(SA) - Non si può non essere d’accordo con un articolo di Rosaria Brancato riportato su “tempo stretto .it” del 22 luglio, che abbiamo riprodotto qualche giorno fa. Già in altre occasioni ci siamo occupati del sistema del trasporto in Sicilia, che è ancora a dir poco rudimentale molto vicino a quello di parecchi anni fa.

Mancano solo le carrozze di legno che ricordano l’esodo di massa dei nostri emigrati ed il quadro è completo. Eppure, si sente parlare di TAV, di frecce rosse, frecce argento, italo, ecc. si sente con orgoglio deputati e legislatori parlare del tempo che oggi ci vuole per andare in treno da Roma a Milano. Ma solo raramente si sente parlare del tempo che ci vuole per andare in treno da Messina ad Agrigento o del calvario che bisogna affrontare per arrivare da Agrigento, Caltanissetta, Enna, solo per fare degli esempi, prima a Catania dove si può prendere un treno che va al nord, affrontare la tratta Catania Messina, traghettare ed infine raggiungere il continente dove si spera che il treno cammini speditamente per raggiungere Roma, Milano, i paesi del Nord Europa. Sembra paradossale, ma ogni volta che si parla di potenziare il sistema di trasporto in Sicilia, si diminuiscono le tratte ferroviarie e si regalano passeggeri alle società di pullman. C’è voluto il crollo del viadotto di Scillato dell’autostrada Catania Palermo, ad esempio, per scoprire che con la ferrovia (regionale veloce) si può percorrere il tracciato in tre ore circa. La messa in opera di tali corse, ha spiazzato le stesse stazioni intermedie di Enna, Caltanissetta Xirbi, Caltanissetta centrale, che non erano più abituate a vedere tanti passeggeri. Si è reso necessario dotare le stesse in tutta fretta di servizi, si sono riaperte biglietterie, si cominciava a parlare di riaprire bar ed edicole, di sistemare i servizi igienici. Stazioni insomma che si animavano e tornavano a nuova vita, dando allo stesso tempo prova che quando il servizio pubblico funziona la gente non chiede di meglio che utilizzarlo. L’apertura della variante che rendeva di nuovo percorribile l’autostrada, ha bloccato tutto il processo incentivando il ritorno al trasporto su gomma tanto caro alle società private, che hanno anche potuto lucrare contributi della regione per assicurare i servizi con pullman che viaggiano sempre abbastanza pieni da potersi pagare senza ricorrere al dannoso sistema dei contributi. Eppure la Sicilia oggi ha tre ministri del nuovo governo, oltre ai sottosegretari ed all’esercito di deputati e senatori eletti in Sicilia. Come mai non si parla di questo primordiale problema della Sicilia, il cui sviluppo viene frenato dalla mancanza di viabilità, di infrastrutture, di servizi atti a fare uscire l’Isola dalla marginalità in cui è relegata? Come pensano di difendere gli interessi dei siciliani i tanti eletti? Con il ponte sullo stretto, diventato balzellata elettorale che ritorna in tutte le campagne? Con la promessa di avvicinare la Sicilia al continente, senza dire mai come e quando? Anzi in questi giorni in cui la Raynair sta abbandonando i porti di Trapani e di Comiso, perché era abituata a ricevere lauti contributi dalla regione e dai comuni, innescando una concorrenza sleale e gran confusione nei trasporti, la marginalità della Sicilia aumenta. E’ tempo di smetterla con questa politica lesionista ai danni dell’Isola. E’ tempo che gli eletti siciliani si ricordino perché sono a Roma o nella stessa Palermo, nel comodo palazzo dei normanni. La Sicilia ha bisogno di essere aiutata a crescere, ma non chiede contributi o assistenza, chiede investimenti, infrastrutture, legalità, tutti elementi che stanno alla base di una ordinata e duratura crescita economica. Elementi che possono certamente essere utili a frenare la continua emorragia dei giovani che partono alla ventura alla ricerca di quel lavoro che qui non riescono a trovare impoverendo sempre più questa nostra società, che si sacrifica ed investe per farli studiare e poi li regala ad altre nazioni che ne sfruttano intelligenza e preparazione. Finalmente è ora di ricordare ai nostri rappresentanti nelle varie istituzioni, che quel popolo a cui carpiscono il voto ha bisogno che siano rispettati i propri diritti alla vita ed al benessere che si può riscontrare nel resto d’Italia. Se è vero che l’Italia è una ed indivisibile, deve essere vero anche che tutti gli italiani che per la costituzione sono uguali di frante alla legge ed alle istituzioni, siano messi in condizione di avere quello che gli altri anno, prima di tutto la possibilità di una mobilità capace di incentivare la ripresa economica e di attirare investimenti pubblici e privati per rafforzare le fragili basi economiche che essa ha. Una mobilità che la metta in condizione di utilizzare le proprie risorse quali ad esempio il turismo, l’agro alimentare, la paesaggistica, la ricca storia che da sempre ha attirato turisti da tutte le parti del mondo, che purtroppo sono frenati dalla mancanza di infrastrutture e dalla mancata volontà politica di affermare e garantire la funzionalità del pubblico incentivando anche gli investimenti dei privati. Salvatore Augello