mille), la Campa nia (-9,1 mila residenti, per un tasso migratorio netto di -1,6 per mille) e la Puglia (-6,9 mila residenti, per un tasso migratorio netto pari a -1, 7), quelle con il saldo migratorio più negativo I DIRITTI DI CITTADINANZA LIMITATI AL SUD, IL DIVARIO NEI SERVIZI PUBBLICI - Ancora oggi al cittadino del Sud, nonostante una p ressione fiscale pari se non superiore per effetto delle addizionali locali, mancano (o sono carenti) diritti fondamentali: in termini di vivibi lità dell’ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di i doneità di servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l’infanzia. In particolare, nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridi onali riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per gli anziani e per i n on autosufficienti. Più in generale, l’intero comparto sanitario presenta diff erenziali in termini di prestazioni che sono al di sotto dello standard min imo nazionale come dimostra la griglia dei Livelli Essenziali di Assis tenza nelle regioni sottoposte a Piano di rientro: Molise, Puglia, Sici lia, Calabria e Campania, sia pur con un recupero negli ultimi anni, risultan o ancora inadempienti su alcuni obiettivi fissati. I dati sulla mobilità osp edaliera interregionale testimoniano le carenze del sistema sanitario merid ionale, soprattutto in alcuni specifici campi di specializzazione, e la lu nghezza dei tempi di attesa per i ricoveri. Le regioni che mostrano i ma ggiori flussi di emigrazione sono Calabria, Campania e Sicilia, ment re attraggono malati soprattutto la Lombardia e l’Emilia Romagna. I lung hi tempi di attesa per le prestazioni specialistiche e ambulatoriali sono anche alla base della crescita della spesa sostenuta dalle famiglie con i l conseguente impatto sui redditi. Strettamente collegato è il fenomeno della “povertà sanitaria”, secondo il quale sempre più frequentemente l’insorg ere di patologie gravi costituisce una delle cause più importanti di impov erimento delle famiglie 9 italiane, soprattutto nel Sud: nelle regioni meridi onali sono il 3,8% in Campania, il 2,8% in Calabria, il 2,7% in Sicilia; all’estremo opposto troviamo la Lombardia con lo 0,2% e lo 0,3% della T oscana. I divari si confermano anche per quel che riguarda l’efficienza degli uffici pubblici in termini di tempi di attesa all’a nagrafe, alle ASL e agli uffici postali. La SVIMEZ ha costruito un indice si ntetico della performance delle Pubbliche Amministrazioni nelle regioni sull a base della qualità dei servizi pubblici forniti al citta dino nella vita quotidiana: fatto 100 il valore della regione più efficiente (T rentino-Alto Adige) emerge che quelle meridionali, ad eccezione della C ampania che si attesta a 61, della Sardegna a 60 e dell’Abruzzo a 53, sono al di sotto della metà: Calabria 39, Sicilia 40, Basilicata 42, Puglia 43.